2C_606/2023 02.05.2024
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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
2C_606/2023  
 
 
Sentenza del 2 maggio 2024  
 
II Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Aubry Girardin, Presidente, 
Ryter, Kradolfer, 
Cancelliere Savoldelli. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
patrocinato dall'avv. Emanuele Ganser, 
ricorrente, 
 
contro 
 
Sezione della popolazione, 
Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino, 
Residenza governativa, 6500 Bellinzona, 
 
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, 
Residenza governativa, 6500 Bellinzona. 
 
Oggetto 
Permesso per frontalieri UE/AELS, 
 
ricorso in materia di diritto pubblico contro la sentenza emanata il 28 settembre 2023 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino (52.2023.199). 
 
 
Fatti:  
 
A.  
A.________ è un cittadino italiano nato nel... e residente a Como (IT). Il 20 marzo 2013 ha chiesto alla Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino un'autorizzazione per frontalieri UE/AELS per svolgere l'attività di fiduciario nel nostro Paese. 
Il permesso gli è stato concesso e quindi rinnovato, con ultimo termine di controllo al 31 marzo 2023. 
 
B.  
Con decisione del 26 aprile 2022, l'autorità menzionata ha revocato il permesso per frontalieri UE/AELS concesso a A.________ per motivi di ordine pubblico. Ha infatti appreso che, il 10 giugno 2020, egli era stato condannato in Italia ad una pena di 1 anno e 10 mesi di reclusione per bancarotta fraudolenta e per avere fornito, quale professionista incaricato della tenuta della contabilità di una società, delle informazioni false, che non corrispondevano alla situazione economica, patrimoniale e finanziaria della medesima. 
La liceità della decisione della Sezione della popolazione è stata confermata sia dal Consiglio di Stato (26 aprile 2023) che dal Tribunale amministrativo ticinese, con sentenza del 28 settembre 2023. 
 
C.  
Con ricorso del 31 ottobre 2023, A.________ ha impugnato questo giudizio davanti al Tribunale federale chiedendone l'annullamento e che, in sua riforma, l'incarto sia rinviato alla Sezione della popolazione per il rinnovo del permesso per frontalieri UE/AELS. Domanda inoltre la concessione dell'effetto sospensivo al gravame. 
L'istanza inferiore e la Sezione della popolazione hanno proposto il rigetto del ricorso. Il Consiglio di Stato ticinese si è rimesso al giudizio di questa Corte federale, mentre la Segreteria di Stato della migrazione ha rinunciato a pronunciarsi. Con decreto del 3 novembre 2023 il Tribunale federale ha concesso l'effetto sospensivo richiesto. In replica, l'insorgente ha confermato la propria posizione. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. Giusta l'art. 83 lett. c n. 2 LTF, il ricorso in materia di diritto pubblico è inammissibile contro le decisioni in materia di diritto degli stranieri concernenti permessi o autorizzazioni al cui ottenimento né il diritto federale né il diritto internazionale conferiscono un diritto. Siccome l'insorgente è di nazionalità italiana e può di principio richiamarsi all'accordo del 21 giugno 1999 sulla libera circolazione delle persone (ALC; RS 0.142.112.681), la causa sfugge però alla citata clausola d'eccezione (sentenza 2C_366/2023 del 16 gennaio 2024 consid. 1.1).  
 
1.2. Il gravame è stato presentato nei termini (art. 100 cpv. 1 LTF), contro una decisione finale di un tribunale superiore (art. 86 cpv. 1 lett. d e cpv. 2; art. 90 LTF) e da una persona che ha legittimazione ad insorgere (art. 89 cpv. 1 LTF), di modo che esso va esaminato quale ricorso in materia di diritto pubblico (art. 82 segg. LTF).  
 
2.  
 
2.1. Di principio, in presenza di un confronto con i contenuti del giudizio impugnato (art. 42 cpv. 2 LTF), il Tribunale federale applica il diritto federale d'ufficio (art. 106 cpv. 1 LTF). Esigenze più severe valgono però in relazione alla lesione di diritti fondamentali, che va denunciata con precisione (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 143 II 283 consid. 1.2.2).  
Per quanto riguarda i fatti, esso fonda il suo ragionamento sugli accertamenti svolti dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF), scostandosene solo se sono stati eseguiti ledendo il diritto ai sensi dell'art. 95 LTF o in modo manifestamente inesatto, cioè arbitrario (art. 105 cpv. 2 LTF; DTF 140 III 115 consid. 2), ciò che va dimostrato presentando una critica precisa (art. 106 cpv. 2 LTF). A meno che non ne dia motivo la decisione impugnata (art. 99 cpv. 1 LTF), il Tribunale federale non tiene neppure conto di fatti o mezzi di prova nuovi, i quali non possono comunque essere posteriori al querelato giudizio (nova in senso proprio; DTF 139 III 120 consid. 3.1.2). 
 
