6B_1524/2022 07.06.2024
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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
6B_1524/2022  
 
 
Sentenza del 7 giugno 2024  
 
I Corte di diritto penale  
 
Composizione 
Giudici federali Jacquemoud-Rossari, Presidente, 
Denys, Muschietti, van de Graaf, von Felten, 
Cancelliere Gadoni. 
 
Partecipanti al procedimento 
Ministero pubblico del Cantone Ticino, Palazzo di giustizia, via Pretorio 16, 6901 Lugano, 
ricorrente, 
 
contro 
 
A.________, 
patrocinato dall'avv. Ergin Cimen, 
opponente. 
 
Oggetto 
Truffa, 
 
ricorso in materia penale contro la sentenza 
emanata il 16 novembre 2022 dalla Corte di appello 
e di revisione penale del Cantone Ticino 
(incarto n. 17.2022.117+125+136). 
 
 
Fatti:  
 
A.  
A.________ era l'azionista e l'amministratore unico della B.________ SA, società attiva nel settore edilizio. Nei mesi di gennaio e di febbraio del 2020 egli ha ceduto gratuitamente il 50 % del pacchetto azionario a C.________, che in passato gli aveva concesso un prestito personale di fr. 11'000.--, rimborsato da A.________ soltanto in misura di fr. 1'000.--. A C.________ era inoltre stata conferita una procura individuale su una relazione bancaria intestata alla società presso la banca D.________ SA. 
Il 27 marzo 2020, C.________ ha inoltrato a detta banca, per conto della B.________ SA, una richiesta di credito Covid-19 ai sensi dell'ordinanza del 25 marzo 2020 concernente la concessione di crediti e fideiussioni solidali in seguito al coronavirus (ordinanza sulle fideiussioni solidali COVID-19, OFis-COVID-19; RS 951.261). La domanda è stata accolta e, il 1° aprile 2020, l'importo di fr. 20'000.-- è stato accreditato sulla citata relazione bancaria intestata alla società. Lo stesso giorno, tale importo è stato bonificato (con la causale "rientro") sul conto privato personale di A.________, che a sua volta, il 3 aprile 2020, ha girato la somma di fr. 10'000.-- su un conto intestato a C.________, indicando quale causale "rimborso prestito". 
 
B.  
In relazione a tali fatti, con atto di accusa del 1° ottobre 2020 il Procuratore pubblico del Cantone Ticino (PP) ha promosso l'accusa nei confronti di A.________ per il reato di truffa, commessa in correità con C.________, e, quali imputazioni subordinate, per i reati di amministrazione infedele aggravata e di contravvenzione all'OFis-COVID-19. 
 
C.  
Con sentenza del 23 dicembre 2021, il Giudice della Pretura penale ha riconosciuto A.________ autore colpevole di truffa, per avere nel periodo dal 27 marzo 2020 al 3 aprile 2020, per procacciare a sé o ad altri un indebito profitto, in qualità di amministratore unico di B.________ SA, in correità con C.________, ingannato con astuzia i funzionari della banca D.________ SA, ottenendo abusivamente un prestito Covid-19 di fr. 20'000.--, avendo fin dall'inizio la volontà di utilizzare il denaro a fini personali. A.________ è stato condannato alla pena pecuniaria di 40 aliquote giornaliere di fr. 240.-- ciascuna, per complessivi fr. 9'600.--, sospesa condizionalmente per un periodo di prova di tre anni, e alla multa di fr. 500.--. Il Giudice della Pretura penale ha per contro rifiutato di ordinare l'espulsione dell'imputato dal territorio svizzero. 
 
D.  
Contro il giudizio di primo grado, A.________ ha adito la Corte di appello e di revisione penale (CARP). Il PP ha dal canto suo presentato un appello incidentale. Con sentenza del 16 novembre 2022, la Corte cantonale ha accolto l'appello dell'imputato e lo ha prosciolto da tutte le imputazioni. Ha contestualmente respinto l'appello incidentale del magistrato inquirente. 
 
