1C_55/2023 02.02.2024
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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
1C_55/2023  
 
 
Sentenza del 2 febbraio 2024  
 
I Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Kneubühler, Presidente, 
Haag, Müller, 
Cancelliere Crameri. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
patrocinata dall'avv. Gianluca Padlina, 
ricorrente, 
 
contro 
 
Comune di Canobbio, 
rappresentato dal suo Municipio, via Trevano 13, 6952 Canobbio, 
e patrocinato dall'avv. Lisa Ferrario Petrini, casella postale 6583, 6901 Lugano, 
Dipartimento del territorio, Ufficio delle domande di costruzione, via Franco Zorzi 13, 6500 Bellinzona, 
Consiglio di Stato della Repubblica e Cantone Ticino, piazza Governo 6, casella postale 2170, 6501 Bellinzona. 
 
Oggetto 
Ordine di demolire una piscina esterna, 
 
ricorso contro la sentenza emanata il 20 dicembre 2022 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino (52.2018.407). 
 
 
Fatti:  
 
A.  
II 29 maggio 2013 B.________, all'epoca comproprietario con C.________ della particella xxx, attribuita alla zona residenziale estensiva (R2), che comprendeva anche la porzione di terreno che dal 1° ottobre 2013 forma il fondo yyy, ha chiesto al Municipio di Canobbio il permesso di costruire due abitazioni unifamiliari contigue, ubicate a 10.00 m dal limite del bosco. Raccolto l'avviso favorevole dei Servizi generali del Dipartimento del territorio, il 29 luglio 2013 il Municipio ha rilasciato la licenza edilizia. Il 18 novembre 2013 ha concesso la richiesta deroga alla distanza dal bosco (9.24 m sul lato ovest, 9.16 m su lato est). Durante controlli di cantiere esperiti nel 2016, l'autorità comunale ha constatato che sul fondo xxx si costruiva una piscina, non prevista nei piani approvati. Il 7 novembre 2016 il Municipio ha quindi ordinato a B.________ d'inoltrare una domanda di costruzione in sanatoria, disponendo nel contempo la sospensione cautelare dei lavori. La decisione è stata notificata anche a C.________, divenuta proprietaria unica del fondo dal 1° ottobre 2013, la quale ha inoltrato una domanda a posteriori per la piscina (5.85 x 3.15 m), realizzata a circa 7.00 m dal limite dell'area forestale. 
 
B.  
Preso atto dell'avviso negativo dei Servizi generali del Dipartimento del territorio perché il manufatto non rispetterebbe la distanza di 10 m dal bosco, con decisione del 30 gennaio 2017 il Municipio ha negato la licenza in sanatoria. Lo stesso giorno A.________ è diventata proprietaria del fondo xxx. Adito da C.________, con risoluzione del 6 settembre 2017 (n. 3953) il Consiglio di Stato ne ha respinto il ricorso. Questa decisione è cresciuta in giudicato incontestata. 
 
C.  
Il 19 ottobre 2017, accertato che i lavori di costruzione della piscina erano stati ultimati nonostante l'ordine di sospensione, il Municipio ne ha vietato l'utilizzo, ordinandone l'immediata vuotatura. Il 13 novembre 2017 ha poi chiesto alla nuova proprietaria di demolire il manufatto, ripristinando la destinazione a giardino/prato. Con risoluzione del 27 giugno 2018 il Consiglio di Stato ha respinto il gravame inoltrato dall'interessata, come in seguito il Tribunale cantonale amministrativo con giudizio del 20 dicembre 2022. 
 
 
D.  
Avverso questa decisione A.________ presenta un ricorso in materia di diritto pubblico al Tribunale federale. Chiede, concesso al ricorso l'effetto sospensivo, in via principale, di annullarla unitamente a quella governativa e a quella municipale; subordinatamente, di ritornare gli atti al Municipio affinché in luogo della demolizione commini una sanzione pecuniaria e, in via ancor più subordinata, affinché il Municipio statuisca nel merito, dopo aver esperito ulteriori accertamenti. 
Non è stato ordinato uno scambio di scritti. Al ricorso è stato conferito l'effetto sospensivo in via superprovvisionale. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. Presentato contro una decisione finale (art. 90 LTF) dell'ultima istanza cantonale in ambito edilizio (art. 82 lett. a e 86 cpv. 1 lett. d LTF), il ricorso in materia di diritto pubblico, tempestivo, è di massima ammissibile. La legittimazione della ricorrente è pacifica.  
 