2.2. Il ricorso rispetta i requisiti di motivazione esposti soltanto in parte. Per quanto li disattenda, esso non può essere quindi approfondito. Inoltre, siccome l'insorgente non li mette validamente in discussione - con una motivazione che ne dimostri un accertamento arbitrario (art. 106 cpv. 2 LTF) - i fatti che emergono dalla sentenza impugnata vincolano il Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF).  
In effetti, l'arbitrio nell'accertamento dei fatti e/o nell'apprezzamento delle prove è dato solo se l'istanza inferiore non ha manifestamente compreso il senso e la portata di un mezzo di prova, ha omesso di considerare un mezzo di prova pertinente senza un serio motivo, o se ha tratto delle deduzioni insostenibili (DTF 143 IV 500 consid. 1.1). Di conseguenza, chi ricorre per lamentarsene non può limitarsi a denunciare errori o imprecisioni - come fa il ricorrente, in particolare anche in relazione "all'errata valutazione del momento della commissione dei fatti all'origine dei reati" che gli sono stati ascritti - ma deve argomentare, per ogni accertamento criticato, in che modo le prove avrebbero dovuto essere valutate, perché l'apprezzamento dell'autorità sia insostenibile e in che misura la lesione invocata sarebbe suscettibile d'influenzare l'esito del litigio (art. 97 cpv. 1 LTF; DTF 143 IV 500 consid. 1.1; sentenza 2C_496/2023 del 5 ottobre 2023 consid. 5.2). 
 
3.  
Il Tribunale amministrativo ha confermato la correttezza della decisione della Sezione della popolazione. Anch'esso ha infatti constatato che la revoca - rispettivamente il diniego del diritto ad un nuovo permesso, raggiunto il termine di controllo (31 marzo 2023) - rispettava: (a) l'accordo sulla libera circolazione delle persone, che ammette una limitazione dei diritti da esso riconosciuti, tra cui quello ad un permesso per frontalieri UE/AELS (art. 3 in relazione con l'art. 7 allegato I ALC), in presenza di una minaccia effettiva e sufficientemente grave dell'ordine pubblico (art. 5 allegato I ALC); (b) il diritto interno, che permette di non rinnovare un permesso per frontalieri ai sensi dell'art. 35 della legge federale del 16 dicembre 2005 sugli stranieri e la loro integrazione (LStrI; RS 142.20) se è dato un motivo di revoca previsto dalla legge (art. 35 cpv. 4 in relazione con l'art. 62 cpv. 1 LStrI); (c) il principio di proporzionalità (art. 96 LStrI; giudizio impugnato, consid. 3-5). 
 
4.  
Nel merito, la sentenza impugnata verte sul diniego del diritto a un permesso per frontalieri UE/AELS da parte della Corte cantonale. 
 
4.1. Sul piano del diritto interno, l'art. 35 LStrI indica che il permesso per frontalieri è rilasciato per un'attività lucrativa entro la zona di frontiera, che esso è di durata limitata, può essere prorogato e vincolato ad altre condizioni (cpv. 1-3). Dall'art. 35 LStrI risulta nel contempo che la proroga del permesso è subordinata all'assenza di motivi di revoca giusta l'art. 62 cpv. 1 LStrI (cpv. 4; sentenze 2C_366/2023 del 16 gennaio 2024 consid. 5.1; 2C_164/2021 del 29 luglio 2021 consid. 3.1).  
Ai cittadini dell'Unione europea, l'ordinamento interno si applica però unicamente se l'accordo sulla libera circolazione delle persone non contiene disposizioni derogatorie o se la legge federale sugli stranieri e la loro integrazione prevede disposizioni più favorevoli (art. 2 cpv. 2 LStrI; sentenza 2C_613/2023 del 16 novembre 2023 consid. 4.1). 
 