E.  
Il PP impugna questa sentenza con un ricorso in materia penale del 23 dicembre 2022 al Tribunale federale, chiedendo in via principale di annullarla, di dichiarare l'imputato autore colpevole di truffa e di condannarlo alla pena detentiva di 90 giorni, sospesa condizionalmente per un periodo di prova di tre anni, nonché all'espulsione dal territorio svizzero per un periodo di cinque anni. In via subordinata, qualora non siano realizzati i presupposti del reato di truffa, il ricorrente chiede che l'imputato sia condannato per i reati di amministrazione infedele e di contravvenzione all'OFis-COVID-19. In via ulteriormente subordinata, il ricorrente postula l'annullamento del giudizio impugnato e il rinvio degli atti alla Corte cantonale per una nuova decisione ai sensi dei considerandi. Il ricorrente fa valere la violazione del diritto federale. 
Con la risposta, l'opponente ha chiesto di respingere il ricorso. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
La decisione impugnata, di carattere finale (art. 90 LTF), è stata pronunciata in una causa in materia penale (art. 78 cpv. 1 LTF), da un'autorità di ultima istanza cantonale (art. 80 cpv. 1 LTF). La legittimazione del ricorrente è data (art. 81 cpv. 1 lett. b n. 3 LTF). Il ricorso è tempestivo (art. 100 cpv. 1 LTF) ed è sotto i citati aspetti ammissibile. 
 
2.  
 
2.1. Il ricorrente lamenta la violazione dell'art. 146 CP, adducendo che la Corte cantonale avrebbe negato a torto l'esistenza di un danno. Contesta che la pretesa di rimborso del credito fosse economicamente sicura. Sostiene che la banca non avrebbe certamente concesso il credito Covid-19 se fosse stata a conoscenza del fatto ch'esso non sarebbe stato utilizzato dall'opponente per le esigenze di liquidità della società, bensì per scopi illeciti, contrari all'art. 6 OFis-COVID-19, in particolare per il rimborso di prestiti personali. Secondo il ricorrente, la pretesa di rimborso della banca sarebbe stata messa in pericolo dall'utilizzazione abusiva del credito Covid-19, mentre il fatto che l'importo del credito sia stato successivamente restituito non escluderebbe la truffa, giacché la diminuzione del patrimonio si è verificata già al momento della conclusione del contratto.  
 
2.2.  
 
2.2.1. Giusta l'art. 146 cpv. 1 CP, si rende colpevole di truffa chiunque, per procacciare a sé o ad altri un indebito profitto, inganna con astuzia una persona affermando cose false o dissimulando cose vere, oppure ne conferma subdolamente l'errore inducendola in tal modo ad atti pregiudizievoli al patrimonio proprio o altrui. Sotto il profilo oggettivo, il reato presuppone un inganno astuto, un errore della vittima, un atto pregiudizievole agli interessi patrimoniali suoi o altrui, un danno (DTF 122 IV 246 consid. 3a), nonché un nesso causale tra l'inganno astuto e l'atto di disposizione patrimoniale (DTF 128 IV 255 consid. 2e/aa).  
 
2.2.2. Sussiste un danno se, in seguito all'atto di disposizione motivato dall'errore in cui è tratta la persona ingannata, il valore complessivo del patrimonio del danneggiato si riduce effettivamente (DTF 147 IV 73 consid. 6.1). Il danno può consistere in una diminuzione degli attivi, in un aumento dei passivi, in una mancata diminuzione dei passivi o in un mancato aumento degli attivi, oppure ancora in una messa in pericolo del patrimonio tale da comportare una diminuzione del suo valore economico. Ciò è il caso qualora, nell'ambito dell'allestimento diligente del bilancio, occorra procedere a rettifiche di valore o ad accantonamenti (v. DTF 142 IV 346 consid. 3.2). Un danno temporaneo o provvisorio è sufficiente. Secondo la giurisprudenza, il danno può configurarsi come una messa in pericolo del patrimonio laddove il mutuatario inganna il mutuante, tra l'altro, sulla sua capacità di rimborso, ossia sulla sua solvibilità, e quindi sulla sicurezza della pretesa di rimborso, rispettivamente sulla sua volontà di rimborso. Il mutuo concesso si rivela in tal caso meno sicuro di quanto previsto dal mutuante, ciò che comporta una diminuzione del valore del mutuo nel bilancio del mutuante a causa del rischio accresciuto di un mancato rimborso. Il danno si produce al momento della conclusione del contratto di mutuo, essendo il momento in cui un mutuo è concesso a condizioni più favorevoli di quelle che sarebbero state poste senza l'inganno, indipendentemente dall'esistenza di garanzie a copertura del mutuo, giacché la solvibilità del mutuatario condiziona il tasso d'interesse stipulato. Poiché un danno temporaneo o provvisorio è sufficiente, un successivo risarcimento non esclude la truffa; un rimborso del mutuo conforme alle pattuizioni contrattuali non può infatti eliminare la diminuzione del patrimonio occorsa già al momento della conclusione del contratto (sentenza 6B_271/2022 dell'11 marzo 2024 consid. 5.2.1 e rinvii, destinata a pubblicazione).  
In materia di concessione di crediti Covid-19, il Tribunale federale ha rilevato che, concedendo un simile credito sulla scorta delle false informazioni fornite dal richiedente, la banca, ingannata sull'adempimento delle condizioni poste dall'OFis-COVID-19, compie un atto di disposizione patrimoniale. Alla stregua di una truffa triangolare, il danno è tuttavia subito dal fideiussore, quantomeno nella forma di una messa in pericolo del patrimonio, essendo garante per il soddisfacimento del debito contratto dal richiedente (v. art. 492 e 496 CO) e rischiando dunque l'escussione della fideiussione solidale (sentenza 6B_271/2022, citata, consid. 5.2.2 e riferimenti). 
 
