6B_169/2022 24.05.2023
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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
6B_169/2022  
 
 
Sentenza del 24 maggio 2023  
 
Corte di diritto penale  
 
Composizione 
Giudici federali Jacquemoud-Rossari, Presidente, 
van de Graaf, Hurni, 
Cancelliere Gadoni. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
patrocinato dall'avv. Costantino Testa, 
ricorrente, 
 
contro 
 
Ministero pubblico della Confederazione, Guisanplatz 1, 3003 Berna, 
opponente. 
 
Oggetto 
Partecipazione e sostegno a un'organizzazione criminale, ricettazione, infrazione alla legge federale sulle armi; 
 
ricorso in materia penale contro la sentenza emanata 
il 18 dicembre 2021 dalla Corte d'appello del 
Tribunale penale federale (CA.2020.13). 
 
 
Fatti:  
 
A.  
Con sentenza del 27 novembre 2018, la Corte penale del Tribunale penale federale (TPF) ha riconosciuto A.________ autore colpevole di partecipazione a un'organizzazione criminale, di sostegno a un'organizzazione criminale, di ricettazione e di ripetuta infrazione alla legge federale sulle armi, gli accessori di armi e le munizioni, del 20 giugno 1997 (LArm; RS 514.54). L'imputato è stato condannato alla pena detentiva di tre anni e otto mesi. 
 
B.  
Con sentenza 6B_37/2019 dell'8 gennaio 2020, il Tribunale federale ha parzialmente accolto, nella misura della sua ammissibilità, un ricorso in materia penale presentato dall'imputato contro il giudizio del 27 novembre 2018 della Corte penale del TPF, che ha annullato rinviandole la causa per una nuova decisione. Il Tribunale federale ha ritenuto il ricorso fondato unicamente per quanto riguarda la qualifica di un "cavetto metallico con due anelli alle estremità", posseduto dall'imputato ed oggetto di confisca, quale arma ai sensi dell'art. 4 cpv. 1 lett. d LArm. 
 
C.  
Statuendo nuovamente sulla causa, con sentenza del 31 agosto 2020 la Corte penale del TPF ha prosciolto l'imputato dall'imputazione di infrazione alla LArm con riferimento al citato "cavetto metallico" ed ha ridotto la pena detentiva a tre anni e cinque mesi. Ha inoltre escluso tale attrezzo dalla lista degli oggetti confiscati. 
 
D.  
Contro la nuova sentenza della Corte penale del TPF, l'imputato ha adito la Corte d'appello del TPF. Con decisione dell'8 aprile 2021, la Corte d'appello del TPF ha stabilito ch'essa sarebbe entrata nel merito dell'appello limitatamente ai punti concernenti la commisurazione della pena, la confisca, la condanna al pagamento delle spese procedurali e quella al parziale rimborso alla Confederazione della retribuzione del difensore d'ufficio, nonché alla designazione del Cantone di Berna quale Cantone competente per l'esecuzione del giudizio. Ha ritenuto per il resto inammissibile l'appello. Con sentenza finale del 18 dicembre 2021, la Corte d'appello del TPF ha parzialmente accolto l'appello riducendo la pena detentiva a tre anni e due mesi. 
 
 
E.  
A.________ impugna questa sentenza con un ricorso in materia penale del 1° febbraio 2022 al Tribunale federale, chiedendo in via principale di riformarla nel senso di proscioglierlo da tutte le imputazioni ad eccezione di quella di infrazione alla LArm, in relazione alla quale chiede di essere condannato ad una pena pecuniaria di 30 aliquote giornaliere di fr. 80.-- ciascuna, sospesa condizionalmente per un periodo di prova di due anni, e alla multa di fr. 500.--. In via subordinata, il ricorrente domanda di essere riconosciuto autore colpevole di partecipazione e di sostegno a un'organizzazione criminale limitatamente ad un capo d'imputazione, come pure di ripetuta infrazione alla LArm, e di essere condannato ad una pena detentiva non superiore a quindici mesi, sospesa condizionalmente per un periodo di due anni. In via ulteriormente subordinata, il ricorrente formula altre richieste. Egli postula inoltre di essere ammesso al beneficio dell'assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio. 
Non è stato ordinato uno scambio di scritti. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
Presentato dall'imputato, che ha partecipato alla procedura dinanzi alla precedente istanza, le cui conclusioni sono state in parte disattese (art. 81 cpv. 1 lett. a e b n. 1 LTF), e diretto contro una decisione finale (art. 90 LTF), resa in materia penale (art. 78 cpv. 1 LTF) dalla Corte d'appello del TPF (art. 80 cpv. 1 LTF), il ricorso in materia penale, tempestivo (art. 100 cpv. 1 in relazione con l'art. 46 cpv. 1 lett. c LTF), è di massima ammissibile. 
 
