2C_363/2023 03.08.2023
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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
2C_363/2023  
 
 
Sentenza del 3 agosto 2023  
 
II Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Aubry Girardin, Presidente, 
Donzallaz, Ryter, 
Cancelliere Savoldelli. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
patrocinato dall'avv. Marco Frigerio, 
ricorrente, 
 
contro 
 
Sezione della popolazione, 
Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino, 
Residenza governativa, 6500 Bellinzona, 
 
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, 
Residenza governativa, 6500 Bellinzona. 
 
Oggetto 
Permesso di domicilio UE/AELS, permesso di dimora UE/AELS; 
 
ricorso in materia di diritto pubblico contro la sentenza emanata il 30 maggio 2023 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino (52.2022.138). 
 
 
Fatti:  
 
A.  
A.________, cittadino italiano nato nel [...], è giunto in Svizzera il 9 febbraio 2015. Annunciatosi alle autorità migratorie ticinesi, alle quali ha notificato di risiedere in un appartamento di 1,5 locali a X.________ (TI), egli ha ottenuto un permesso di dimora UE/AELS per soggiorno senza attività lucrativa con termine di controllo fissato all'8 febbraio 2020. 
Il 15 gennaio 2020, A.________ ha domandato il rilascio di un permesso di domicilio UE/AELS, ciò che ha condotto a verifiche in merito alla sua presenza effettiva sul territorio elvetico. 
 
B.  
Dopo averlo sentito, il 16 luglio 2020 la Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino ha negato a A.________ il rilascio del permesso di domicilio e deciso nel contempo di non rinnovargli il permesso di dimora UE/AELS, perché il suo recapito in Svizzera risultava essere fittizio e di comodo. 
Su ricorso, la liceità della citata decisione è stata confermata sia dal Consiglio di Stato (6 aprile 2022) che dal Tribunale cantonale amministrativo, espressosi in merito con sentenza del 30 maggio 2023. 
 
C.  
Con ricorso in materia di diritto pubblico del 27 giugno 2023, A.________ ha impugnato quest'ultimo giudizio davanti al Tribunale federale, chiedendo che lo stesso sia annullato e che in sua riforma gli sia concesso il permesso di domicilio o, in subordine, il rinnovo del permesso di dimora. Preliminarmente, domanda la concessione dell'effetto sospensivo al gravame. 
Con decreto del 4 luglio 2023, la richiesta di concessione dell'effetto sospensivo è stata accolta. È stata inoltre disposta la trasmissione dell'incarto cantonale, ma non è stato ordinato uno scambio di scritti. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. L'impugnativa è diretta contro una pronuncia resa dal Tribunale amministrativo ticinese in un litigio che riguarda il diritto degli stranieri. Giusta l'art. 83 lett. c n. 2 LTF, il ricorso in materia di diritto pubblico è inammissibile contro le decisioni in materia di diritto degli stranieri concernenti permessi o autorizzazioni al cui ottenimento né il diritto federale né il diritto internazionale conferiscono un diritto. Già perché l'insorgente è di nazionalità italiana e può di principio richiamarsi all'accordo del 21 giugno 1999 sulla libera circolazione delle persone (ALC; RS 0.142.112.681), la causa sfugge tuttavia alla citata clausola d'eccezione (sentenza 2C_570/2022 del 20 febbraio 2023 consid. 1.1). Nel contempo, riguardo al rilascio di un permesso di domicilio, che è questione non regolata nell'ALC, il ricorrente può di principio rifarsi anche all'accordo italo-svizzero del 10 agosto 1964 relativo all'emigrazione dei lavoratori italiani in Svizzera (RS 0.142.114.548). In che misura tali normative gli conferiscano dei diritti effettivi è questione di merito (sentenza 2C_150/2023 del 4 luglio 2023 consid. 1.1).  
 
1.2. Il gravame è stato presentato nei termini (art. 100 cpv. 1 LTF), contro una decisione finale di un tribunale superiore (art. 86 cpv. 1 lett. d e cpv. 2; art. 90 LTF) e da una persona che ha legittimazione ad insorgere (art. 89 cpv. 1 LTF), di modo che esso va esaminato quale ricorso in materia di diritto pubblico (art. 82 segg. LTF).  
 
2.  
 