2.3. La Corte cantonale ha ritenuto che l'atto di accusa fosse incompleto riguardo alla descrizione del danno. Ha tuttavia rinunciato a rinviarlo al PP giusta l'art. 329 cpv. 2 CPP, giacché l'imputato non aveva contestato la violazione del principio accusatorio ed aveva potuto difendersi contestando l'esistenza del danno, il quale doveva in ogni caso essere negato nella fattispecie. La CARP ha infatti considerato che la pretesa di rimborso della banca, di fr. 20'000.--, era interamente coperta e quindi economicamente sicura. Ciò, per il fatto che sia il 27 marzo 2020, ossia quando è stato concesso il credito Covid-19, sia il 1° aprile 2020, vale a dire al momento in cui l'importo è stato accreditato sul conto, il saldo della relazione intestata alla B.________ SA ammontava a fr. 30'430.62, rispettivamente a fr. 30'399.62. La Corte cantonale ha inoltre ritenuto che questa circostanza era comprovata dal fatto che il 23 giugno 2020 l'intera somma di fr. 20'000.-- è stata restituita alla banca.  
 
2.4.  
 
2.4.1. Come detto, la CARP non ha tratto conclusioni da un'eventuale incompletezza dell'atto di accusa, ma ha esaminato nel merito la questione del danno quale elemento costitutivo del reato di truffa, negandone in concreto l'adempimento. In tali circostanze, non occorre vagliare la censura di violazione del principio accusatorio e di violazione del diritto di essere sentito per non avere consentito alle parti di esprimersi preventivamente riguardo ad un'eventuale carenza dell'atto di accusa.  
 
2.4.2. Nel merito, la Corte cantonale ha negato l'esistenza di un danno fondandosi essenzialmente sull'ammontare del saldo attivo (superiore a fr. 30'000.--) del conto intestato alla B.________ SA al momento della concessione del credito Covid-19, nonché sull'effettiva restituzione del credito Covid-19 avvenuta successivamente.  
Il credito Covid-19, garantito da fideiussione solidale, era tuttavia destinato specificatamente a coprire le necessità correnti di liquidità della società richiedente derivanti dall'epidemia di coronavirus (art. 6 cpv. 1 OFis-COVID-19; cfr. art. 2 cpv. 1 della legge federale del 18 dicembre 2020 concernente i crediti garantiti da una fideiussione solidale in seguito al coronavirus, legge sulle fideiussioni solidali COVID-19, LFiS-COVID-19; RS 951.26). Il credito ottenuto poteva quindi essere utilizzato unicamente per coprire il fabbisogno finanziario connesso all'attività operativa della B.________ SA, in altre parole per sopperire alla mancanza di liquidità consecutiva al calo dei ricavi in seguito alla crisi innescata dal coronavirus e per scongiurare l'insolvenza. L'art. 6 cpv. 3 OFis-COVID-19 escludeva pertanto espressamente, per la durata della fideiussione solidale, una serie di operazioni finanziarie e commerciali. Nel complesso, tale norma mirava a evitare il deflusso di liquidità e, segnatamente, a impedire che i crediti ricevuti in virtù dell'OFis-COVID-19 fossero impiegati, direttamente o indirettamente, per scopi diversi da quello previsto, ossia il mantenimento della continuità operativa dell'attività economica (spiegazioni del 14 aprile 2020 dell'Amministrazione federale delle finanze [AFF] all'Ordinanza sulle fideiussioni COVID-19, pag. 10, ad art. 6 OFis-COVID-19). Costituiva altresì una sorta di incentivo a un sollecito ammortamento del credito nella prospettiva di riacquisire una piena libertà imprenditoriale (v. FF 2020 7452 seg., n. 5.2 ad art. 2 LFiS-COVID-19; sentenza 6B_271/2022, citata, consid. 3.2.3). 
Nella fattispecie, l'opponente ha prelevato immediatamente l'intero importo del credito Covid-19 concesso dalla banca, impiegandolo per scopi estranei a quelli consentiti dall'esposta normativa. La somma in questione non è stata utilizzata per le esigenze di liquidità correnti della società, che subiva un notevole pregiudizio economico a seguito della pandemia di coronavirus (cfr. art. 3 cpv. 1 lett. c OFis-COVID-19), bensì per gli scopi personali dell'opponente. La distrazione da parte sua dei fondi della società, destinati esclusivamente a fare fronte alle necessità immediate della stessa, allo scopo di rimborsare asseriti prestiti personali, ha accresciuto il rischio di un mancato rimborso del credito Covid-19. Nonostante l'esistenza di un saldo attivo sul conto della società al momento della concessione del credito, il prelievo dell'intero importo di tale credito da parte dell'opponente, in una situazione economica della società già aggravata dalla pandemia, ha pregiudicato la sicurezza della pretesa di rimborso della banca. Ciò ha messo in pericolo il patrimonio del fideiussore, che, in quanto garante per il soddisfacimento del debito contratto dalla richiedente, rischiava l'escussione della fideiussione solidale. Poiché, come visto, il danno si produce già al momento della conclusione dell'accordo di credito ed è sufficiente che sia provvisorio o temporaneo, il fatto che il credito sia stato successivamente rimborsato non esclude una possibile truffa (sentenze 6B_1248/2022 dell'8 aprile 2024 consid. 6.2; 6B_271/2022, citata, consid. 5.2). Alla luce di queste considerazioni, negando l'adempimento dell'elemento costitutivo del danno, la Corte cantonale ha violato l'art. 146 cpv. 1 CP
 