1.2. Le conclusioni della ricorrente di annullare anche la decisione governativa e quella municipale sono inammissibili. A causa del carattere devolutivo del ricorso, tali atti sono infatti sostituiti dalla sentenza del Tribunale cantonale amministrativo, di modo che solo quest'ultima pronuncia può essere oggetto di litigio (art. 86 cpv. 1 lett. d LTF; DTF 146 II 335 consid. 1.1.2).  
 
1.3. Secondo l'art. 42 cpv. 1 e 2 LTF, il ricorso dev'essere motivato in modo sufficiente, spiegando nei motivi perché l'atto impugnato viola il diritto. Il Tribunale federale, che non è un'istanza di appello, esamina in linea di principio solo le censure sollevate (DTF 148 IV 205 consid. 2.6; 146 IV 297 consid. 1.2). Quando la ricorrente invoca la violazione di diritti costituzionali, il Tribunale federale, in applicazione dell'art. 106 cpv. 2 LTF, vaglia le censure solo se siano state esplicitamente sollevate e motivate in modo chiaro e preciso (DTF 149 I 105 consid. 2.1; 147 I 73 consid. 2.1). Le norme del diritto federale sono esaminate d'ufficio e liberamente dal Tribunale federale (art. 106 cpv. 1 LTF).  
 
1.4. Nella misura in cui la vertenza concerne l'interpretazione e l'applicazione di norme del diritto cantonale e comunale, queste disposizioni sono esaminate soltanto sotto il ristretto profilo dell'arbitrio (DTF 148 II 465 consid. 8.1; 147 IV 433 consid. 2.1). Non basta quindi che la decisione impugnata sia insostenibile nella motivazione, ma occorre che lo sia anche nel risultato (DTF 147 II 454 consid. 4.4), ciò che spetta alla ricorrente dimostrare (DTF 144 III 145 consid. 2). La stessa conclusione vale anche quando si adduce l'arbitrio nell'accertamento dei fatti e nella valutazione delle prove (DTF 147 I 73 consid. 2.2). Non risulta per contro arbitrio dal fatto che anche un'altra soluzione potrebbe entrare in linea di conto o sarebbe addirittura preferibile (DTF 148 II 121 consid. 5.2).  
 
2.  
 
2.1. La ricorrente fa valere una lesione del diritto d'essere sentita adducendo da una parte l'inadeguatezza della motivazione della risoluzione del Municipio, che avrebbe emanato l'ordine di demolizione senza preventivamente concederle la possibilità di esprimersi, ciò che avrebbe comportato non meglio specificate gravi conseguenze per il seguito della procedura. Critica poi la mancata assunzione di mezzi di prova da lei proposti, in particolare il mancato esperimento di un sopralluogo da parte del Consiglio di Stato prima e della Corte cantonale poi.  
 
2.2. Il diritto d'essere sentito, sancito dall'art. 29 cpv. 2 Cost., ingloba anche quello di ricevere una decisione motivata; è tuttavia sufficiente ch'essa si esprima su tutti i punti decisivi e pertinenti per il giudizio (DTF 147 IV 409 consid. 5.3.4; 146 IV 297 consid. 2.2.7).  
 