4.2. Come tutti i diritti conferiti dalle disposizioni dell'accordo citato, anche il diritto per i lavoratori frontalieri dipendenti, cittadini di una parte contraente, di esercitare un'attività economica nel territorio dell'altra parte contraente (art. 4 ALC; art. 2 cpv. 1 e art. 7 allegato I ALC), può essere limitato solo da misure giustificate da motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza o pubblica sanità conformemente all'art. 5 cpv. 1 allegato I ALC (DTF 139 II 121 consid. 5.3; sentenze 2C_366/2023 del 16 gennaio 2024 consid. 5.2; 2C_164/2021 del 29 luglio 2021 consid. 3.2; 2C_481/2020 del 7 luglio 2020 consid. 3.2).  
Secondo la giurisprudenza, che si orienta alla direttiva CEE 64/221 del 25 febbraio 1964 ed alla prassi della Corte di giustizia dell'Unione europea ad essa relativa (art. 5 cpv. 2 allegato I ALC), l'adozione di misure di allontanamento presuppone la sussistenza di una minaccia effettiva e sufficientemente grave dell'ordine pubblico da parte della persona che ne è toccata. Una condanna può venir presa in considerazione a giustificazione di un simile provvedimento se dalle circostanze che l'hanno determinata emerga un comportamento personale che implica una minaccia attuale per l'ordine pubblico; escluso è quindi che lo stesso possa essere preso a titolo preventivo o dissuasivo. A dipendenza delle circostanze, già la sola condotta tenuta in passato può comunque adempiere i requisiti di una simile messa in pericolo dell'ordine pubblico. Per valutare l'attualità della minaccia, non occorre prevedere quasi con certezza che lo straniero commetterà altre infrazioni; d'altro lato, per rinunciare a misure di ordine pubblico, non si deve esigere che il rischio di recidiva sia nullo. La misura dell'apprezzamento dipende dalla gravità della potenziale infrazione. Tanto più questa appare importante, quanto minori sono le esigenze in merito al rischio di recidiva (DTF 139 II 121 consid. 5.3 e 6.3; 136 II 5 consid. 4.2 seg.; sentenza 2C_366/2023 del 16 gennaio 2024 consid. 5.2). Esaminato il caso nell'ottica dell'art. 5 allegato I ALC, va infine verificato il rispetto del principio della proporzionalità (art. 96 LStrI; sentenze 2C_164/2021 del 29 luglio 2021 consid. 3.2; 2C_617/2020 del 3 marzo 2021 consid. 2.3). 
 
5.  
 
5.1. L'esistenza di un motivo di revoca in base al diritto interno e, più in particolare, all'art. 62 cpv. 1 lett. b LStrI, non è contestabile e non viene del resto contestata. In base alla giurisprudenza relativa a questa norma, una pena privativa della libertà è infatti di lunga durata se è stata pronunciata per più di un anno, a prescindere dal fatto che sia stata sospesa o che vada o sia stata espiata (DTF 135 II 377 consid. 4.2; sentenza 2C_366/2023 del 16 gennaio 20214 consid. 6.1), ciò che è il caso anche nella fattispecie (precedente consid. B, con riferimento alla condanna del 10 giugno 2020, con la quale le autorità italiane hanno comminato al ricorrente una pena di 1 anno e 10 mesi di reclusione).  
Nel contempo, diversamente da quanto sostenuto nell'impugnativa, il Tribunale amministrativo ticinese ha a ragione ammesso anche le condizioni per una limitazione dei diritti garantiti dall'accordo sulla libera circolazione delle persone secondo l'art. 5 allegato I ALC e il rispetto del principio della proporzionalità (successivi consid. 5.2 segg. e 6). 
 
5.2. Come detto, in base a tale norma una condanna può essere motivo per limitare i diritti conferiti dall'ALC se dalle circostanze che l'hanno determinata emerge un comportamento che costituisce una minaccia reale e attuale per l'ordine pubblico (DTF 139 II 121 consid. 5.3).  
La misura dell'apprezzamento dipende dalla gravità della potenziale infrazione: tanto più questa è importante, quanto minori sono le esigenze per ammettere un rischio di recidiva (DTF 145 IV 364 consid. 3.5.2). 
 
5.3. Ora, il Tribunale amministrativo ticinese ha messo correttamente in evidenza che motivi di ordine e sicurezza pubblici atti a giustificare una limitazione della libera circolazione delle persone possono sussistere anche nel caso del compimento di reati di carattere patrimoniale, come quelli compiuti dall'insorgente (DTF 134 II 25 consid. 4.3.1; sentenza 2C_702/2016 del 30 gennaio 2017 consid. 4.1.2).  
Sempre a ragione ha rilevato che gli atti commessi dal ricorrente in relazione alla condanna di 1 anno e 10 mesi di reclusione da lui subita - comminata il 10 giugno 2020, dopo averlo riconosciuto colpevole di bancarotta fraudolenta ed avergli rimproverato di avere fornito informazioni false relative a una società - vanno qualificati come gravi. 
 