2.5. Nella risposta al ricorso, l'opponente contesta l'adempimento di altri elementi del reato di truffa, segnatamente dell'elemento dell'inganno astuto e di quello, soggettivo, dell'intenzionalità. Questi aspetti non sono però oggetto della sentenza impugnata, giacché la CARP lo ha prosciolto già per l'assenza dell'elemento oggettivo del danno. Essi non devono quindi essere esaminati in questa sede, spettando se del caso alla Corte cantonale pronunciarsi al riguardo nel seguito della procedura.  
 
3.  
 
3.1. Il ricorrente rimprovera alla Corte cantonale un'errata applicazione del "divieto della reformatio in peius" giusta l'art. 391 cpv. 2 CPP, per avere escluso dall'oggetto del procedimento di appello l'imputazione di amministrazione infedele, fondandosi a torto su questo principio. Adduce che tale imputazione concernerebbe gli stessi fatti oggetto dell'imputazione principale di truffa e costituirebbe quindi un'ipotesi alternativa o subordinata che avrebbe dovuto rientrare nel giudizio di appello. Lamenta inoltre una violazione del suo diritto di essere sentito per non essere stato preventivamente informato dalla CARP della circostanza secondo cui l'imputazione di amministrazione infedele non era da considerare subordinata a quella di truffa, ma doveva essere trattata come imputazione singola, in concorso con quella di truffa. Il ricorrente sostiene che, con la sentenza di primo grado, l'opponente non era stato prosciolto dall'accusa di amministrazione infedele e che l'appello incidentale contemplava la richiesta di infliggergli una pena più severa rispetto a quella stabilita dal Pretore. Ritiene quindi che, in tali condizioni, una condanna per il reato di amministrazione infedele sarebbe compatibile con il "divieto della reformatio in peius".  
 
 
3.2.  
 
3.2.1. Secondo l'art. 391 cpv. 2 CPP, che sancisce il "divieto della reformatio in peius", la giurisdizione di ricorso non può modificare una decisione a pregiudizio dell'imputato o condannato se il ricorso è stato esperito esclusivamente a suo favore. È fatta salva una punizione più severa sulla base di fatti di cui il tribunale di primo grado non poteva essere a conoscenza.  
Il "divieto della reformatio in peius" è destinato a permettere all'imputato di esercitare il suo diritto di ricorrere senza dover temere che il giudizio sia modificato in un senso a lui sfavorevole con riguardo sia alla pena sia alla qualificazione giuridica dei fatti. Esso è violato in presenza di un inasprimento della sanzione, rispettivamente di una qualificazione giuridica più grave dei fatti (DTF 146 IV 172 consid. 3.3.3, 311 consid. 3.6.3; 144 IV 35 consid. 3.1.1). È segnatamente realizzato un aggravamento della qualificazione giuridica quando il reato nuovamente qualificato è sanzionato dalla legge con una pena più severa, massima o minima, oppure quando siano ritenuti dei reati supplementari (DTF 147 IV 167 consid. 1.5.2; 144 IV 35 consid. 3.1.1). In tal senso, il tribunale d'appello non può ritenere un reato omesso o scartato dai primi giudici. Può per contro modificare una qualificazione giuridica erronea, nella misura in cui la nuova qualificazione non prevede una pena più severa (DTF 144 IV 35 consid. 3.1.1). 
 