2.2.1. Riguardo alla pretesa inadeguatezza della motivazione della decisione municipale e di quella governativa, che comunque esulano dall'oggetto del litigio, i giudici cantonali hanno rilevato ch'esse adempiono, seppure succintamente, le esigenze richieste dall'art. 46 cpv. 1 della legge ticinese sulla procedura amministrativa del 24 settembre 2013 (LPAmm; RL 165.100). Hanno osservato che il Municipio ha stabilito che la piscina è stata ultimata, disattendendo l'ordine di sospensione, senza il necessario permesso, dopo che il Consiglio di Stato aveva confermato il diniego della licenza edilizia in sanatoria. Il Municipio ha quindi stabilito che il principio di legalità e quello di uguaglianza impongono di massima la demolizione dell'opera abusiva. È stato ritenuto che l'interesse al ripristino di una situazione conforme al diritto prevale in concreto su quello dell'interessata, che non può avvalersi della buona fede, a evitare i costi della demolizione, che sarebbero stati meno gravosi qualora avesse rispettato l'ordine di sospensione dei lavori. Nella decisione governativa è stata sottolineata l'esigenza del ripristino della legalità e della tutela del bosco, interessi che prevalgono su quelli meramente finanziari dell'interessata. La Corte cantonale ha ritenuto che questi argomenti sono sufficienti per comprendere la portata delle criticate decisioni e impugnarle con cognizione di causa. Questa conclusione è condivisibile. Per di più la ricorrente non spiega perché l'asserita lesione non sarebbe stata sanata nelle procedure dinanzi al Consiglio di Stato prima e alla Corte cantonale poi, nell'ambito della quale ella ha potuto replicare.  
 
2.2.2. Contrariamente al generico assunto ricorsuale, i giudici cantonali hanno spiegato in maniera esaustiva perché è stato confermato il diniego della richiesta licenza edilizia in sanatoria, ritenendo ininfluenti per il giudizio le prove offerte dalla ricorrente. In effetti, considerato che l'illegalità materiale dell'opera era già stata accertata in maniera definitiva, visto che il diniego di rilasciare una licenza edilizia in sanatoria è stato confermato dal Consiglio di Stato con decisione passata in giudicato, la Corte cantonale doveva pronunciarsi soltanto, rettamente, sulla proporzionalità dell'ordine di demolizione, unico oggetto del litigio. Nella misura in cui la ricorrente insiste sul mancato esperimento di ulteriori accertamenti fattuali che avrebbero potuto militare a favore del rilascio di una licenza edilizia in sanatoria ella, o i dante causa, avrebbero dovuto sollevare tempestivamente tali richieste all'epoca, impugnando la decisione governativa del 6 settembre 2017.  
 
2.3. L'istanza precedente ha emanato il giudizio sulla base degli atti, senza istruttoria, ritenendo che la situazione dei luoghi e dell'oggetto della contestazione emerge con sufficiente chiarezza dalle tavole processuali, in particolare dai piani di progetto e dal materiale fotografico agli atti, nonché dalle immagini visibili su Google Map, richiamando la sentenza 1C_382/2015 del 22 aprile 2016 (consid. 6.5). Non ha quindi proceduto a ulteriori approfondimenti istruttori relativi ai contestati pregiudizi per il bosco e per la sicurezza delle persone, nonché sul limite dell'area boschiva. Sulla base di un apprezzamento anticipato delle prove non ha inoltre esperito il richiesto sopralluogo, confermando l'analogo rifiuto da parte del Consiglio di Stato.  
 
2.4. Il diritto d'essere sentito comprende anche il diritto per l'interessato di consultare l'incarto, di offrire mezzi di prova su punti rilevanti e di esigerne l'assunzione, di partecipare alla stessa e di potersi esprimere sulle relative risultanze nella misura in cui possano influire sulla decisione (DTF 146 IV 218 consid. 3.1.1; 145 I 167 consid. 4.1; 145 IV 99 consid. 1.4 e 3.1).  
Questa garanzia non impedisce tuttavia all'autorità di procedere a un apprezzamento anticipato delle prove richieste e rinunciare ad assumerle, se è convinta che non potrebbero condurla a modificare il suo giudizio: nell'ambito di questa valutazione le spetta un vasto margine di apprezzamento e il Tribunale federale interviene solo in caso di arbitrio (DTF 146 III 73 consid. 5.2.2; 145 I 167 consid. 4.1), i cui estremi non sono realizzati in concreto. Le generiche critiche formulate dalla ricorrente non dimostrano infatti, visto che la lesione del diritto materiale era stata accertata in maniera definitiva, che la rinuncia ad assumere i richiesti mezzi di prova sarebbe costitutiva di un apprezzamento anticipato arbitrario delle prove (DTF 147 IV 534 consid. 2.5.1; 140 I 285 consid. 6.3.1). D'altra parte, con riferimento alla valutazione delle prove e all'accertamento dei fatti, il giudice - che in questo ambito dispone di un ampio margine di apprezzamento - incorre nell'arbitrio soltanto se misconosce manifestamente il senso e la portata di un mezzo di prova, se omette senza valida ragione di tener conto di un elemento di prova importante, suscettibile di modificare l'esito della vertenza, oppure se ammette o nega un fatto ponendosi in aperto contrasto con gli atti di causa o interpretandoli in modo insostenibile (DTF 148 IV 356 consid. 2.1; 148 I 127 consid. 4.3). Questi estremi non sono dimostrati nel caso in esame. 
 
