1C_552/2022 10.11.2023
Avis important:
Les versions anciennes du navigateur Netscape affichent cette page sans éléments graphiques. La page conserve cependant sa fonctionnalité. Si vous utilisez fréquemment cette page, nous vous recommandons l'installation d'un navigateur plus récent.
 
 
Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
1C_552/2022  
 
 
Sentenza del 10 novembre 2023  
 
I Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Kneubühler, Presidente, 
Chaix, Haag, 
Cancelliere Crameri. 
 
Partecipanti al procedimento 
1. A.________, 
2. B.________, 
3. C.________, 
4. D.________, 
5. E.________, 
patrocinati dagli avv.ti dr. Gian G. Lüthi e Nicola Brivio, 
ricorrenti, 
 
contro 
 
Comune di St. Moritz, via Maistra 12, 7500 St. Moritz, rappresentato dal Municipio e patrocinato dall'avv. 
dr. Otmar Bänziger, 
 
Stockwerkeigentümergemeinschaft F.________, patrocinata dall'avv. Flavio Decurtins. 
 
Oggetto 
annullamento del vincolo di abitazione primaria, 
 
ricorso contro la decisione emanata il 16 settembre 2022 dal Tribunale amministrativo del Cantone dei Grigioni, 5. Camera (R 20 104 e R 20 106). 
 
 
Fatti:  
 
A.  
L'8 aprile 1984 il Comune di St. Moritz aveva adottato una nuova legge edilizia, approvata dal Governo cantonale il 16 febbraio 1987 (LE 1984/87), che disciplinava per la prima volta le quote di abitazioni primarie (art. 69 cpv. 2). Il 3 settembre 1989 il Comune ha rilasciato all'impresa edile F.________ una licenza edilizia per l'edificazione di un complesso residenziale, con un vincolo dell'indice di sfruttamento di 0.15, ossia 1'421 m2 di superficie utile lorda da destinare ad abitazione primaria per una durata di almeno 20 anni, vincolo da menzionare da parte dell'autorità edilizia a registro fondiario quale restrizione di diritto pubblico prima dell'inizio dei lavori. Il 2 marzo 1990 la società edile ha costituito una proprietà per piani (PPP) ai sensi dell'art. 712a segg. CC, vendendo in seguito le relative quote. Il 27 aprile 1990 il vincolo di abitazione primaria è stato menzionato sul fondo base xxx quale restrizione di diritto pubblico: un'analoga menzione non è stata tuttavia indicata per determinate unità di PPP. L'11 dicembre 1992 il Comune ha rilasciato il certificato di abitabilità all'intera proprietà per piani. 
 
B.  
In seguito all'entrata in vigore della legge federale sulle abitazioni secondarie del 20 marzo 2015 (LASec; RS 702), il Comune di St. Moritz, il 27 novembre 2016, ha adottato la legge comunale sulle residenze secondarie (KZWG), approvata dal Governo cantonale, che ha abolito e sostituito la previgente, citata, norma. L'art. 5 cpv. 4 KZWG dispone che per l'annullamento del vincolo di abitazione primaria fondato sulla LE 1984/87 vale quanto previsto in quella legge, rispettivamente quanto indicato nella licenza edilizia. Il 10 giugno 2020 alcuni proprietari della PPP hanno chiesto al Comune l'annullamento del vincolo di abitazione primaria per le rispettive unità di PPP per intervenuta scadenza del termine di 20 anni. Con decisione del 5 ottobre 2020 il Comune ha negato il postulato annullamento. Adito dagli interessati, con giudizio del 12 luglio/16 settembre 2022 il Tribunale amministrativo del Cantone dei Grigioni ha respinto i ricorsi. 
 