3.2.2. Nella DTF 147 IV 167 consid. 1.5.2 e 1.5.3, il Tribunale federale ha esaminato in che misura un appello incidentale escluda l'applicazione del "divieto della reformatio in peius". Il ricorso presentato a scapito dell'imputato rende inapplicabile tale divieto solo nell'ambito di quello che sino ad allora è stato l'oggetto del procedimento e limitatamente alle conclusioni formulate. L'effetto protettivo previsto dall'art. 391 cpv. 2 CPP verrebbe vanificato se l'appello incidentale rendesse inoperante il "divieto della reformatio in peius" in una misura che travalica le conclusioni formulate contro l'imputato. Spetta in ogni caso alla parte abilitata a presentare un appello incidentale fare uso della sua facoltà di disporre dei limiti dell'impugnazione e determinare, con le sue conclusioni, l'oggetto del procedimento o del litigio in appello (art. 404 cpv. 1 CPP; art. 399 cpv. 4 CPP richiamato dall'art. 401 cpv. 1 CPP; DTF 147 IV 167 consid. 1.5.3). Di conseguenza, il "divieto della reformatio in peius" si applica, in caso di appello incidentale del pubblico ministero o dell'accusatore privato, unicamente agli aspetti non contestati dall'appellante (sentenze 6B_1071/2020 dell'11 marzo 2022 consid. 7.2 in: RtiD II-2022, pag. 178 segg.; 6B_1210/2020 del 7 ottobre 2021 consid. 10.7.2).  
La dichiarazione di appello deve precisare se la sentenza è impugnata interamente o limitatamente a talune sue parti (art. 399 cpv. 3 lett. a CPP). In quest'ultimo caso, l'appellante deve precisare, in modo vincolante, su quali aspetti verte l'appello. L'art. 399 cpv. 4 lett. a-g CPP enumera le parti della sentenza che possono essere impugnate separatamente. L'appello può così concernere, in particolare, la colpevolezza, eventualmente riferita a singoli atti (lett. a), la commisurazione della pena (lett. b) o ancora le misure ordinate (lett. c). La possibilità di appellare solo parti della sentenza si riferisce agli aspetti elencati dall'art. 399 cpv. 4 CPP, ma non a loro singole suddivisioni (DTF 144 IV 383 consid. 1.1; sentenze 6B_1071/2020, citata, consid. 7.2; 6B_1210/2020, citata, consid. 10.7.3). L'art. 399 cpv. 3 e 4 CPP è applicabile per analogia all'appello incidentale (cfr. art. 401 cpv. 1 CPP). 
 