3.  
 
3.1. I giudici cantonali si sono comunque espressi sulla portata della protezione della foresta. L'art. 17 della legge federale sulle foreste del 4 ottobre 1991 (LFo; RS 921.0) stabilisce il principio per cui le costruzioni e gli impianti in vicinanza della foresta sono ammissibili soltanto se non ne pregiudicano la conservazione, la cura e l'utilizzazione (cpv. 1); i Cantoni prescrivono per costruzioni e impianti un'adeguata distanza minima dalla foresta, in funzione della situazione di quest'ultima e dell'altezza prevedibile dei suoi alberi (cpv. 2); per gravi motivi le autorità competenti possono autorizzare la riduzione della distanza minima, subordinandola a oneri e condizioni (cpv. 3). Come osservato dalla Corte cantonale, le norme sulle distanze dal bosco perseguono scopi molteplici. Quali norme di polizia edilizia mirano a proteggere le costruzioni e gli impianti dal pericolo di caduta degli alberi, dagli incendi, dall'umidità e dall'ombra; come norme di polizia forestale tendono invece a preservare il bosco dalle immissioni dannose provocate dagli edifici, segnatamente proteggendolo dal fuoco e salvaguardandone il valore ecologico (sentenze 1C_98/2016 del 1° settembre 2016 consid. 2.2 e 1C_415/2014 del 1° ottobre 2015 consid. 2.5).  
Nel Canton Ticino, la distanza dal bosco è disciplinata dall'art. 6 della legge cantonale sulle foreste del 21 aprile 1998 (LCFo; RL 921.100), norma che nella sua versione attuale, entrata in vigore il 1° gennaio 2016 (insieme agli art. 13 segg. del relativo regolamento), dispone che le costruzioni di superficie, interrate e sotterrane, devono rispettare la distanza minima dal bosco di 10.00 m (cpv. 1 primo periodo); in casi eccezionali e con il consenso dell'autorità cantonale (avviso vincolante), il Municipio può concedere deroghe sino a 6.00 m dal bosco (cpv. 1 secondo periodo); il Consiglio di Stato può definire distanze minime dal bosco inferiori e inderogabili per determinate costruzioni minori o accessorie (cpv. 2). 
Sono costruzioni minori o accessorie quelle costruzioni, o parti di costruzione, che di regola per ingombro e destinazione non arrecano pregiudizio alla conservazione, alla cura e all'utilizzazione del bosco (art. 13b cpv. 1 del regolamento LCFo del 22 ottobre 2002; RLCFo; RL 921.110); le costruzioni minori o accessorie possono sorgere fino a 6.00 m, rispettivamente 2.00 m, dal limite del bosco (cpv. 2) secondo quanto indicato nell'Allegato del RLCFo, che fornisce un elenco a titolo esemplificativo di suddette opere, nel quale non sono indicate le piscine (cfr. SARAH SOCCHI, II bosco accorcia le distanze, in: RtiD I-2016 pag. 279 segg., 299 segg., n. 3.4.4). 
 
3.2. La ricorrente fa valere che la Corte cantonale avrebbe proceduto a un accertamento manifestamente errato dei fatti, lesivo dell'art. 25 cpv. 1 LPAmm, secondo cui l'autorità amministrativa li accerta d'ufficio, non è vincolata alle domande di prova delle parti e valuta le prove secondo libero convincimento. Ciò poiché l'istanza precedente non avrebbe accertato la distanza esatta della piscina dal limite del bosco.  
 