C.  
Avverso questa sentenza A.________, B.________, C.________ nonché D.________ e E.________ presentano un ricorso in materia di diritto pubblico al Tribunale federale. Chiedono di annullarla e, in via principale, di accertare che le loro unità di PPP non sottostanno al vincolo di abitazione primaria, rispettivamente che tale vincolo gravante la particella xxx di St. Moritz sia annullato, in via subordinata, di rinviare gli atti alla Corte cantonale per nuovo giudizio. 
Il Comune propone di respingere il ricorso in quanto ammissibile, la Corte cantonale, rinviando alla sentenza impugnata, conclude per la reiezione del gravame, l'Ufficio federale per lo sviluppo territoriale (ARE), osservato che il ricorso non solleva questioni di principio, non presenta una risposta, come non l'ha inoltrata la comunione dei comproprietari dei piani F.________. I ricorrenti non hanno replicato. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. Inoltrato contro una decisione finale dell'ultima istanza cantonale in materia edilizia, il ricorso in materia di diritto pubblico, tempestivo, è di massima ammissibile sotto il profilo degli art. 82 lett. a, 86 cpv. 1 lett. d, 90 e 100 cpv. 1 LTF (DTF 133 II 409 consid. 1.1). La legittimazione dei ricorrenti è pacifica.  
 
1.2. La decisione impugnata è redatta in lingua tedesca, l'atto di ricorso, legittimamente, in quella italiana (art. 42 cpv. 1 LTF). Il procedimento si svolge in una delle lingue ufficiali, di regola in quella della decisione impugnata; se le parti utilizzano un'altra lingua ufficiale, il procedimento può svolgersi in tale lingua (art. 54 cpv. 1 LTF). I ricorrenti, che adducono di parlare esclusivamente la lingua italiana, chiedono che la decisione del Tribunale federale sia stilata in questa lingua, lingua ufficiale del Cantone dei Grigioni (art. 3 cpv. 1 Cost./GR). La richiesta può essere accolta, visto anche che le altre parti non vi si oppongono.  
 
1.3. Con il rimedio esperito è possibile far valere, tra l'altro, la violazione del diritto federale (art. 95 lett. a LTF), nozione che comprende i diritti costituzionali dei cittadini (DTF 149 I 105 consid. 2.1). Secondo l'art. 42 cpv. 1 e 2 LTF, il ricorso dev'essere motivato in modo sufficiente, spiegando nei motivi perché l'atto impugnato viola il diritto. Il Tribunale federale, che non è un'istanza di appello, esamina in linea di principio solo le censure sollevate (DTF 148 IV 205 consid. 2.6; 146 IV 297 consid. 1.2). Quando i ricorrenti invocano la violazione di diritti costituzionali (buona fede), il Tribunale federale, in applicazione dell'art. 106 cpv. 2 LTF, vaglia le censure solo se siano state esplicitamente sollevate e motivate in modo chiaro e preciso (DTF 149 I 105 consid. 2.1; 147 I 73 consid. 2.1).  
 
1.4. La vertenza concerne in larga misura l'interpretazione e l'applicazione di norme del diritto cantonale e comunale, esaminate soltanto sotto il ristretto profilo dell'arbitrio (DTF 148 II 465 consid. 8.1; 148 II 121 consid. 5.2; 147 IV 433 consid. 2.1). Non basta quindi che la decisione impugnata sia insostenibile nella motivazione, ma occorre che lo sia anche nel risultato (DTF 147 II 454 consid. 4.4), ciò che spetta ai ricorrenti dimostrare (DTF 144 III 145 consid. 2). La stessa conclusione vale anche quando si adduce l'arbitrio nell'accertamento dei fatti e nella valutazione delle prove (DTF 147 I 73 consid. 2.2). Non risulta per contro arbitrio dal fatto che anche un'altra soluzione potrebbe entrare in linea di conto o sarebbe addirittura preferibile (DTF 148 II 121 consid. 5.2).  
 
2.  
 
2.1. L'art. 69 cpv. 2 della previgente LE 1984/87 aveva il tenore seguente:  
 
"In der Äusseren Dorfzone und in der allgemeinen Wohnzone wird die Ausnützungsziffer gemäss Abs. 1 für Wohnbauten um 0.15 ermässigt, wenn nicht im Gebäude genügend Wohnraum für Einheimische (natürliche Personen mit Wohnsitz und ausschliesslichem oder erstem Steuersitz in der Gemeinde St. Moritz) für wenigstens 20 Jahre zu angemessenen Bedingungen zur Verfügung gestellt wird. Die Fläche des Wohnraums für Einheimische muss wenigstens einer Ausnützung von 0.15 entsprechen; sie ist im Gebäude zweckmässig anzuordnen. Nach der Erteilung der Baubewilligung ist die Verpflichtung zugunsten der Einheimischen als öffentlich-rechtliche Eigentumsbeschränkung auf Anmeldung der Baubehörde im Grundbuch anzumerken. (...) ". 
La licenza edilizia del 3 settembre 1989 contiene il seguente vincolo: 
 