3.3. In concreto, in prima istanza, il Giudice della Pretura penale ha riconosciuto l'opponente autore colpevole di truffa, per avere, per procacciare a sé o ad altri un indebito profitto, in qualità di amministratore unico di B.________ SA, ingannato con astuzia i funzionari della banca D.________ SA, ottenendo abusivamente un prestito Covid-19 di fr. 20'000.--, avendo fin dall'inizio la volontà di utilizzare il denaro a fini personali. Non ha per contro formalmente statuito sull'imputazione di amministrazione infedele aggravata, prospettata dal magistrato inquirente nell'atto di accusa quale imputazione subordinata a quella di truffa. Ammessa la colpevolezza per il reato di truffa, il giudice di primo grado ha in sostanza scartato l'ipotesi di amministrazione infedele.  
Il ricorrente sostiene che, in sede di appello, ritenendo non adempiuta la fattispecie di truffa, la CARP avrebbe dovuto esaminare quella di amministrazione infedele, che, a suo dire, riguarderebbe gli stessi fatti. A torto. Pur se l'atto di accusa indica quest'ultima imputazione quale subordinata a quella di truffa, essa concerne fatti diversi. Sotto il profilo del reato di amministrazione infedele, all'opponente era in effetti rimproverato di avere omesso di ricapitalizzare la società B.________ SA dopo averla acquistata, ritenuto ch'essa non disponeva di sufficiente capitale azionario. Gli era inoltre addebitato di avere danneggiato il patrimonio della società per un importo di fr. 20'000.--, utilizzando il credito Covid-19 per fini personali, in violazione degli obblighi di salvaguardare gli interessi della società in veste di amministratore della stessa (cfr. art. 717 cpv. 1 CO). Si tratta di fatti che si lasciano distinguere da quelli oggetto del reato di truffa, concernenti l'ottenimento indebito del credito Covid-19, che ha, come visto, comportato un danno al patrimonio del fideiussore, non della società. In tali circostanze, l'imputazione di amministrazione infedele non era propriamente subordinata a quella di truffa, ma costituiva un'accusa supplementare, che avrebbe dovuto essere oggetto di un esame e di una decisione esplicita da parte del giudice di primo grado, dandosene il caso previa rettifica dell'atto di accusa. 
La sentenza di prima istanza è stata impugnata con appello dell'opponente, che ha chiesto il suo proscioglimento e il riconoscimento di un'indennità giusta l'art. 429 cpv. 1 lett. a CPP. È inoltre stata impugnata con appello incidentale del ricorrente, che si è aggravato contro i dispositivi relativi alla commisurazione della pena e al diniego dell'espulsione dal territorio svizzero (cfr. art. 399 cpv. 4 lett. b e c CPP). Il ricorrente non ha impugnato dinanzi alla CARP il dispositivo sulla colpevolezza dell'opponente, in particolare non ha sollevato censure riguardanti gli atti commessi dall'opponente a danno del patrimonio della società, suscettibili di realizzare il reato di amministrazione infedele (cfr. art. 399 cpv. 4 lett. a CPP). Ricordato che l'appello incidentale era circoscritto agli aspetti della commisurazione della pena e della misura dell'espulsione dal territorio svizzero, l'imputazione di amministrazione infedele per una fattispecie diversa da quella oggetto di condanna non era quindi oggetto del procedimento di appello. Un eventuale giudizio di colpevolezza per quest'ultima imputazione in sede di appello avrebbe violato il "divieto della reformatio in peius", siccome avrebbe esteso l'oggetto del litigio a un reato scartato dal giudice di primo grado, travalicando altresì le conclusioni formulate dal ricorrente nell'appello incidentale presentato contro l'imputato. La Corte cantonale ha quindi correttamente applicato l'art. 391 cpv. 2 CPP ritenendo che le fosse impedito di pronunciare un'eventuale condanna per il reato di amministrazione infedele nell'ambito del procedimento di appello. Alla luce di questa conclusione, poiché la CARP non era abilitata a statuire nel merito di questa imputazione, essa non ha violato il diritto di essere sentito del ricorrente per non avergli previamente prospettato che detto reato aveva una portata distinta da quello di truffa. Dalla garanzia del diritto di essere sentito non deriva peraltro, di massima, la facoltà per le parti di esprimersi preventivamente sull'argomentazione giuridica configurata dall'autorità (DTF 145 I 167 consid. 4.1). 
 
4.  
 
4.1. Il ricorrente fa valere la violazione dell'art. 23 OFis-COVID-19. Ritiene che la contravvenzione prevista da questa norma sarebbe realizzata in concreto, giacché l'utilizzazione indebita dell'importo di fr. 20'000.-- da parte dell'opponente sarebbe avvenuta dopo che il modulo per la richiesta del credito Covid-19, con l'indicazione delle relative condizioni restrittive, era stato firmato dal richiedente e inviato alla banca. Adduce che, con la sottoscrizione del contratto di credito, avvenuta il 27 marzo 2020, il mutuatario si impegnava ad evitare il rimborso di prestiti degli azionisti. Ritiene che, contrariamente alla tesi della CARP, non sarebbe determinante sapere con quale denaro l'opponente ha eseguito il contestato rimborso, decisivo essendo che l'operazione incriminata rimaneva vietata con qualsiasi liquidità della società sin dall'inizio della fideiussione.  
 
4.2.  
 