2.  
 
2.1. Il ricorrente critica il fatto che la precedente istanza abbia limitato l'ammissibilità dell'appello ai punti oggetto del rinvio da parte del Tribunale federale. Adduce che, con la sentenza 6B_37/2019 dell'8 gennaio 2020, questa Corte ha annullato nella sua totalità il giudizio di condanna del 27 novembre 2018 del TPF. Sostiene inoltre che la Corte di appello del TPF non sarebbe stata vincolata alla decisione di rinvio del Tribunale federale, non essendosi mai pronunciata in precedenza sulle accuse oggetto del procedimento penale.  
 
2.2. Una decisione di rinvio del Tribunale federale (art. 107 cpv. 2 LTF) vincola sia l'autorità alla quale la causa è rinviata sia, se deve nuovamente statuire sulla controversia, il Tribunale federale stesso. Riservati eventuali nova che dovessero essere ammissibili, né la precedente istanza né le parti possono fondarsi su una fattispecie diversa o esaminare l'oggetto del litigio basandosi su considerazioni respinte esplicitamente o non prese minimamente in considerazione nella sentenza di rinvio (DTF 148 I 127 consid. 3.1; 143 IV 214 consid. 5.3.3; 135 III 334 consid. 2 e rinvii). La nuova decisione dell'istanza precedente è limitata al tema che risulta dai considerandi del Tribunale federale quale oggetto del nuovo giudizio. In seguito al rinvio, il procedimento dinanzi alla Corte precedente è di conseguenza ripristinato limitatamente a quanto è necessario per tener conto delle considerazioni vincolanti del Tribunale federale (DTF 143 IV 214 consid. 5.2.1; sentenza 6B_216/2020 del 1° novembre 2021 consid. 1.3.1). Le altre parti del giudizio hanno stabilità e devono essere riprese nella nuova sentenza. È irrilevante il fatto che, con la decisione di rinvio, il Tribunale federale abbia formalmente annullato l'intera sentenza impugnata. Non è decisivo il dispositivo, bensì la portata materiale del giudizio del Tribunale federale (DTF 143 IV 214 consid. 5.2.1).  
 
2.3. Con la sentenza 6B_37/2019 dell'8 gennaio 2020, il Tribunale federale ha ritenuto il gravame del ricorrente fondato limitatamente alla questione della qualificazione come arma del "cavetto metallico con due anelli alle estremità". Ha rilevato che, per il resto, il ricorso doveva essere respinto nella misura della sua ammissibilità. Sugli altri aspetti trattati, in particolare sulle imputazioni di partecipazione e di sostegno a un'organizzazione criminale nonché di ricettazione, il Tribunale federale si è pronunciato definitivamente. La decisione di rinvio riguardava quindi esclusivamente l'imputazione di infrazione alla LArm con riferimento al suddetto cavetto metallico. Il fatto che il Tribunale federale abbia annullato interamente la sentenza del 27 novembre 2018 della Corte penale del TPF non è come visto decisivo, determinante essendo la circostanza che la decisione di rinvio fosse circoscritta alla questione specifica oggetto dell'accoglimento del ricorso. Né è rilevante la circostanza secondo cui la Corte d'appello del TPF non abbia avuto modo di pronunciarsi sulle accuse nell'ambito della prima fase della procedura. Contro la prima sentenza della Corte penale del TPF, del 27 novembre 2018, non era infatti allora aperta la via dell'appello (sentenze 6B_575/2019 dell'8 agosto 2019; 6B_523/2019 del 4 giugno 2019 consid. 1, in: RtiD II-2020 pag. 243 segg.; 6B_67/2019 del 16 dicembre 2020 consid. 1.1). Nel seguito, il procedimento è quindi continuato unicamente nella misura necessaria per tenere conto delle considerazioni vincolanti del Tribunale federale (cfr. DTF 143 IV 214 consid. 5.2.1). A ragione la Corte d'appello del TPF ha quindi limitato la propria decisione ai temi connessi alla decisione di rinvio, e quindi essenzialmente alla commisurazione della pena (il proscioglimento dall'imputazione di infrazione alla LArm riguardo al citato "cavetto metallico" non essendo contestato). Del resto, solo questi temi sono stati trattati dalla Corte di primo grado nel suo nuovo giudizio. Peraltro, il ricorrente non ha formalmente impugnato in questa sede, contestualmente con la sentenza finale, la decisione dell'8 aprile 2021 di entrata in materia e sull'assunzione di prove (cfr. art. 93 cpv. 3 LTF).  
In tali circostanze, le censure concernenti la mancata assunzione di ulteriori prove e quelle relative alla violazione degli art. 398 CPP, 8, 29, 29a Cost. e 6 CEDU non devono essere vagliate in questa sede, siccome si riferiscono ad aspetti non oggetto di rinvio e che esulavano quindi dal seguito della procedura. Sollevate in questa sede, esse sono inammissibili. 
 