" Gestützt auf Art. 69 Ziff. 2 Baugesetz, darf für dieses Bauvorhaben die Ausnützungsziffer von 0.7 nur dann beansprucht werden, wenn im Masse einer Ausnützungsziffer von 0.15 (im vorliegenden Fall 1'421 m2 Bruttogeschossfläche) Wohnraum zur Nutzung durch Einheimische (natürliche Personen mit Wohnsitz und ausschliesslichem oder erstem Steuersitz in der Gemeinde St. Moritz), für die Dauer von wenigstens 20 Jahren, zu angemessenen Bedingungen zur Verfügung gestellt wird. Die Fläche des Wohnraums muss mindestens einer Ausnützung von 0.15 entsprechen und ist im Gebäude zweckmässig anzuordnen. Noch vor Baubeginn ist diese Verpflichtung zugunsten der Einheimischen, als öffentlich-rechtliche Eigentumsbeschränkung, auf Anmeldung der Baubehörde, zulasten der Parzelle xxx im Grundbuch anzumerken. " 
 
 
2.2. Riguardo alla durata del vincolo di almeno 20 anni, la Corte cantonale ha respinto la tesi dei ricorrenti secondo cui, poiché esso sussisteva ed era applicabile a partire dal momento del rilascio della licenza edilizia del 3 settembre 1989, tale termine sarebbe scaduto, indipendentemente dal fatto che gli appartamenti siano o meno stati utilizzati quali residenze primarie o secondarie. L'istanza precedente ha ritenuto infatti che l'espressione "mettere a disposizione" ("zur Verfügung stellen") non può essere intesa che nel senso di "creare la possibilità di utilizzazione" ("Schaffung der Nutzungsmöglichkeit"). Ciò a maggior ragione ritenuto che l'art. 69 cpv. 2 LE 1984/87 indicava chiaramente che lo scopo del legislatore era di mettere a disposizione per almeno 20 anni a condizioni adeguate alloggi a sufficienza per gli indigeni, ossia persone fisiche domiciliate e con sede fiscale esclusiva o primaria nel Comune. Ne ha concluso che, per poter beneficiare dell'annullamento del vincolo litigioso, i ricorrenti dovevano dimostrare che la loro proprietà per piani è stata utilizzata effettivamente per almeno 20 anni quale abitazione primaria, e non secondaria. Come ancora si vedrà, ritenuto che è pacifico che i ricorrenti le hanno utilizzate esclusivamente quali residenze secondarie, la Corte cantonale ha confermato il diniego comunale di annullare il vincolo litigioso.  
 
2.3. Al riguardo i ricorrenti si limitano a ribadire che la durata di almeno 20 anni lascerebbe intendere che per i primi 20 anni di esistenza dell'appartamento lo stesso dovrebbe essere sottoposto al vincolo litigioso, ma non oltre, osservando che in concreto ne sono trascorsi oltre 30. Adducono che qualora la norma comunale dovrebbe essere interpretata restrittivamente come l'ha interpretata la Corte cantonale, essa avrebbe dovuto essere specificata meglio.  
La tesi è priva di fondamento, visto che sia l'art. 69 cpv. 2 LE 1984/87 sia la licenza edilizia sono chiari, univoci e inequivocabili e non danno adito ad alcun dubbio interpretativo (sui criteri per interpretare una legge vedi DTF 149 IV 183 consid. 3.4; 149 III 242 consid. 5.1; 148 II 299 consid. 7.1). D'altra parte è evidente che soltanto la messa a disposizione effettiva e di fatto di determinati appartamenti a scopo primario può realizzare lo scopo legittimo perseguito dal legislatore con le norme in esame, ciò che non è (ancora) avvenuto in concreto. 
Anche l'assunto relativo all'asserita contraddittorietà della sentenza impugnata al riguardo non regge, visto che i ricorrenti interpretano in maniera errata il passaggio da loro invocato ("Daraus ergibt sich, dass auf der Stammparzelle xxx ab dem Zeitpunkt der Rechtskraft der Baubewilligung eine Erstwohnungsverpflichtung [...] gelastet hat bzw. noch immer lastet", pag. 15). Da questo passo della sentenza impugnata non si può infatti dedurre che, poiché il vincolo sussisteva fin dal rilascio della licenza edilizia, esso sarebbe automaticamente decaduto dopo 20 anni. Solo la messa a disposizione effettiva quale abitazione primaria di determinati appartamenti faceva e fa scattare l'inizio del periodo ventennale, come interpretato in maniera non arbitraria, ma conformemente alla ratio legis dalla Corte cantonale. 
 