5.3.1. Dalla sentenza impugnata rispettivamente dal giudizio penale, cui la prima rinvia, risulta infatti che il reato di bancarotta fraudolenta è stato commesso in modo continuato ed è stato imputato al ricorrente:  
sia per atti compiuti nel periodo in cui quest'ultimo era presidente del consiglio di amministrazione della B.________ Srl (1° giugno 2008-15 luglio 2009; distrazione e dissipamento del patrimonio societario per euro 640'000, a favore di un'altra società, gestita sempre da A.________ in palese conflitto di interessi); 
sia per atti successivi (protrazione dell'attività societaria dopo averne azzerato il patrimonio sociale, causando un aggravamento del dissesto per non meno di euro 718'550; omissione sistematica di adempiere alle obbligazioni erariali per un importo di euro 468'324; occultamento della perdita totale del patrimonio esponendo, nei bilanci 2013, 2014 e 2015, fatti non veri per importi di centinaia di migliaia di euro). 
 
5.3.2. Sempre dal giudizio penale risulta inoltre che al compimento del reato di bancarotta fraudolenta si aggiunge il rimprovero di avere esposto nei bilanci della B.________ Srl, della quale l'insorgente era professionalmente incaricato di gestire la contabilità, dei fatti inveritieri, in modo idoneo a indurre altri in errore, che configura l'ulteriore reato di false comunicazioni sociali (per l'anno 2014, indicazione di crediti inesigibili o inesistenti di euro 395'266 e rimanenze finali sopravvalutate per non meno di euro 105'877; per l'anno 2015, indicazione di crediti inesigibili o inesistenti di euro 392'364 e rimanenze finali sopravvalutate per non meno di euro 137'706).  
 
5.4. In parallelo, è vero che - come indicato anche dall'insorgente - una parte dei fatti rimproveratigli non è recente, perché risale al 2008-2009, e che anche gli ultimi comportamenti delittuosi imputabili allo stesso sono da identificare con l'allestimento inveritiero del bilancio al 31 dicembre 2015, della B.________ Srl, approvato il 27 luglio 2016.  
Altrettanto vero è però che la condanna subita dal ricorrente nel 2020 riguarda atti commessi su un arco di tempo di parecchi anni (dal 2008 alla fine del 2015), è relativa a degli importi che sono ingenti (sempre nell'ordine di centinaia di migliaia di euro; precedente consid. 5.3), ed è stata comminata a una persona che, dopo essere stata Presidente del consiglio di amministrazione della B.________ Srl (1° giugno 2008-15 luglio 2009), aveva l'incarico di tenere la contabilità della stessa società, quale professionista attivo in quell'ambito. 
 
5.5. In considerazione delle circostanze indicate (in particolare, cfr. la durata, la "consistenza economica" dei reati commessi e il ruolo "professionale" ricoperto), che hanno determinato la condanna penale del 10 giugno 2020, era di conseguenza pure lecito che la Corte cantonale affrontasse la questione del rischio di recidiva con grande cautela, dando all'aspetto del tempo trascorso - che è solo uno tra i differenti elementi da considerare (precedente consid. 4.2) - un rilievo minore.  
In effetti, se si può concordare con il ricorrente sul fatto che non è lecito chiedere un rischio di recidiva nullo, va detto che nel suo caso il rigore applicato dai Giudici ticinesi appare comunque giustificato, e questo benché la condanna in discussione sia l'unica da lui finora subita (sentenza 2C_173/2019 del 31 luglio 2019 consid. 5.2.3 e contrario). 
 
5.6. Le ulteriori indicazioni dell'insorgente in relazione all'applicazione dell'art. 5 allegato I ALC non portano infine a un diverso risultato.  
 
5.6.1. Per lo meno in base alla giurisprudenza relativa al diritto svizzero, il solo fatto che la pena comminata dal Giudice penale sia sospesa non è in effetti decisivo perché - nell'incertezza dovuta a una simile prognosi - la pronuncia della sospensione costituisce comunque la regola (DTF 134 IV 1 consid. 4.2.2; sentenze 2C_378/2013 del 21 agosto 2013 consid. 5.5; 2C_4/2011 del 15 dicembre 2011 consid. 3.4.2).  
Nel contempo, il ricorrente non adduce nessun motivo per il quale - nel suo caso, che è relativo ad una condanna pronunciata all'estero e non in Svizzera - la conclusione da trarre dovrebbe essere diversa. 
 