2.1. Di principio, il Tribunale federale applica il diritto federale d'ufficio (art. 106 cpv. 1 LTF). Nondimeno, alla luce dell'onere di allegazione e motivazione imposto dall'art. 42 cpv. 1 e 2 LTF, considera di regola solo gli argomenti proposti (DTF 142 III 364 consid. 2.4).  
Esigenze più severe valgono in relazione alla denuncia della violazione di diritti fondamentali, che va formulata con precisione (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 143 II 283 consid. 1.2.2). 
 
2.2. Sul piano dei fatti, il Tribunale federale fonda il suo ragionamento giuridico sugli accertamenti svolti dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF); può rettificarli o completarli se sono manifestamente inesatti o risultano da una violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF (art. 105 cpv. 2 LTF). In questo ambito, manifestamente inesatto significa arbitrario (DTF 140 III 115 consid. 2). Chi critica la fattispecie accertata nella sentenza impugnata non può limitarsi a completarla ma deve sollevare una censura specifica (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 140 III 264 consid. 2.3). L'eliminazione del vizio deve inoltre poter influire in maniera determinante sull'esito della causa (art. 97 cpv. 1 LTF).  
Se non ne dà motivo la decisione impugnata, il Tribunale federale non tiene neppure conto di fatti o mezzi di prova nuovi (art. 99 cpv. 1 LTF). 
 
2.3. Il ricorso rispetta i citati requisiti di motivazione solo in parte. Per quanto li disattenda, segnatamente perché si richiama a diritti fondamentali, senza indicare precisamente le ragioni della loro violazione (art. 106 cpv. 2 LTF), esso non può essere quindi approfondito oltre. La stessa cosa vale nella misura in cui le critiche presentate nell'impugnativa non sono rivolte contro la querelata sentenza, che è l'unico possibile soggetto di disputa, bensì direttamente contro le decisioni della Sezione della popolazione o del Consiglio di Stato ticinese (sentenza 2C_502/2021 del 31 agosto 2022 consid. 2.3).  
D'altra parte, il rispetto delle condizioni previste dall'art. 99 cpv. 1 LTF non è dimostrato, di modo che i documenti allegati al ricorso e relativi al merito che non si trovino già altrimenti agli atti non possono essere considerati (sentenza 2C_186/2023 del 25 aprile 2023 consid. 2.2). 
 
3.  
Anche la Corte cantonale è giunta alla conclusione che l'agire delle autorità migratorie ticinesi andasse tutelato. 
 
3.1. Da un lato, ha infatti rilevato che, benché il ricorrente sia titolare di un permesso di dimora UE/AELS da almeno cinque anni, bisogna considerare che non lo ha ottenuto quale "lavoratore", per svolgere un'attività lucrativa, e che - già per questa ragione - non può beneficiare di un diritto alla concessione di un permesso di domicilio UE/AELS in base all'accordo italo-svizzero del 10 agosto 1964 relativo all'emigrazione dei lavoratori italiani in Svizzera, interpretato alla luce della dichiarazione che è stata resa dal Consiglio federale il 23 aprile 1983 (giudizio impugnato, consid. 3.1).  
Sempre in relazione al permesso di domicilio, ha quindi negato le condizioni di rilascio anche in base al diritto interno (giudizio impugnato consid. 3.2-3.4, con riferimento all'art. 34 della legge federale del 16 dicembre 2005 sugli stranieri e la loro integrazione [LStrI; RS 142.20]). 
 
3.2. D'altro lato, riferendosi all'art. 23 dell'ordinanza del 22 maggio 2002 sull'introduzione della libera circolazione delle persone (OLCP; RS 142.203), ha osservato che dati non erano nemmeno gli estremi per un rinnovo del permesso di dimora UE/AELS giusta l'art. 6 ALC in relazione con l'art. 24 allegato I ALC in quanto, nonostante le condizioni specifiche previste da quest'ultima norma siano di per sé rispettate (mezzi finanziari sufficienti e assicurazione malattia che copra tutti i rischi), il ricorrente fa uso dell'appartamento di cui dispone a X.________ solo in maniera estremamente sporadica e va pertanto constatata l'assenza di un'effettiva volontà di stabilirsi in Svizzera.  
In simili circostanze, continua la Corte cantonale, la sua richiesta di rinnovo dev'essere in effetti considerata come abusiva e non merita tutela (giudizio impugnato, consid. 5-7 in relazione con il consid. 3). 
 