2.4. L'istanza precedente ha ricordato che secondo l'art. 680 cpv. 1 CC (RS 210), le restrizioni legali del diritto di proprietà sussistono senza iscrizione nel registro fondiario. Ha aggiunto che quelle di diritto pubblico della proprietà devono nondimeno essere menzionate nel registro fondiario (art. 962 cpv. 1 CC; art. 69 cpv. 2 LE 1984/87). Ha tuttavia sottolineato, richiamando la giurisprudenza (sentenza 1C_750/2013 del 28 aprile 2014 consid. 4.2), che ciò nulla muta al fatto che tali menzioni hanno un effetto meramente declaratorio. I ricorrenti non censurano se non in maniera del tutto generica e appellatoria, e quindi inammissibile (DTF 148 IV 205 consid. 2.6 e rinvii), tale conclusione, peraltro corretta (sentenza 1C_116/2023 del 12 ottobre 2023 consid. 8.1).  
 
3.  
 
3.1. Riguardo all'esistenza del vincolo litigioso, l'istanza precedente ha ritenuto ininfluente la circostanza ch'esso è menzionato esclusivamente sul fondo base, sebbene sia applicabile solo a una parte del complesso residenziale (attualmente 1'181 m2). Ha stabilito che, secondo l'art. 3 cpv. 3 KZWG, sono soggetti all'obbligo di abitazione primaria gli appartamenti che sulla base della legge edilizia attuale o una precedente sono stati sottoposti a tale vincolo nell'ambito di una licenza edilizia. In tal senso sono "sottoposti" ("unterstellt") anche gli appartamenti situati sul fondo base, poiché le unità abitative, strutturate quali unità per piani, fanno parte del fondo base, gravato in concreto da una restrizione di diritto pubblico della proprietà. La ditta edile dell'epoca (F.________), ha potuto approfittare di un indice di sfruttamento di 0.7 soltanto poiché si è impegnata a mettere a disposizione una determinata superficie abitabile per almeno 20 anni per i residenti del Comune. Quest'ultimo ha effettuato la propria prestazione; per converso, la società edile F.________, rispettivamente i precedenti e gli attuali proprietari delle unità per piani, non hanno attuato la corrispettiva e necessaria ripartizione in abitazioni primarie e secondarie negli appartamenti situati sulla particella xxx, come imposto nella licenza edilizia. La Corte cantonale ne ha concluso che, in applicazione dell'art. 4 cpv. 1 KZWG, finché questa delimitazione non sarà effettuata, tutte le unità abitative, tranne una il cui vincolo è stato annullato, potranno essere utilizzate di massima soltanto quali residenze primarie, la circostanza che il vincolo litigioso gravi solo il fondo base essendo ininfluente. Ha aggiunto che questa soluzione è anche nell'interesse pubblico, ritenuto che a St. Moritz gli appartamenti per i residenti sono rari. Ha quindi ritenuto che i ricorrenti non possono prevalersi con successo della tutela del principio dell'affidamento e della buona fede.  
 