3.  
 
3.1. Il ricorrente contesta la commisurazione della pena. Riconosce che in concreto il reato più grave è quello di organizzazione criminale ai sensi dell'art. 260ter CP. Critica tuttavia il fatto che la precedente istanza abbia ritenuto molto grave la sua colpa sia dal profilo oggettivo sia da quello soggettivo, pronunciandosi in tal senso senza chinarsi sulle prove. Adduce ch'egli non avrebbe più commesso azioni riprovevoli dopo il 2010 e che, in precedenza, non sarebbe mai stato condannato per reati analoghi alla fattispecie di organizzazione criminale. Ritiene che la sua colpa sarebbe soltanto lieve e che una precedente condanna per violazione delle norme sulla circolazione stradale non potrebbe essere valutata a suo sfavore. Secondo il ricorrente, l'imputazione di partecipazione e di sostegno ad un'organizzazione criminale consisterebbe essenzialmente nella sorveglianza di una piantagione di canapa che tuttavia, visto il basso contenuto di THC, sarebbe stata perfettamente legale. Nega inoltre di avere fornito armi ad un'organizzazione criminale. Il ricorrente sostiene che la sentenza di primo grado del 31 agosto 2020 non sarebbe sufficientemente motivata, posto che il primo giudizio era stato interamente annullato dal Tribunale federale. Rimprovera inoltre alla Corte d'appello del TPF di non avere tenuto sufficientemente conto dell'importante copertura mediatica del procedimento penale, la quale avrebbe giustificato una riduzione della pena. Sostiene che la Corte d'appello del TPF non avrebbe preso in considerazione la possibilità di infliggergli una pena pecuniaria, che nel diritto penale vigente costituirebbe la sanzione principale. Critica altresì l'applicazione del principio di inasprimento della pena giusta l'art. 49 cpv. 1 CP, che a suo dire non condurrebbe in concreto a una possibile pena detentiva massima di sette anni e sei mesi, come stabilito dai precedenti giudici, bensì di sei anni e sei mesi. Ritiene pure che l'inasprimento sarebbe avvenuto a torto per lo stesso reato, considerando in modo distinto sia la partecipazione sia il sostegno ad un'organizzazione criminale. Secondo il ricorrente, la precedente istanza avrebbe infine dovuto ridurre di ulteriori due mesi la pena detentiva prendendo in considerazione una violazione del principio di celerità (anche) nella fase istruttoria.  
 