3.2.1. Il Tribunale federale fonda la sua sentenza sui fatti accertati dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF); può rettificarli o completarli d'ufficio se tale accertamento è stato svolto in modo manifestamente inesatto, vale a dire arbitrario (DTF 147 I 73 consid. 2.2; 145 V 188 consid. 2), o in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF e l'eliminazione del vizio può essere determinante per l'esito del procedimento (art. 97 cpv. 1 e art. 105 cpv. 2 LTF; DTF 148 IV 409 consid. 2.2). Come visto, quest'ultima condizione non è adempiuta in concreto.  
 
3.2.2. La Corte cantonale ha rilevato che nel caso in esame l'esistenza di una violazione materiale del diritto, consistente nel mancato rispetto della distanza minima dal bosco sancita all'art. 6 LCFo, è stata stabilita con la decisione governativa del 6 settembre 2017, passata incontestata in giudicato. Nella stessa è stato accertato che la piscina è ubicata a ca. 7.00 m dall'area forestale e ch'essa non rientra tra le costruzioni minori accessorie o di cui all'Allegato del RLCFo, né potrebbe ottenere una deroga ai sensi degli art. 6 cpv. 1 LCFo e 13a RLCFo. La Corte cantonale, ritenuto che nel frattempo non vi sono state modifiche di fatto o di diritto rilevanti suscettibili, con buona probabilità, di legalizzare l'opera abusiva, richiamando al riguardo le sentenze 1C_215/2014 dell'11 dicembre 2014 (consid. 3.2 e 3.4) e 1C_911/2013 del 19 novembre 2014 (consid. 2.2.3), ne ha concluso che l'illegalità dell'opera litigiosa non può essere rimessa in discussione.  
 
3.2.3. La ricorrente censura, in maniera generica, il fatto che non sarebbe stata determinata concretamente e correttamente la distanza dal bosco, né accertata in maniera precisa quella dalla piscina al limite dello stesso. Ciò poiché negli ultimi venti anni la situazione dei luoghi avrebbe subito non meglio specificate modificazioni radicali. Al riguardo osserva, a ragione, che come rettamente rilevato nella sentenza impugnata, questa questione doveva essere esaminata, come avvenuto, nel quadro del rilascio di un'eventuale licenza in sanatoria. Questa regola può subire delle eccezioni, negate però nel caso in esame dalla Corte cantonale, che non ha ravvisato nessuna modifica di fatto o di diritto rilevante, suscettibili, con una buona probabilità, di legalizzare l'opera litigiosa mediante l'inoltro di un'istanza di riesame, rispettivamente l'avvio di una nuova procedura volta al rilascio del necessario permesso.  
Al riguardo la ricorrente si limita a produrre tre immagini aeree della sua particella, asserendo che l'estensione dell'area boschiva sarebbe stata sostanzialmente ridotta, verosimilmente al momento della realizzazione di una stradina. Questa generica affermazione, che poteva essere addotta impugnando la decisione governativa del 6 settembre 2017, non dimostra affatto che si sarebbe in presenza di un'eccezione alla citata regola. Ciò a maggior ragione visto che la ricorrente neppure sostiene che la pretesa riduzione dell'area boschiva sarebbe stata oggetto del necessario permesso di dissodamento e quindi ridotta in maniera lecita (cfr. art. 11 cpv. 1 LFo e art. 5 LCFo). L'interessata non adduce d'altra parte che sarebbe stato chiesto tempestivamente un accertamento del carattere forestale del fondo (art. 10 LFo e art. 4 LCFo). La circostanza ch'ella non avrebbe partecipato alla procedura di rilascio della licenza edilizia in sanatoria, sebbene fosse diventata proprietaria lo stesso giorno in cui tale permesso è stato rifiutato, non è decisiva. Qualora i proprietari precedenti non l'avessero informata della procedura edilizia in corso, la sua facoltà di rivalersi sugli stessi rimarrebbe impregiudicata, come rettamente ritenuto dai giudici cantonali. 
 
 
4.  
 