3.2. Gli insorgenti adducono che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte cantonale, il vincolo litigioso menzionato sul fondo base non sarebbe sufficiente per decretarne la validità su tutte le singole unità di PPP, poiché non sarebbe sorretto da una sufficiente base legale, sarebbe iniquo e pertanto arbitrario. Ci si può chiedere se queste censure, peraltro generiche, avrebbero dovuto essere addotte, tempestivamente, al momento della menzione litigiosa a registro fondiario, nota alla citata società edile. I ricorrenti osservano poi che il vincolo di abitazione primaria è stato menzionato sulla particella base soltanto in data 27 aprile 1990, quando la PPP era già stata iscritta a registro fondiario quasi due mesi prima, ossia il 2 marzo 1990. Adducono che il Comune avrebbe dovuto accorgersene, poiché gli spettava il compito di menzionare la restrizione di diritto pubblico, sia in virtù dell'art. 69 cpv. 2 LE 1984/87, sia in virtù dell'indicazione contenuta nella licenza edilizia: la menzione non è infatti automatica, ma avviene per il tramite dell'autorità edilizia, e non da parte del promotore immobiliare. Sostengono che il Comune avrebbe quindi potuto e dovuto avvedersi che nel frattempo il fondo era stato costituito in proprietà per piani e, diligentemente, avrebbe dovuto chiedere al promotore di indicare su quali specifiche PPP intendesse riportare il vincolo litigioso. Aggiungono che l'autorità comunale avrebbe potuto farlo menzionare sulle PPP anche in occasione del collaudo e della decisione sull'abitabilità dell'11 dicembre 1992, procedura che persegue comunque altri scopi, dovendo "percepire" che tale onere non era stato rispettato. Sostengono quindi che la tesi secondo cui spettava all'epoca al promotore immobiliare e oggi alla comunione dei comproprietari dei piani farlo, sarebbe insostenibile.  
 
3.3. Ora, se è vero che secondo l'art. 962 cpv. 1 CC spetta all'ente pubblico far menzionare nel registro fondiario la restrizione di diritto pubblico di cui ha gravato il fondo, è altrettanto vero che non compete di massima in primo luogo all'autorità comunale decidere autonomamente quali specifici e singoli appartamenti destinare ad abitazione primaria, scelta che anche sulla base della LE 1984/87 e della licenza edilizia non è riservata al Comune. I giudici cantonali hanno infatti sottolineato, rettamente, che il Comune non era in particolare tenuto a decidere esso medesimo quali appartamenti destinare ad abitazione primaria. La scelta di come ripartirli in maniera opportuna all'interno del complesso residenziale doveva essere operata dalla costruttrice, rispettivamente da parte dei precedenti e, ora, degli attuali condomini. Ciò poiché la garanzia della proprietà (art. 26 Cost.) e il principio della proporzionalità osterebbero al fatto che l'autorità edilizia comunale decidesse essa medesima quali sarebbero gli appartamenti ch'essa riterrebbe più adatti da destinare ad abitazione primaria. I ricorrenti non dimostrano perché questa soluzione sarebbe insostenibile e quindi arbitraria. Essa, tranne in caso di inadempienza da parte dei proprietari, sarebbe infatti difficilmente giustificabile.  
 
 
3.4. Certo, i ricorrenti fanno valere che la menzione litigiosa, così come formulata sul fondo base, sarebbe impraticabile e inattuabile, motivo per cui sarebbe ingiusta e incomprensibile. Ciò poiché una decisione di tale portata richiede l'unanimità dei condomini i quali, in base a quanto statuito dalla Corte cantonale, dovrebbero riunirsi per decidere su quali singole PPP "travasare" i vincoli di abitazione primaria. Visto che al loro dire tutti gli appartamenti sarebbero stati acquistati a un valore equivalente a quello di una residenza secondaria, nessuno sarebbe disposto ad auto-penalizzarsi, destinando spontaneamente il proprio appartamento ad abitazione primaria. Ribaltare dopo 33 anni questo onere sui singoli proprietari sarebbe sproporzionato, ingiusto, non suffragato da una base legale e quindi arbitrario. Ora, la base legale è data dalla citata legislazione comunale e dalla licenza edilizia, non contestate dagli interessati. La circostanza che, all'epoca, il promotore e i dante causa, in maniera negligente, non hanno scelto e indicato quali unità di PPP fossero soggette al vincolo litigioso, non è imputabile al Comune. D'altra parte, se è vero che, attualmente, la messa in opera della designazione di quali appartamenti destinare ad abitazioni primarie sarà tutt'altro che semplice, essa non è comunque addirittura irrealizzabile. L'interesse pubblico all'applicazione della legge e al rispetto del principio della parità di trattamento prevalgono sulle difficoltà e gli inconvenienti di ordine pratico addotti dai ricorrenti, imputabili del resto alla citata società edile e, come si vedrà, alla negligenza degli acquirenti, anche allo scopo di non premiare l'inosservanza delle leggi, svantaggiando coloro che le rispettano.  
 