3.2. Giusta l'art. 47 CP, il giudice commisura la pena alla colpa dell'autore. Tiene conto della vita anteriore e delle condizioni personali dell'autore, nonché dell'effetto che la pena avrà sulla sua vita (cpv. 1); la colpa è determinata secondo il grado di lesione o esposizione a pericolo del bene giuridico offeso, secondo la riprensibilità dell'offesa, i moventi e gli obiettivi perseguiti, nonché, tenuto conto delle circostanze interne ed esterne, secondo la possibilità che l'autore aveva di evitare l'esposizione a pericolo o la lesione (cpv. 2).  
Questa norma conferisce al giudice un ampio potere di apprezzamento. Il Tribunale federale interviene solo quando il giudice cantonale cade nell'eccesso o nell'abuso del potere di apprezzamento, ossia laddove la pena esca dal quadro legale, sia valutata in base a elementi estranei all'art. 47 CP, oppure appaia eccessivamente severa o clemente (DTF 144 IV 313 consid. 1.2; 136 IV 55 consid. 5.6 pag. 61; 135 IV 130 consid. 5.3.1). 
Secondo l'art. 49 cpv. 1 CP, quando per uno o più reati risultano adempiute le condizioni per l'inflizione di più pene dello stesso genere, il giudice condanna l'autore alla pena prevista per il reato più grave aumentandola in misura adeguata. Non può tuttavia aumentare di oltre la metà il massimo della pena comminata. È in ogni modo vincolato al massimo legale del genere di pena. La pronuncia di una pena unica in applicazione del principio dell'inasprimento della pena di cui all'art. 49 cpv. 1 CP è possibile unicamente se nel caso concreto le pene prospettate per sanzionare i singoli reati sono dello stesso genere (DTF 144 IV 313 consid. 1.1.1, 217 consid. 2.2). 
 