4.2.1. Secondo l'art. 23 OFis-COVID-19, sempre che non si tratti di un reato più grave secondo il Codice penale, è punito con la multa fino a fr. 100'000.-- chiunque ottenga un credito secondo la presente ordinanza fornendo intenzionalmente informazioni false oppure utilizzi il credito in deroga all'art. 6 cpv. 3 OFis-COVID-19. Questa disposizione penale è stata ripresa nell'art. 25 cpv. 1 LFiS-COVID-19, con alcune modifiche che concernono solo la sistematica del diritto (FF 2020 7476 ad art. 25 LFiS-COVID 19); in particolare il riferimento all'art. 6 cpv. 3 OFis-COVID-19 è stato sostituito da quello all'art. 2 cpv. 2-4 LFiS-COVID-19. La disposizione penale costituisce una contravvenzione (art. 103 CP). Essa rappresenta una fattispecie residuale, essendo sussidiaria rispetto ai reati più gravi previsti dal CP (sentenza 6B_271/2022, citata, consid. 3.4 e riferimenti).  
Secondo le già citate spiegazioni del 14 aprile 2020 dell'AFF all'Ordinanza sulle fideiussioni COVID-19, le disposizioni dell'art. 6 cpv. 3 OFis-COVID-19 mirano in generale ad evitare che, per la durata della fideiussione solidale, i crediti ricevuti in virtù dell'ordinanza siano utilizzati per scopi diversi da quello previsto. In particolare, non devono defluire fondi o essere concesse garanzie per impegni finanziari nuovi o esistenti, se essi non servono a coprire esigenze indispensabili al mantenimento della continuità operativa del mutuatario. Questi deve adottare tutte le misure adeguate, affinché si possa evitare un deflusso di liquidità non necessario per la continuità operativa. Tali misure comprendono anche la conduzione di eventuali trattative con i partner contrattuali e il rinvio di determinati progetti (cfr. spiegazioni AFF, pag. 10). La nozione di "durata della fideiussione solidale" giusta l'art. 6 cpv. 3 OFis-COVID-19 si riferisce alla durata concreta della fideiussione per il mutuatario nel singolo caso. Il divieto di eseguire le operazioni "escluse" secondo la citata disposizione vale in modo completo nel suddetto arco temporale: i fondi derivanti dal credito Covid-19 non sono trattati in modo distinto dagli altri mezzi finanziari del mutuatario. Fino a quando il credito Covid-19 non è stato ammortizzato, i comportamenti contrari all'art. 6 cpv. 3 OFis-COVID-19 sono quindi punibili se i pagamenti sono eseguiti facendo capo agli averi del mutuatario, a prescindere dal fatto che siano stati utilizzati direttamente i fondi del credito Covid-19 o altri fondi disponibili. Le operazioni elencate dall'art. 6 cpv. 3 OFis-COVID-19 sono infatti "escluse" globalmente per la durata della fideiussione solidale, senza riferimento ai mezzi finanziari utilizzati (BENJAMIN MÄRKLI/MORITZ GUT, Missbrauch von Krediten nach COVID-19-Solidarbürgschaftsverordnung, in: AJP 6/2020, pag. 732; cfr. inoltre, con riferimento all'art. 2 cpv. 2 LFiS-COVID-19, FRANÇOIS MICHELI/ELODIE SPAHNI, Irrégularités dans les crédits COVID-19, in: AJP 4/2023, pag. 480). 
 
4.2.2. Secondo l'art. 6 cpv. 3 lett. b OFis-COVID-19 sono segnatamente esclusi per la durata della fideiussione solidale la concessione di prestiti attivi o il rifinanziamento di prestiti privati o azionari concessi sotto forma di prestiti attivi, fatto salvo il rifinanziamento degli scoperti in conto accumulati dal 23 marzo 2020 presso la banca che concede il credito garantito secondo l'ordinanza stessa. Questa norma vieta in sostanza che siano effettuati ammortamenti di prestiti o pagamenti di interessi sugli stessi durante il periodo di validità del credito Covid-19, ad eccezione dell'ordinario pagamento di interessi e rimborso di crediti bancari preesistenti conformemente ai contratti vigenti (cfr. spiegazioni AFF, pag. 9; MÄRKLI/GUT, op. cit, pag. 733). Nella fattispecie, il rimborso del supposto prestito dell'azionista rientra nelle operazioni escluse giusta l'art. 6 cpv. 3 lett. b OFis-COVID-19, non trattandosi manifestamente di un obbligo di pagamento ordinario derivante da un prestito bancario in vigore.  
 