4.  
 
4.1. I giudici cantonali hanno accertato, ciò che è incontestato, che il vincolo litigioso figura nella licenza edilizia e che è stato menzionato sul fondo base. Hanno quindi stabilito che quest'obbligo, fino alla sua ripartizione su determinate unità abitative, le grava quindi tutte, ciò che era ed è trasparente per tutti gli interessati. Hanno sottolineato inoltre, rettamente, ch'esso figura nei contratti di compravendita con la menzione "abitazione primaria" nella descrizione della particella base xxx nel registro fondiario. Ne hanno dedotto che i ricorrenti, nonostante la mancata delimitazione di singole unità abitative al momento della compravendita, avrebbero comunque dovuto avere notevoli e significativi dubbi sul fatto che le loro potessero essere utilizzate senz'altro quali abitazioni secondarie. Avrebbero quindi dovuto dissiparli informandosi presso l'autorità edilizia comunale. Adottando la dovuta diligenza avrebbero potuto rispettivamente dovuto rendersi conto che sulla base dei citati elementi la possibilità di un'utilizzazione quali abitazioni secondarie non era per nulla chiara, motivo per cui hanno negato la loro asserita buona fede.  
 
4.2. Gli insorgenti contestano l'argomento secondo cui la menzione sul fondo base era sufficiente per far nascere a un attento acquirente il "sospetto" che anche il proprio appartamento poteva essere sottoposto al vincolo litigioso, motivo per cui, per dovere di scrupolosità, ogni proprietario avrebbe dovuto espletare ulteriori e approfondite verifiche. Al loro dire, l'acquirente, consapevole che la menzione del fondo base impone questo vincolo, non trovandola sul suo foglio di PPP, avrebbe potuto desumerne che questo onere non lo concerneva e presumere ch'esso sarebbe stato a carico di una o più delle altre 59 unità di PPP, senza necessità di doverle ispezionare tutte, senza per questo agire in maniera superficiale e venendo meno al suo obbligo di diligenza o addirittura in mala fede. Anche sulla base dell'indicazione della menzione sul fondo base, non avrebbero potuto sapere se la loro PPP era destinata ad abitazione primaria o secondaria, poiché la licenza edilizia definiva soltanto il quantum di m2 da attribuire alla residenza primaria, senza tuttavia indicare quali fossero le unità gravate.  
 
4.3. L'assunto non è decisivo, visto che in presenza di un tale serio e inquietante dubbio, come rettamente stabilito dai giudici cantonali, adottando la diligenza richiesta in tali circostanze essi avrebbero dovuto informarsi senza indugio su questa questione, decisiva, chiedendo le necessarie informazioni e conferme al Comune e/o al promotore, rispettivamente ai venditori al momento delle compravendite. Al riguardo giova sottolineare che, come si deduce dai contratti di cessione, alcuni ricorrenti erano per di più già proprietari economici degli appartamenti in questione. Essi sostengono quindi a torto che la menzione litigiosa sarebbe stata insufficiente e la licenza edilizia lacunosa, poiché non attuabile. In tali circostanze mal si comprende infatti perché i ricorrenti, essendo al loro dire la situazione non chiara, non hanno semplicemente interpellato al riguardo, in maniera diligente, il Comune prima di perfezionare le compravendite delle loro unità di PPP, viste le serie incertezze che sussistevano sulla portata dell'utilizzazione delle stesse, quali residenze primarie o secondarie. Ciò a maggior ragione ritenuto che questa tematica era nota già all'epoca.  
La mancanza di un'adeguata comunicazione e delle necessarie e corrette informazioni da parte del promotore immobiliare agli acquirenti non può essere imputata al Comune. Per di più i ricorrenti non dovevano esperire approfondite verifiche sulle menzioni relative alle altre unità di PPP, ma semplicemente informarsi presso l'autorità edilizia comunale, o il rappresentante della comunione dei comproprietari dei piani F.________ o il notaio che ha redatto i contratti di cessione ricevendo quindi le delucidazioni essenziali e indispensabili per comprendere pienamente la portata della menzione "abitazione principale" figurante sul fondo base, visto che intendevano acquistarne esclusivamente una secondaria. Devono quindi assumere le conseguenze della loro negligenza. Nelle descritte circostanze, la soluzione ritenuta dai giudici cantonali sulla base di un apprezzamento corretto dei citati fatti e delle prove non è arbitraria. 
 