5.6.2. D'altra parte, anche il fatto che la Corte cantonale abbia rilevato che la presente fattispecie è differente da quella trattata nella sentenza 2C_891/2014 del 13 luglio 2015 - in cui il Tribunale federale aveva ammesso un ricorso dopo avere constato che le condizioni previste dall'art. 5 allegato I ALC per limitare la libera circolazione dell'insorgente non erano rispettate - non appare criticabile.  
Anche se è vero che i due casi possono presentare delle analogie, va infatti rilevato che in quella fattispecie, già considerata dal Tribunale federale come un "caso limite", le somme in discussione erano meno importanti (si parlava infatti di un importo totale di fr. 724'341.38). Inoltre, dopo avere delinquito nell'ambito in cui aveva lavorato, il ricorrente aveva cambiato settore di attività, ciò che non è qui avvenuto, perché A.________ continua ad essere attivo in ambito fiduciario sia in Svizzera (a titolo dipendente) che in Italia (a titolo indipendente). 
 
5.6.3. Contrariamente a quanto sostenuto nell'impugnativa, occorre in effetti anche raggiungere che il proseguimento dell'attività nello stesso settore nel quale il ricorrente ha commesso reati per un lasso di tempo lungo (2008-2015), non può che essere giudicato negativamente, nonostante nell'impugnativa si sottolinei che egli opererebbe ora sotto la responsabilità di altre persone, in possesso dell'autorizzazione prevista dalla legislazione ticinese (sentenze 2C_123/2021 del 5 marzo 2021 consid. 6.3; 2C_173/2019 del 31 luglio 2019 consid. 5.2.3).  
Nello stesso contesto, non può poi nemmeno sfuggire un ulteriore aspetto, ovvero che, in base ai fatti che risultano dal giudizio impugnato, che vincolano il Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF; precedente consid. 2.2), il ricorrente lavora nel Cantone Ticino a titolo dipendente (al 20 %), ma in Italia continua ad essere attivo come commercialista indipendente (al 60 %), di modo che - come in passato - egli potrebbe anche delinquere su suolo italiano, dove esercita in piena autonomia. 
 
6.  
Confermato il sussistere di una minaccia reale, attuale e di una certa gravità per l'ordine pubblico, va infine rilevato che la sentenza impugnata non lede neppure il principio della proporzionalità, come viene sostenuto - ma sempre a torto - nell'impugnativa (art. 96 cpv. 2 LStrI). 
 
6.1. In effetti, il rifiuto del diritto al rinnovo del permesso per frontalieri UE/AELS, a seguito delle condanna subita in Italia non obbliga l'insorgente a spostare il centro dei suoi interessi personali e non pone pertanto particolari problemi di adattamento, poiché lo stesso già vive a Como (IT), a ridosso del confine con al Svizzera.  
 
6.2. Anche sul piano professionale il pregiudizio è inoltre poco marcato, dato che il ricorrente lavora attualmente in Svizzera solo al 20 % e per il resto è attivo in Italia, dove esercita a titolo indipendente quale commercialista (al 60 %) e dal giudizio impugnato, che anche su questo aspetto non è messo validamente in discussione (art. 105 cpv. 1 LTF), non emergono nemmeno ostacoli particolari ad un suo reinserimento al 100 % nel mercato del lavoro lombardo o di un'altra regione italiana (in senso conforme, cfr. le sentenze 2C_613/2023 del 16 novembre 2023 consid. 7.2; 2C_481/2020 del 7 luglio 2020 consid. 5.3.1).  
 
6.3. Già alla luce del fatto che in Italia il ricorrente svolge la libera professione di commercialista e che proprio in tale contesto egli ha delinquito anche in passato, non si può in conclusione nemmeno rimproverare alle autorità ticinesi di non avere considerato che egli svolge in Svizzera solo un'attività limitata al 20 % e che il rischio che compia reati in relazione alla professione sarebbe quindi limitato a questa percentuale. Come dimostra il caso in esame, relativo a una condanna subita all'estero, per valutare i criteri previsti dall'art. 5 allegato I ALC, vanno infatti considerati i comportamenti penalmente rilevanti nel loro complesso, non solo quelli su suolo elvetico (sentenza 2C_499/2023 del 24 gennaio 2024 consid. 4.3).  
 
7.  
Per quanto precede, il ricorso dev'essere respinto. Le spese giudiziarie seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF). Non si assegnano ripetibili (art. 68 cpv. 3 LTF). 
 
 
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.  
Il ricorso è respinto. 
 
2.  
Le spese giudiziarie di fr. 2'000.-- sono poste a carico del ricorrente. 
 
3.  
Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, alla Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni, al Consiglio di Stato, al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino e alla Segreteria di Stato della migrazione. 
 
 
Losanna, 2 maggio 2024 
 
In nome della II Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
La Presidente: F. Aubry Girardin 
 
Il Cancelliere: Savoldelli