3.3. Il ricorrente non sostiene che la pena detentiva inflitta in concreto (tre anni e due mesi) eccede i limiti del quadro legale o che i precedenti giudici si sono fondati su criteri privi di pertinenza. Si limita per contro sostanzialmente a sminuire la gravità della sua colpa, in particolare per quanto concerne il reato, più grave, di partecipazione ad un'organizzazione criminale. Sollevando tale argomentazione, egli si scosta dai fatti oggetto di condanna, che sono di principio vincolanti per il Tribunale federale (cfr. art. 105 cpv. 1 LTF) e che non erano oggetto della procedura successiva alla decisione di rinvio. Il ricorrente non considera né si confronta con i capi d'imputazione per i quali è stato condannato e che sono stati riportati al considerando 2.5.2, da pag. 15 a pag. 19, della sentenza impugnata. Quanto alla sorveglianza armata di una piantagione di canapa e alla fornitura di numerose armi a membri dell'organizzazione criminale, si tratta di fattispecie che sono state chiaramente oggetto del giudizio di condanna. Laddove lamenta un'insufficiente motivazione della sentenza della Corte di primo grado, del 31 agosto 2020, il ricorrente disattende che oggetto della presente impugnativa è la sentenza della Corte d'appello del TPF (art. 80 cpv. 1 LTF), che espone in modo articolato le circostanze rilevanti per la commisurazione della pena e la loro ponderazione (art. 50 CP). Peraltro, come visto, la procedura dinanzi alla prima Corte era ripristinata limitatamente ai temi oggetto della decisione di rinvio del Tribunale federale, gli altri aspetti potendo essere ripresi nel nuovo giudizio.  
Il ricorrente sostiene che i precedenti giudici non avrebbero preso in considerazione la possibilità di sanzionarlo unicamente con una pena pecuniaria, prevista anche per il reato di organizzazione criminale giusta l'art. 260ter CP. A torto. In realtà, la Corte d'appello del TPF si è espressa al riguardo, rilevando come, per la gravità dei reati commessi, una pena pecuniaria non potesse minimamente entrare in linea di conto, non essendo sufficiente né quale punizione né sotto il profilo della prevenzione speciale e generale. Il ricorrente non si confronta con le relative argomentazioni contenute nella sentenza impugnata (cfr. consid. 2.5.7 pag. 23 seg.) e non sostanzia quindi una violazione del diritto con una motivazione conforme all'art. 42 cpv. 2 LTF. Peraltro, il genere di pena deve essere scelto dal giudice. Questi deve tenere conto, oltre alla colpa dell'autore, dell'adeguatezza della pena, dei suoi effetti sull'autore e sulla sua situazione sociale, come pure dell'efficacia della pena stessa sotto il profilo della prevenzione (DTF 147 IV 241 consid. 3.2). Contrariamente all'opinione del ricorrente, non è quindi di per sé decisivo che il reato di cui all'art. 260ter CP possa teoricamente essere punito con una pena pecuniaria per escludere in concreto l'inflizione di una pena detentiva. 
Il ricorrente è stato riconosciuto autore colpevole di partecipazione a un'organizzazione criminale, di sostegno a un'organizzazione criminale, di ricettazione e di ripetuta infrazione alla LArm. La Corte d'appello del TPF ha rilevato che, sulla base dell'art. 49 cpv. 1 CP, la pena detentiva massima per questi reati ammontava a sette anni e sei mesi. Il ricorrente sostiene che la pena detentiva massima sarebbe invece di sei anni e sei mesi, siccome l'inasprimento della pena dovrebbe tenere conto del reato più lieve (in concreto quello di infrazione alla LArm). Il ricorrente richiama al riguardo la giurisprudenza pubblicata in DTF 143 IV 145 consid. 8.2.3, misconoscendone tuttavia la portata. Secondo questa giurisprudenza, il principio dell'inasprimento della pena giusta l'art. 49 cpv. 1 CP non può condurre a una pena massima più elevata di quella che risulterebbe dall'applicazione del principio del cumulo delle pene (DTF 143 IV 145 consid. 8.2.3). Nella fattispecie, i reati di partecipazione e di sostegno a un'organizzazione criminale erano punibili con pene detentive massime di cinque anni, quello di ricettazione è parimenti punibile con una pena detentiva massima di cinque anni, mentre quello di infrazione alla LArm prevede una pena detentiva massima di tre anni. La pena detentiva massima di sette anni e sei mesi determinata dalla Corte d'appello del TPF sulla base del principio dell'inasprimento della pena (art. 49 cpv. 1 CP) è quindi inferiore a quella che risulterebbe dal cumulo delle singole pene ed è corretta. 
Il ricorrente sostiene che la Corte d'appello del TPF avrebbe inasprito a torto la pena per lo stesso reato di organizzazione criminale commisurando una pena ipotetica sia per la partecipazione sia per il sostegno alla stessa. Ora, la variante del sostegno all'organizzazione criminale (art. 260ter n. 1 cpv. 2 vCP; cfr. l'attuale art. 260ter cpv. 1 lett. b CP) riguarda fattispecie in cui la persona interessata non è integrata nella struttura dell'organizzazione (cfr. DTF 128 II 355 consid. 2.4; sentenza 1B_412/2016 del 5 dicembre 2016 consid. 3.4) : essa si riferisce in concreto a uno specifico punto dell'atto di accusa. Per tali atti, diversamente da quanto stabilito riguardo alla variante della partecipazione, la Corte d'appello del TPF ha considerato media la colpa del ricorrente ed ha ritenuto adeguato un aumento della pena di base di tre mesi. Non risulta in tali circostanze che la precedente istanza abbia inasprito la pena considerando due volte la stessa fattispecie punibile. 
Il ricorrente adduce che i fatti rimproveratigli sarebbero "molto datati nel tempo", ch'egli non avrebbe commesso atti riprovevoli recenti e che nemmeno una lieve condanna del 2015 per un'infrazione alla LCStr potrebbe essere valutata in modo sfavorevole. La Corte d'appello del TPF ha invero preso in considerazione il tempo trascorso dai fatti relativi all'organizzazione criminale quale circostanza attenuante specifica giusta l'art. 48 lett. e CP, rilevando ch'essa comportava una diminuzione di sei mesi della pena detentiva. Quanto alla condanna per l'infrazione alla LCStr, i precedenti giudici hanno precisato che, vista la relativa anzianità giudiziaria della stessa, essa pesava soltanto lievemente a suo sfavore. Hanno comunque altresì rilevato che sia nel procedimento di primo grado che in quello d'appello non era emersa alcuna presa di coscienza da parte del ricorrente riguardo all'illegalità e alla gravità dei fatti rimproveratigli, ad eccezione di alcune ammissioni di poco conto relative al reato d'infrazione alla LArm. La precedente istanza ha ritenuto che l'assenza di scrupoli, la noncuranza con la quale il ricorrente ha violato le leggi svizzere, come pure l'assenza di pentimento per il reato principale di organizzazione criminale, non permettevano di prendere in considerazione un'eventuale attenuazione della pena. In questa sede il ricorrente non si confronta con queste ulteriori considerazioni e non sostanzia quindi una violazione del diritto con una motivazione conforme alle esigenze dell'art. 42 cpv. 2 LTF.  
Secondo il ricorrente, i risvolti mediatici legati al procedimento penale sarebbero stati intensi ed avrebbero giustificato un'attenuazione della pena. Adduce che le attività economiche che garantivano il suo sostentamento e quello della sua famiglia sarebbero fallite a causa dell'importante copertura mediatica del procedimento penale. La Corte d'appello del TPF ha ritenuto non sostanziato il nesso causale tra l'eco mediatico dato al procedimento penale e le conseguenze addotte dal ricorrente. Ha inoltre negato che tale copertura abbia raggiunto estremi tali da giustificare una mitigazione della pena. In questa sede, il ricorrente si limita a ribadire in modo generico l'asserita rilevante copertura mediatica, ma non si esprime specificatamente sulla questione del diniego del rapporto di causalità. Egli non si fonda su accertamenti di fatto vincolanti e non espone elementi concreti che permetterebbero di concludere che, nella fattispecie, la rilevanza mediatica sia stata chiaramente superiore rispetto all'usuale. Insufficientemente motivata, la censura è inammissibile e non deve essere vagliata oltre. 
 