4.4. La Corte cantonale ha aggiunto che, anche nell'ipotesi in cui si potrebbe ammettere la loro buona fede, ciò che hanno nondimeno escluso nella fattispecie, i ricorrenti non potrebbero comunque avvalersene, visto che, nell'ambito della ponderazione degli interessi, vi osta un interesse pubblico prevalente. Ciò poiché l'interesse pubblico al rispetto delle norme pianificatorie ed edilizie è, di regola, notevole e nella fattispecie ancora di più perché è volto a limitare le abitazioni secondarie, scopo perseguito anche dal piano direttore regionale, che impone di limitarle contingentandole. Nonostante le mancanze e le inadempienze da parte del Comune, la preminenza del notevole interesse pubblico a limitare le residenze secondarie prevale quindi sulla pretesa buona fede dei ricorrenti, ciò che è sottolineato anche dall'applicabilità immediata delle nuove disposizioni costituzionali dell'11 marzo 2012 (art. 75b Cost.; DTF 139 II 243 consid. 7.2), nonché dall'adozione della LASec e della relativa ordinanza. Il mantenimento e l'applicazione del criticato vincolo sono quindi necessari e idonei per raggiungere lo scopo perseguito dal legislatore.  
 
4.5. I ricorrenti osservano che le singole unità di PPP sono state utilizzate ininterrottamente per oltre trent'anni come residenze secondarie, pagando prezzi ed emolumenti in linea con analoghi appartamenti di vacanza, nonché le tasse di soggiorno. La tesi ricorsuale secondo cui la Corte cantonale avrebbe deciso, senza base legale e in maniera arbitraria, di destinare, praticamente il 100 % degli appartamenti all'abitazione primaria non regge. Spetterà in effetti alla comunione dei comproprietari dei piani decidere quali destinare a tale scopo, nella misura prevista dalla legge e dalla licenza edilizia. In tali condizioni, l'accenno, non motivato, a una lesione della garanzia della proprietà non dev'essere esaminato oltre. D'altra parte i ricorrenti disattendono che la garanzia della proprietà (art. 26 cpv. 1 Cost.) non tutela la proprietà in maniera illimitata, ma soltanto nei limiti fissati nell'interesse pubblico dall'ordinamento giuridico, segnatamente in concreto quelli pianificatori ed edilizi perseguiti dalla citata normativa e dalla licenza edilizia (DTF 146 I 70 consid. 6.1; 145 I 156 consid. 4.1). Accennano poi in maniera generica all'eccezione della prescrizione, senza confrontarsi con la circostanza che tale vincolo è stato ribadito nella KZWG, ch'essi non hanno contestato. Né si confrontano con quanto ritenuto al riguardo nella decisione impugnata.  
 
4.6. Sempre nell'ambito della ponderazione dei contrapposti interessi, il Tribunale amministrativo ha ritenuto poi che i ricorrenti, tranne l'accenno al fatto ch'essi a causa del vincolo litigioso non potrebbero utilizzare le loro unità abitative quali residenze secondarie, non hanno addotto l'esistenza di altri interessi personali che vi si opporrebbero, svantaggi la cui esistenza è stata negata dai giudici cantonali. Essi non dovrebbero infatti trasferire il loro domicilio nel Comune, visto che a St. Moritz sussiste chiaramente un mercato per le abitazioni primarie, potendo così vendere o locare a tale scopo gli appartamenti. I ricorrenti non hanno inoltre dimostrato la sussistenza di un pregiudizio considerevole, visto che neppure hanno sostenuto che non potrebbero vendere con profitto le loro unità abitative quali abitazioni primarie.  
I ricorrenti non contestano queste conclusioni né la relativa valutazione delle prove, peraltro condivisibili, ritenuto il notorio aumento del valore degli immobili negli ultimi decenni, in particolare nella regione in esame. In concreto è rispettato anche il principio della proporzionalità, che esige che il provvedimento sia idoneo e necessario a raggiungere lo scopo prefisso e che sussista un rapporto ragionevole tra questo scopo e i mezzi impiegati, rispettivamente gli interessi compromessi (art. 36 cpv. 3 Cost.; DTF 149 I 191 consid. 7.1; 149 I 49 consid. 5.1). Al riguardo la Corte cantonale ha infatti ritenuto, a ragione, che le conseguenze economiche derivanti agli interessati dal contestato vincolo e dalla loro negligenza non sono decisive. 
 