4.1. La Corte cantonale ha stabilito poi che l'ordinata demolizione è giustificata. Ha ritenuto che gli obblighi fondati sul diritto edilizio sono imponibili a ogni proprietario del fondo interessato, e quindi, secondo la sua prassi e la dottrina, anche ai successori in diritto. Ha considerato che in caso di alienazione del fondo, l'ordine di ripristino può pertanto essere impartito anche al nuovo proprietario quale successore del venditore e che la malafede del proprietario precedente è opponibile anche all'acquirente in buona fede (cfr. sentenza 52.2007.138 del 4 agosto 2011 consid. 2.1, parzialmente pubblicata in: ATHOS MECCA/DANIEL PONTI, Legge edilizia annotata, 2a ed. 2016, pag. 286; ADELIO SCOLARI, Commentario [LALPT, LE e LAC], 1996, n. 1307 ad art. 43 LE). Ha quindi respinto la tesi della ricorrente secondo cui il Municipio avrebbe dovuto intimare l'ordine di demolizione ai proprietari precedenti, che hanno costruito l'opera abusiva e che sono perturbatori per comportamento, mentre lei sarebbe soltanto perturbatrice per situazione. Ciò poiché, avendo nel frattempo acquistato la particella xxx, ella subentra in diritto ai proprietari precedenti, originariamente perturbatori per comportamento e per situazione. Ha rilevato che con l'acquisto del fondo è infatti la ricorrente che attualmente ha il diritto di disporre dello stesso ed è pertanto ad ella che spetta l'obbligo di ripristinarvi una situazione conforme al diritto, rimanendo impregiudicata la sua facoltà di rivalersi sui precedenti proprietari per i connessi inconvenienti economici.  
 
4.2. L'insorgente sostiene che le autorità cantonali non avrebbero potuto ritenere la sua malafede fondandosi sul fatto ch'ella è subentrata quale nuova proprietaria del fondo a quelli precedenti. Sostiene ch'esse sarebbero incorse in un accertamento arbitrario dei fatti, poiché avrebbero misconosciuto la differenza che esiste tra chi ha realizzato l'opera litigiosa e lei, che avrebbe acquistato la particella in buona fede, scoprendo solo in seguito che la piscina è abusiva. Insiste sul fatto che l'abuso edilizio è stato perpetrato da altre persone e che, sebbene possa avere un senso imporre al successore in diritto la demolizione di un'opera abusiva qualora questa leda effettivamente un interesse pubblico concreto, sotto il profilo del principio della proporzionalità e del buon senso non sarebbe sufficiente la volontà di punire chi ha agito in mala fede. Osserva, in maniera appellatoria, che non si potrebbe fare completamente astrazione dell'identità di chi ha commesso l'abuso.  
Ora, secondo la giurisprudenza, con la quale la ricorrente non si confronta del tutto, nel quadro dell'esame del principio di proporzionalità in relazione al ripristino di una situazione conforme al diritto, l'autorità può, in linea di principio, notificare l'ordine di demolizione, alternativamente o cumulativamente, al perturbatore per comportamento o a quello per situazione (DTF 143 I 147 consid. 5; 107 Ia 19 consid. 2a e rinvii; sentenze 1C_180/2021 del 19 agosto 2021 consid. 3.3 e 1C_292/2017 del 15 settembre 2017 consid. 3.1). Il Municipio e la Corte cantonale non sono quindi incorsi nell'arbitrio. 
 
5.  
 
5.1. L'istanza precedente ha osservato infine che la violazione materiale del diritto alla base del criticato provvedimento non è trascurabile, visto che concerne la lesione della distanza minima dal bosco. Dato che neppure lo stabile principale rispetta questa distanza, l'opera litigiosa situata direttamente a ridosso di quest'ultimo consolida e aggrava il contrasto con il diritto. Ne ha concluso che il contestato ordine è quindi sorretto da un evidente interesse pubblico al ristabilimento della legalità. Ha poi ritenuto che i costi che comporterà la demolizione della piscina implicheranno certamente un aggravio economico non indifferente. Al riguardo ha sottolineato che l'opera è stata tuttavia realizzata intenzionalmente in evidente e incontestabile malafede. Ha considerato poi, rettamente, che i lavori sono stati portati a termine in dispregio dell'ordine di sospenderli e del diniego della licenza edilizia in sanatoria, ciò che ha evidentemente contribuito, a causa dell'agire degli interessati, ad aumentare i costi del ripristino. Ha ritenuto che di fronte a un abuso definito tanto plateale, commesso per di più in malafede, il provvedimento litigioso non appare per nulla sproporzionato, visto che ogni altro intervento meno incisivo implicherebbe un'accettazione dell'abuso, che non può prevalere sull'interesse pubblico al rispetto del principio di legalità. Ha stabilito infine che la demolizione non è impossibile e che l'ordine di ripristino non può essere surrogato da una sanzione pecuniaria.  
 