4.  
 
4.1. L'insorgente a ragione non si richiama all'art. 34 LStrI, relativo al rilascio di un permesso di domicilio in base al diritto interno, perché si tratta di una norma che ha carattere potestativo e non dà quindi nessun diritto a un permesso, che possa essere fatto valere davanti al Tribunale federale giusta l'art. 83 lett. c n. 2 LTF (precedente consid. 1.1; sentenza 2C_150/2023 del 4 luglio 2023 consid. 1.1).  
Egli ritiene però che, a differenza di quanto concluso dall'istanza inferiore, il diritto al rilascio di un permesso di domicilio in base all'accordo italo-svizzero del 10 agosto 1964 relativo all'emigrazione dei lavoratori italiani in Svizzera sarebbe dato. 
 
4.2. Contrariamente a quanto sostenuto nell'impugnativa, il rifiuto di concedere un permesso di domicilio in base all'accordo italo-svizzero del 10 agosto 1964, interpretato alla luce della dichiarazione del Consiglio federale del 23 aprile 1983, è tuttavia corretto.  
In effetti, come rilevato nel giudizio impugnato, quell'accordo è applicabile a cittadini italiani che lavorano in Svizzera: cioè a un gruppo di persone al quale il ricorrente non appartiene, perché egli era finora in possesso di un permesso di dimora secondo l'art. 24 allegato I ALC, non di un permesso per svolgere un'attività lucrativa nel nostro Paese (sentenze 2C_150/2023 del 4 luglio 2023 consid. 4.2; 2C_1008/2019 del 13 marzo 2020 consid. 3; 2C_437/2019 del 25 novembre 2019 consid. 4; 2C_439/2018 del 7 maggio 2019 consid. 3.3). 
 
4.3. Ad altra conclusione non conduce nemmeno il rinvio, contenuto nell'impugnativa, alle istruzioni LStrI della Segreteria di Stato della migrazione, nella versione del 1° marzo 2023.  
In effetti, è vero che, nella misura in cui riflettono il senso reale del testo legale e propongono un'interpretazione corretta e adeguata al caso specifico, simili atti vengono presi in considerazione anche dai Tribunali, nonostante non abbiano forza di legge (DTF 141 II 199 consid. 5.5). Altrettanto vero è però che, in merito al citato accordo del 10 agosto 1964 esiste una giurisprudenza consolidata, che è stata confermata ancora in tempi più che recenti (sentenza 2C_150/2023 del 4 luglio 2023 consid. 4.2). Essa non appare per altro nemmeno in contrasto con le istruzioni richiamate, in quanto queste si limitano a indicare che un permesso di domicilio viene riconosciuto in base all'accordo del 10 agosto 1964 e il campo di applicazione dello stesso è per l'appunto limitato ai lavoratori italiani in Svizzera, salve restando le disposizioni particolari relative ai frontalieri (art. 1). 
 
5.  
 
5.1. In caso di diniego del rilascio di un permesso di domicilio, l'insorgente postula il rinnovo del permesso di dimora UE/AELS, del quale ha fino ad ora beneficiato giusta l'art. 6 ALC in relazione con l'art. 24 allegato I ALC. Rileva infatti che il rispetto delle condizioni previste dall'art. 24 allegato I ALC non è contestato (mezzi finanziari sufficienti e assicurazione malattia che copra tutti i rischi), mentre considera che un richiamo all'abuso di diritto, a causa dell'assenza di un'effettiva volontà di stabilirsi nel nostro Paese, non si giustifichi.  
Sul piano dei fatti, denuncia accertamenti manifestamente inesatti, sia in relazione al consumo di corrente riscontrato che alla descrizione della sua abitazione, aggiungendo proprio al riguardo che "in ogni caso, lo stato di un appartamento varia nel tempo ed una valutazione generica e soggettiva, come quella esposta nei rapporti di polizia, non può essere ritenuta la prova provata di un uso mancato nel tempo". 
 