5.  
 
5.1. Sempre appellandosi al principio dell'affidamento e della buona fede, i ricorrenti adducono d'avere utilizzato per 33 anni gli appartamenti per le vacanze, ciò che sarebbe avvenuto con il "beneplacito" dell'autorità comunale, che li avrebbe sempre trattati come proprietari di siffatti appartamenti. Questa circostanza avrebbe contribuito a convincerli, a torto come visto, che le loro unità di PPP fossero appartamenti di vacanza a tutti gli effetti.  
 
5.2. L'art. 9 Cost., invocato dai ricorrenti, istituisce un diritto fondamentale del cittadino ad essere trattato senza arbitrio e secondo il principio della buona fede da parte degli organi dello Stato. In materia di diritto amministrativo, tale principio tutela l'amministrato nei confronti dell'autorità, quando, adempiute determinate condizioni, egli abbia agito conformemente alle istruzioni e alle dichiarazioni di quest'ultima. Il principio tutela in particolare la fiducia riposta in un'informazione ricevuta dall'autorità o in un suo determinato comportamento suscettibile di destare un'aspettativa legittima, quando l'autorità sia intervenuta in una situazione concreta riguardo a determinate persone, quand'essa era competente a rilasciare l'informazione o il cittadino poteva ritenerla competente sulla base di fondati motivi, quando affidandosi all'esattezza dell'informazione egli abbia preso delle disposizioni non reversibili senza subire un pregiudizio e quando non siano intervenuti mutamenti legislativi posteriori al rilascio dell'informazione stessa (DTF 148 II 233 consid. 5.5.1; 143 V 95 consid. 3.6.2).  
Ora, i ricorrenti non fanno valere d'aver ricevuto, da parte dell'autorità comunale competente, una qualsiasi assicurazione personale e concreta che, secondo il principio della buona fede, avrebbe potuto fondare una particolare fiducia sul fatto che i loro appartamenti potessero essere utilizzati quali abitazioni secondarie (DTF 146 I 105 consid. 5.1.1 e rinvii). Tali assicurazioni non possono essere dedotte neppure indirettamente dalle invero criticabili inadempienze del Comune riguardo al mancato accertamento dell'assenza di un domicilio principale a St. Moritz di una parte dei proprietari o locatari delle PPP litigiose o riguardo alle tasse e tributi a loro imposti (cfr. per casi differenti le sentenze 1C_308/2019 del 16 luglio 2019 consid. 3.4-3.6 1C_536/2017 del 1° dicembre 2017 consid. 5.4). D'altra parte il Comune non ha fornito ai ricorrenti informazioni erronee e contrarie alla regolamentazione in vigore, inducendoli ad adottare determinate disposizioni (al riguardo vedi DTF 131 II 627 consid. 6.1). Certo, se è vero che l'autorità edilizia comunale doveva controllare il rispetto dei vincoli imposti, è altrettanto vero che nel caso in esame non sussistevano indizi secondo cui gli interessati non li avrebbero rispettati o intendessero raggirarli (cfr. sentenza 1C_240/2014 del 24 ottobre 2014 consid. 2.5). 
 
6.  
Ne segue che, in quanto ammissibile, il ricorso dev'essere respinto. Le spese giudiziarie seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF). 
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.  
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2.  
Le spese giudiziarie di fr. 6'000.-- sono poste a carico dei ricorrenti. 
 
 
3.  
Comunicazione ai patrocinatori delle parti, al Tribunale amministrativo del Cantone dei Grigioni, 5. Camera, e all'Ufficio federale dello sviluppo territoriale. 
 
 
Losanna, 10 novembre 2023 
 
In nome della I Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Kneubühler 
 
Il Cancelliere: Crameri