5.2. Il principio della proporzionalità esige che il provvedimento sia idoneo e necessario a raggiungere lo scopo prefisso e che sussista un rapporto ragionevole tra questo scopo e i mezzi impiegati, rispettivamente gli interessi compromessi (art. 36 cpv. 3 Cost.; DTF 148 I 160 consid. 7.10; 148 II 392 consid. 8.2.1-8.2.4), condizioni adempiute nel caso in esame. Certo, l'ordinata demolizione comporterà oneri ingenti, non meglio precisati dalla ricorrente ma, come ritenuto dal Tribunale cantonale amministrativo, essi non permettono di rinunciare al ripristino e di sostituirlo con una sanzione pecuniaria. In effetti, sebbene anche la proprietaria che ha eretto un'opera abusiva in mala fede possa invocare il principio della proporzionalità, in un tal caso, nella ponderazione dei contrapposti interessi, l'autorità, per motivi di principio, quali la tutela della parità di trattamento e il rispetto delle norme edilizie, può attribuire all'interesse del ripristino della situazione conforme al diritto un peso accresciuto e trascurare o considerare solo parzialmente i pregiudizi e gli svantaggi derivanti all'interessata dall'ordine di demolizione (DTF 132 II 21 consid. 6.4; 123 II 248 consid. 4a).  
Il principio della legalità e quello dell'uguaglianza esigono infatti che le costruzioni, come quella litigiosa, realizzate senza autorizzazione e che sono in contrasto col diritto materiale, devono essere rettificate o demolite, poiché altrimenti sarebbe premiata l'inosservanza della legge: chi pone l'autorità di fronte al fatto compiuto deve quindi aspettarsi che, di fronte agli inconvenienti che gli derivano da un ordine di demolizione, prevalga il ripristino di una situazione conforme al diritto, ciò che non viola il principio di proporzionalità (DTF 132 II 21 consid. 6.4; sentenze 1C_376/2021 dell'11 aprile 2023 consid. 3.4 e 1C_619/2014 del 24 febbraio 2015 consid. 4, in: RtiD II-2015 n. 14 pag. 53). L'accenno ricorsuale agli svantaggi non indifferenti derivanti dal provvedimento di ripristino, segnatamente i costi per la demolizione dell'opera abusiva, nonché non meglio precisati inconvenienti di natura pratica che ne deriverebbero, non violano il principio di proporzionalità. Il criticato provvedimento è infatti sorretto da un evidente e prevalente interesse pubblico. La ricorrente disattende inoltre che la garanzia di cui all'art. 26 cpv. 1 Cost. non tutela la proprietà in maniera illimitata, ma soltanto nei limiti fissati nell'interesse pubblico dall'ordinamento giuridico, segnatamente in concreto quelli pianificatori ed edilizi stabiliti dalle norme di attuazione del piano regolatore e dalla LCFo, da essa palesemente disattesi (DTF 146 I 70 consid. 6.1; 145 I 156 consid. 4.1; 145 II 140 consid. 4.1). 
 
6.  
Ne segue che, in quanto ammissibile, il ricorso dev'essere respinto. Le spese seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF). 
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.  
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2.  
Le spese giudiziarie di fr. 4'000.-- sono poste a carico della ricorrente. 
 
3.  
Comunicazione ai patrocinatori delle parti, al Dipartimento del territorio, Ufficio delle domande di costruzione, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino. 
 
 
Losanna, 2 febbraio 2024 
 
In nome della I Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Kneubühler 
 
Il Cancelliere: Crameri