3.4. Il ricorrente adduce infine che la Corte d'appello del TPF avrebbe dovuto accertare una violazione del principio di celerità non soltanto nella procedura d'appello, ma anche nella fase dell'istruzione penale, diminuendo di ulteriori due mesi la pena detentiva.  
 
3.4.1. L'art. 5 CPP concretizza il principio di celerità della procedura penale, disponendo che le autorità penali avviano senza indugio i procedimenti penali e li portano a termine senza ritardi ingiustificati (cfr. art. 5 cpv. 1 CPP). Questo principio (v. anche art. 29 cpv. 1 Cost. e art. 6 n. 1 CEDU) vale sia per le autorità di perseguimento penale (art. 12 e 15 segg. CPP) sia per le autorità giudicanti (art. 13 e 18 segg. CPP). L'esame della durata del procedimento non è soggetta a regole rigide, ma deve essere valutata in ogni singolo caso sulla base delle circostanze concrete (DTF 143 IV 373 consid. 1.3.1). L'obbligo di pronunciarsi entro una scadenza ragionevole impone all'autorità competente di statuire entro un termine che risulti essere giustificato dalla natura del litigio e dall'insieme delle circostanze del caso, generalmente sulla base di una valutazione globale. Devono in particolare essere considerati la portata e le difficoltà della causa, il modo con il quale è stata trattata dall'autorità, l'interesse delle parti e il loro comportamento nella procedura (DTF 135 I 265 consid. 4.4; 130 IV 54 consid. 3.3.3; 130 I 269 consid. 3.1, 312 consid. 5.1 e 5.2). Una violazione del principio di celerità può condurre a una riduzione della pena (DTF 143 IV 49 consid. 1.8.2, 373 consid. 1.4.1). Il Tribunale federale interviene nella valutazione della sanzione per la violazione del principio di celerità soltanto se l'autorità ha ecceduto o abusato del suo potere di apprezzamento, violando quindi il diritto federale (DTF 143 IV 373 consid. 1.4.1).  
 
3.4.2. La Corte d'appello del TPF ha ravvisato una lieve violazione del principio di celerità nell'ambito del procedimento di appello, ciò che comportava una diminuzione di un mese della pena detentiva. Ha per contro negato una violazione del principio nelle fasi precedenti. Ha infatti rilevato che nonostante fossero passati due anni tra gli ultimi fatti incriminati (2011) e l'apertura dell'istruzione (2013) e ulteriori cinque anni fino al rinvio a giudizio (2018), non trasparivano nel complesso ritardi nell'attività delle autorità penali. La Corte d'appello del TPF ha ritenuto che la durata relativamente lunga del procedimento penale fosse giustificata alla luce della sua ampiezza, delle persone coinvolte e delle difficoltà legate al perseguimento penale del reato di organizzazione criminale, che presentava risvolti internazionali.  
 