5.2. Ora, contestando i fatti contenuti nel giudizio impugnato, il ricorrente non procede come indicato nel precedente considerando 2.2. In particolare, non dimostra nessuna violazione del divieto d'arbitrio. In effetti, egli si limita a fornire una propria versione della fattispecie senza considerare: (a) che l'arbitrio nell'apprezzamento delle prove è dato solo se l'istanza inferiore non ha manifestamente compreso il senso e la portata di un mezzo di prova, ha omesso di considerare un mezzo di prova pertinente senza un serio motivo, o se, in base ai fatti raccolti, ha tratto delle deduzioni insostenibili; (b) che spetta pertanto a chi ricorre argomentare, per ogni accertamento di fatto criticato, quali prove erano in discussione, in che modo le prove avrebbero dovuto essere valutate e perché l'apprezzamento dell'autorità inferiore debba essere considerato insostenibile (DTF 143 IV 500 consid. 1.1).  
D'altra parte, indicando che "in ogni caso, lo stato di un appartamento varia nel tempo" il ricorrente non sostiene rispettivamente dimostra nemmeno di avere fatto valere davanti alla Corte cantonale una modifica sostanziale della situazione riscontrata in precedenza, che i Giudici ticinesi avrebbero dovuto prendere in considerazione, conformemente a quanto previsto dall'art. 110 LTF (sull'argomento, cfr. la sentenza 2C_570/2022 del 20 febbraio 2023 consid. 4). 
 
5.3. Resta pertanto da esaminare se, in base ai fatti che emergono dal giudizio impugnato, che non sono stati messi validamente in discussione e che vincolano il Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF), la decisione di negare il rinnovo del permesso di dimora UE/AELS in ragione dell'assenza di un'effettiva volontà di stabilirsi nel nostro Paese sia corretta e vada confermata, oppure se il diniego non si giustifichi. Chiaro è infatti che il giudizio impugnato conferma il mancato rinnovo del permesso di dimora UE/AELS e non la revoca di questa autorizzazione, come a tratti viene sostenuto nell'impugnativa.  
 
6.  
 
6.1. Il rilascio o il rinnovo di un permesso di dimora UE/AELS non presuppone solo il rispetto delle condizioni previste dalla norma di riferimento (in casu, l'art. 24 allegato I ALC) e l'assenza di motivi di ordine pubblico che potrebbero giustificare il diniego (art. 5 allegato I ALC), ma anche la volontà di stabilirsi sul territorio elvetico e che il richiamo alla norma in questione non sia quindi abusivo. Se questa volontà non è data, il permesso di soggiorno può essere negato, come previsto dall'art. 23 OLCP (DTF 139 II 393 consid. 2.1; 136 II 177 consid. 3.2.3; sentenze 2C_150/2023 del 4 luglio 2023 consid. 6.1; 2C_5/2021 del 2 dicembre 2021 consid. 3.4; 2C_7/2021 del 16 novembre 2021 consid. 3.4; 2C_264/2020 del 10 agosto 2021 consid. 4.3.2; 2C_505/2020 del 10 novembre 2020 consid. 3.3 e 4.3).  
 
6.2. Ora, la Corte cantonale ha ritenuto che tale volontà non fosse nella fattispecie data, e la richiesta di rinnovo fosse quindi abusiva, mentre il ricorrente contesta tale conclusione. Anche in questo caso, la sua opinione non può essere tuttavia condivisa.  
 
6.2.1. In effetti, tra il 27 dicembre 2017 e il 28 dicembre 2019, il consumo di energia elettrica nell'appartamento di X.________ è stato scarsissimo. A fronte di una media annua nazionale di 1'400-1'600 kWh - rileva la Corte cantonale, adducendo dati che il ricorrente di per sé non contesta - esso si è difatti attestato complessivamente solo a 258 kWh (171 kWh dal 27 dicembre 2017 al 28 maggio 2018; 75 kWh dal 28 maggio 2018 al 27 dicembre 2018; 0 kWh dal 27 dicembre 2018 al 26 maggio 2019; 12 kWh dal 26 maggio 2019 al 28 dicembre 2019), ciò che corrisponde ad una media annua di 129 kWh, di gran lunga inferiore ai dati statistici, e questo anche se si volesse ammettere un consumo del 30 % inferiore alla media annua nazionale, in ragione dell'asserito consumo dei pasti fuori casa (sentenza 2C_958/2020 del 6 aprile 2021 consid. 3.2 e 3.3, nella quale il Tribunale federale ha considerato consumi di energia analoghi già di per sé sufficienti ad escludere un soggiorno in Svizzera; sempre in senso conforme, cfr. inoltre la sentenza 2C_150/2023 del 4 luglio 2023 consid. 6.2.1).  
 