4.3. La Corte cantonale ha ritenuto che, per essere punibile in applicazione dell'art. 23 OFis-COVID-19, una transazione vietata ai sensi dell'art. 6 cpv. 3 OFis-COVID-19 presuppone che siano utilizzati i fondi del credito Covid-19, non gli altri fondi nella disponibilità del mutuatario. Ha in concreto accertato che, il 1° aprile 2020, l'operazione di addebito per "rientro" relativa al bonifico a favore del conto privato dell'opponente è stata registrata nel sistema informatico della banca precedentemente all'accredito sul conto del credito Covid-19. La Corte cantonale ha rilevato che, pur non essendo deducibile dall'orario di registrazione di un ordine bancario il momento della sua esecuzione, non v'era in concreto una prova che dimostrasse che quando è avvenuto l'addebito di fr. 20'000.-- il corrispondente importo del credito Covid-19 si trovasse già sul conto della società. La precedente istanza ha quindi ritenuto che l'opponente doveva essere prosciolto dall'imputazione di contravvenzione all'OFis-COVID-19 in applicazione del principio "in dubio pro reo". Ha in ogni caso rilevato che, quand'anche si volesse ammettere che l'addebito era successivo all'accredito, la conclusione non muterebbe, giacché il saldo di fr. 30'399.62 esistente il 1° aprile 2020 sulla relazione bancaria era comunque sufficiente a coprire interamente la transazione.  
A torto. La Corte cantonale ha infatti accertato che il credito Covid-19 è stato concesso alla società richiedente il 27 marzo 2020. Questo accertamento non è specificatamente contestato dalle parti ed è quindi vincolante per il Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF). Il formulario, firmato ed inoltrato il 27 marzo 2020 da C.________ alla banca, indicava espressamente le restrizioni previste dall'art. 6 cpv. 3 OFis-COVID-19. Il credito Covid-19 era considerato automaticamente garantito una volta che la banca aveva ricevuto l'accordo di credito sottoscritto dal richiedente e lo aveva inviato all'ufficio centrale designato dalle organizzazioni che concedevano fideiussioni, oppure se aveva liberato il corrispondente importo del credito al richiedente (art. 3 cpv. 3 OFis-COVID-19; sentenza 6B_271/2022, citata, consid. 3.2.4). L'invio all'ufficio centrale doveva avvenire senza indugio, di massima lo stesso giorno in cui la banca riceveva l'accordo di credito sottoscritto dal richiedente (spiegazioni AFF, pag. 7). 
Secondo gli accertamenti contenuti nella sentenza impugnata, l'importo del credito Covid-19 (fr. 20'000.--) è stato accreditato sulla relazione bancaria intestata alla B.________ SA il 1° aprile 2020. Il medesimo giorno, lo stesso importo è stato bonificato con la causale "rientro" sul conto privato dell'opponente, che il 3 aprile 2020 ha girato la somma di fr. 10'000.-- sul conto intestato a C.________ con la causale "rimborso prestito". Il 1° aprile 2020, quando l'importo di fr. 20'000.--, corrispondente all'importo del credito Covid-19, è stato addebitato dalla relazione bancaria della società richiedente, l'accordo di credito era garantito dalla fideiussione. Il fatto che l'addebito non sia stato eseguito utilizzando il credito Covid-19, bensì facendo capo ad averi già presenti sulla relazione bancaria della società non è decisivo sotto il profilo dell'applicazione dell'art. 23 OFis-COVID-19 (in relazione con l'art. 6 cpv. 3 OFis-COVID-19). Come visto, determinante è che l'operazione di restituzione dell'asserito prestito all'azionista, esclusa dalle condizioni legali, sia avvenuta durante la vigenza della garanzia della fideiussione solidale, in violazione dell'art. 6 cpv. 3 lett. OFis-COVID-19. A prescindere dalla provenienza dei fondi utilizzati, l'opponente ha infatti fatto defluire dalla società liquidità che, in una situazione di notevoli difficoltà economiche a seguito della pandemia da Covid-19, doveva essere destinata esclusivamente a mantenere la continuità operativa della società. In tali circostanze, il proscioglimento dell'opponente dall'imputazione di contravvenzione all'OFis-COVID-19 viola il diritto federale. 
 
5.  
 
5.1. Ne segue che il ricorso deve essere accolto. La sentenza impugnata deve essere annullata e la causa rinviata alla Corte cantonale per un nuovo giudizio.  
 
5.2. Le spese giudiziarie della sede federale seguono la soccombenza e sono quindi poste a carico dell'opponente (art. 66 cpv. 1 LTF). Non si assegnano ripetibili ad autorità vincenti (art. 68 cpv. 3 LTF).  
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.  
Il ricorso è accolto. La sentenza emanata il 16 novembre 2022 dalla Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino è annullata. La causa le è rinviata per un nuovo giudizio. 
 
2.  
Le spese giudiziarie di fr. 3'000.-- sono poste a carico dell'opponente. 
 
3.  
Comunicazione al ricorrente, al patrocinatore dell'opponente e alla Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino. 
 
 
Losanna, 7 giugno 2024 
 
In nome della I Corte di diritto penale 
del Tribunale federale svizzero 
 
La Presidente: Jacquemoud-Rossari 
 
Il Cancelliere: Gadoni