3.4.3. Il ricorrente ritiene eccessiva la durata di quasi cinque anni tra l'apertura dell'istruzione penale e l'invio dell'atto di accusa alla Corte penale del TPF. Adduce che l'inchiesta avrebbe potuto essere svolta più celermente, tutte le persone coinvolte essendo domiciliate in Svizzera. Accenna inoltre all'ulteriore lasso di tempo intercorso tra l'emanazione dell'atto di accusa (11 gennaio 2018) e le due sentenze di primo grado (del 27 novembre 2018 e del 31 agosto 2020). Il ricorrente si esprime al riguardo in termini soltanto generali. Adduce sostanzialmente che l'inchiesta avrebbe potuto essere svolta più celermente, ma non sostanzia l'esistenza di ritardi insostenibili nello svolgimento di determinati atti procedurali. Soltanto fasi manifeste di interruzione della procedura impongono una sanzione per una violazione del principio di celerità (cfr. sentenza 6B_355/2021 del 22 marzo 2023 consid. 4.4.3.3) : ora, simili estremi non sono stati evidenziati nella fattispecie, né emergono chiaramente dagli accertamenti della precedente istanza. Il ricorrente omette poi di prendere in considerazione e di confrontarsi con le circostanze concrete del procedimento penale, segnatamente con la sua portata e le sue difficoltà. Disattende che la causa era complessa, che dall'atto di accusa risulta come i fatti incriminati siano numerosi e collegati al reato di organizzazione criminale. Il procedimento penale presentava inoltre implicazioni internazionali, in particolare con l'Italia ed ha pure comportato atti di assistenza giudiziaria internazionale. Limitandosi essenzialmente a richiamare la durata dell'istruzione penale, senza confrontarsi con tali elementi, il ricorrente non rende seriamente ravvisabile ch'essa è stata incompatibile con l'imperativo di celerità (art. 5 CPP).  
Quanto alla procedura dinanzi alla Corte di primo grado, l'atto di accusa le è stato consegnato il 17 gennaio 2018 e la prima sentenza di condanna è stata da lei emanata il 27 novembre 2018. La procedura è successivamente continuata a seguito della sentenza di rinvio dell'8 gennaio 2020 del Tribunale federale e si è conclusa con l'emanazione della sentenza del 31 agosto 2020. Il prolungamento di tale procedura non è quindi riconducibile a ritardi inammissibili della Corte giudicante, peraltro non seriamente addotti dal ricorrente, ma alla necessità di riprendere la procedura in conseguenza della decisione di rinvio. 
In tali circostanze, non vi sono ragioni per ritenere che, accertando soltanto una lieve violazione del principio di celerità, sanzionata con una riduzione di un mese della pena detentiva, la Corte d'appello del TPF abbia ecceduto o abusato del suo potere di apprezzamento, violando quindi il diritto federale. 
 
3.5. Da ultimo, il ricorrente solleva una censura concernente la sospensione condizionale della pena. Essa presuppone tuttavia l'accoglimento del gravame, perlomeno in misura parziale. Poiché in concreto il ricorso è integralmente respinto, considerata altresì l'entità della pena detentiva inflitta (tre anni e due mesi), la questione della sospensione condizionale della pena non entra in considerazione e non deve essere vagliata.  
 
3.6. Alla luce di tutto quanto esposto, la commisurazione della pena litigiosa non procede da un abuso del potere di apprezzamento della Corte d'appello del TPF e non viola gli art. 47 segg. CP.  
 
4.  
 
4.1. Ne segue che il ricorso deve essere respinto nella misura della sua ammissibilità. La domanda di assistenza giudiziaria presentata in questa sede deve essere respinta, essendo il gravame fin dall'inizio privo di possibilità di successo (art. 64 cpv. 1 LTF).  
 
4.2. Le spese giudiziarie seguono la soccombenza e sono pertanto poste a carico del ricorrente (art. 66 cpv. 1 LTF). In considerazione della sua situazione finanziaria, si giustifica tuttavia di prelevare una tassa di giustizia ridotta (art. 65 cpv. 2 LTF).  
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.  
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2.  
La domanda di assistenza giudiziaria è respinta. 
 
3.  
Le spese giudiziarie di fr. 1'200.-- sono poste a carico del ricorrente. 
 
4.  
Comunicazione alle parti e alla Corte d'appello del Tribunale penale federale. 
 
 
Losanna, 24 maggio 2023 
 
In nome della Corte di diritto penale 
del Tribunale federale svizzero 
 
La Presidente: Jacquemoud-Rossari 
 
Il Cancelliere: Gadoni