6.2.2. Alla constatazione di un consumo di energia elettrica praticamente irrisorio nei due anni immediatamente precedenti la scadenza del termine di controllo del permesso di dimora rilasciatogli (8 febbraio 2020; precedente consid. A), va inoltre ad aggiungersi un altro aspetto. In occasione di un sopralluogo svolto dalla polizia comunale nell'abitazione di X.________ il 19 febbraio 2020 - quindi già oltre il termine di controllo del permesso sin lì detenuto - quest'ultima ha infatti rilevato che la presenza di effetti personali, di vestiario e mobilio era scarsa e che il frigorifero era vuoto (cfr. rapporto della Polizia comunale di X.________ del 19 febbraio 2020, cui rinvia anche il giudizio impugnato nel consid. B, 3.2 e 7.3).  
 
6.2.3. La situazione descritta - da cui risulta in maniera assai coerente il mancato uso dell'appartamento locato a X.________, considerato che la verifica dei consumi di corrente riguarda il periodo tra il 27 dicembre 2017 e il 28 dicembre 2019 e il sopralluogo della polizia ha avuto luogo circa due mesi dopo (19 febbraio 2020), ma con stesso esito - permetteva quindi anche di concludere che l'insorgente usa il proprio appartamento in Svizzera solo in modo estremamente sporadico e che la volontà di stabilirvisi non è data (sentenze 2C_150/2023 del 4 luglio 2023 consid. 6.2 e 2C_958/2020 del 6 aprile 2021 consid. 3.3; riguardo a un caso in cui l'abuso di diritto è stato negato, in ragione dell'esistenza di elementi che attestavano la volontà di residenza in Svizzera, cfr. invece la sentenza 2C_505/2020 del 10 novembre 2020 consid. 4.3).  
 
6.3. Ritenuto che il rilascio rispettivamente il rinnovo del permesso di dimora UE/AELS non presuppone solo il rispetto delle condizioni previste dalla norma richiamata (sentenze 2C_150/2023 del 4 luglio 2023 consid. 6.3; 2C_5/2021 del 2 dicembre 2021 consid. 3.4; 2C_7/2021 del 16 novembre 2021 consid. 3.4), ma anche l'effettiva volontà di stabilirsi sul territorio elvetico e che - in base ai fatti accertati, che vincolano il Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF) - tale volontà fa in concreto difetto, la conferma del diniego del rinnovo del permesso da parte della Corte cantonale, in ragione dell'esistenza di un abuso di diritto, è pertanto corretta e va condivisa. Come rilevato anche nel giudizio impugnato, nelle circostanze riscontrate (consumo irrisorio di corrente elettrica, presenza di vestiti molto ridotta e assenza di cibo nel frigorifero) va infatti constatato che l'obiettivo normalmente perseguito attraverso la concessione di un permesso di dimora nel nostro Paese, che dovrebbe essere quello di permettere al richiedente di stabilirsi in Svizzera, non viene raggiunto, poiché la persona che vi si richiama (per potere poi verosimilmente accedere a una posizione ancora più stabile, quale quella concessa da un permesso di domicilio) non mira affatto a un'effettiva residenza, e il rinnovo del permesso di dimora può essere di conseguenza negato (sentenze 2C_150/2023 del 4 luglio 2023 consid. 6.3; 2C_264/2020 del 10 agosto 2021 consid. 4.3.2; 2C_505/2020 del 10 novembre 2020 consid. 4.3 e contrario; PETER UEBERSAX/STEFAN SCHLEGEL, Einreise und Anwesenheit, in: Uebersax/Rudin/Hugi Yar/Geiser [curatori], Ausländerrecht, 3a ed. 2022, n. 9.383).  
 
7.  
Per quanto precede, il ricorso dev'essere quindi respinto, poiché infondato. Le spese giudiziarie seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF). Non vengono assegnate ripetibili (art. 68 cpv. 3 LTF). 
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.  
Il ricorso è respinto. 
 
2.  
Le spese giudiziarie di fr. 2'000.-- sono poste a carico del ricorrente. 
 
3.  
Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, alla Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni, al Consiglio di Stato, al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino e alla Segreteria di Stato della migrazione. 
 
 
Losanna, 3 agosto 2023 
 
In nome della II Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
La Presidente: F. Aubry Girardin 
 
Il Cancelliere: Savoldelli