2C_217/2023 17.05.2023
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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
2C_217/2023  
 
 
Sentenza del 17 maggio 2023  
 
II Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Aubry Girardin, Presidente, 
Hänni, Ryter, 
Cancelliere Savoldelli. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
ricorrente, 
 
contro 
 
Sezione della popolazione, 
Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino, 
Residenza governativa, 6500 Bellinzona, 
 
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, 
Residenza governativa, 6500 Bellinzona. 
 
Oggetto 
Permesso di dimora UE/AELS, 
 
ricorso contro la sentenza emanata il 16 marzo 2023 
dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino (52.2020.51). 
 
 
Fatti:  
 
A.  
Il 31 agosto 2015, il cittadino italiano A.________ ha ottenuto un permesso di dimora UE/AELS per l'esercizio di un'attività lucrativa a titolo dipendente nel Cantone Ticino, che aveva svolto fino a quel momento quale lavoratore confinante. 
Successivamente, preso atto del fatto che il rapporto di lavoro era cessato, che il diritto alle indennità di disoccupazione era terminato, e che A.________ percepiva prestazioni assistenziali, la Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino ha avviato un'istruttoria per valutare se i presupposti per il mantenimento del permesso di soggiorno UE/AELS fossero ancora dati. 
 
B.  
Sentito l'interessato e giunta alla conclusione che le condizioni per la conferma dell'autorizzazione di soggiorno non erano realizzate, con decisione del 15 luglio 2019 la Sezione della popolazione ha revocato ad A.________ il permesso di dimora di cui disponeva, fissandogli un termine per lasciare la Svizzera. 
La liceità della revoca è stata confermata sia dal Consiglio di Stato (4 dicembre 2019) che dal Tribunale amministrativo ticinese, espressosi in merito con sentenza del 16 marzo 2023. 
 
C.  
Con ricorso del 19 aprile 2023, A.________ si è rivolto al Tribunale federale, domandando che il giudizio della Corte cantonale sia annullato e che gli atti siano rinviati alla Sezione della popolazione, per il rinnovo del permesso. Postula inoltre la concessione dell'effetto sospensivo e l'esenzione dal versamento di un anticipo a copertura delle spese processuali della sede federale. 
Con decreto del 25 aprile 2023 il Tribunale federale ha concesso l'effetto sospensivo al gravame. Per contro, non ha ordinato atti istruttori. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. L'impugnativa è diretta contro una pronuncia resa dal Tribunale amministrativo ticinese in un litigio che riguarda il diritto degli stranieri. Giusta l'art. 83 lett. c n. 2 LTF, il ricorso in materia di diritto pubblico è inammissibile contro le decisioni in materia di diritto degli stranieri concernenti permessi o autorizzazioni al cui ottenimento né il diritto federale né il diritto internazionale conferiscono un diritto. Già perché l'insorgente è di nazionalità italiana e può di principio richiamarsi all'accordo del 21 giugno 1999 sulla libera circolazione delle persone (ALC; RS 0.142.112.681), la causa sfugge tuttavia alla citata clausola d'eccezione (sentenza 2C_570/2022 del 20 febbraio 2023 consid. 1.1).  
 
1.2. Il ricorso è stato presentato nei termini (art. 46 cpv. 1 lett. a in relazione con l'art. 100 cpv. 1 LTF), contro una decisione finale di un tribunale superiore (art. 86 cpv. 1 lett. d e 2; art. 90 LTF) e da una persona che ha legittimazione ad insorgere (art. 89 cpv. 1 LTF). Di conseguenza, esso va esaminato quale ricorso ordinario in materia di diritto pubblico ai sensi dell'art. 82 segg. LTF. Visto l'esito della causa, la questione dell'ammissibilità delle singole conclusioni formulate dall'insorgente, cassatorie e di rinvio, non va approfondita oltre.  
 
2.  
 
2.1. Di principio, il Tribunale federale applica il diritto federale d'ufficio (art. 106 cpv. 1 LTF). Nondimeno, tenuto conto dell'onere di allegazione e motivazione imposto dall'art. 42 cpv. 1 e 2 LTF, considera di regola solo gli argomenti proposti (DTF 142 III 364 consid. 2.4).  
Esigenze più severe valgono in relazione alla denuncia della violazione di diritti fondamentali, che va formulata con precisione (art. 106 cpv 2 LTF; DTF 143 II 283 consid. 1.2.2). 
 
2.2. Per quanto concerne i fatti, il Tribunale federale fonda il suo ragionamento giuridico sull'accertamento che è stato svolto dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF). Può scostarsene quando è stato eseguito in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF o in modo manifestamente inesatto, ovvero arbitrario, profilo sotto il quale è esaminato anche l'apprezzamento delle prove agli atti (art. 105 cpv. 2 LTF; DTF 140 III 115 consid. 2). L'eliminazione del vizio deve inoltre poter influire in maniera determinante sull'esito della causa (art. 97 cpv. 1 LTF).  
Dato che l'insorgente non li mette validamente in discussione - con motivazione conforme all'art. 106 cpv. 2 LTF, che ne dimostri un accertamento rispettivamente un apprezzamento arbitrario - i fatti che emergono dal giudizio impugnato vincolano il Tribunale federale anche nel caso concreto (art. 105 cpv. 1 LTF). 
 
3.  
 
3.1. Nel suo giudizio, la Corte cantonale ha esposto le possibilità di soggiorno previste dall'accordo sulla libera circolazione delle persone e rammentato le varie attività svolte dal ricorrente per poi rilevare:  
(a) che almeno a partire dal maggio 2022 lo stesso ha perso lo statuto di lavoratore dipendente e non lo ha più riacquistato (art. 4 ALC in relazione con l'art. 6 allegato I ALC; giudizio impugnato, consid. 3.5); 
(b) che l'insorgente non può soggiornare in Svizzera neppure quale persona che non esercita un'attività economica, in quanto il riconoscimento di un permesso in questo senso è - tra l'altro - subordinato al fatto che chi lo richiede disponga di mezzi finanziari sufficienti per non dovere ricorrere all'assistenza sociale (art. 6 ALC in relazione con l'art. 24 allegato I ALC), ciò che non è qui il caso perché è attestata la percezione di aiuti pubblici (giudizio impugnato, consid. 3.6). 
Detto dell'accordo sulla libera circolazione delle persone, il Tribunale amministrativo ticinese ha osservato che il diniego del diritto a proseguire il soggiorno in Svizzera era conforme anche al principio della proporzionalità, il cui rispetto è richiesto dall'art. 96 della legge federale del 16 dicembre 2005 sugli stranieri e la loro integrazione (LStrI; RS 142.20), e che le condizioni per un richiamo all'art. 8 della Convenzione europea del 4 novembre 1950 per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU; RS 0.101) non erano date (giudizio impugnato, consid. 3.7). 
 
3.2. Davanti al Tribunale federale, il ricorrente non sostiene l'esistenza delle condizioni per un richiamo all'art. 6 ALC in relazione con l'art. 24 allegato I ALC, di modo che su tale aspetto non occorre ritornare (art. 42 cpv. 2 LTF; precedente consid. 2.1; sentenza 2C_469/2022 del 25 luglio 2022 consid. 3.2). Correttamente, lo stesso non sostiene nemmeno l'esistenza di un diritto al rinnovo del suo permesso di dimora in base al diritto interno, siccome l'art. 33 cpv. 3 LStrI ha carattere potestativo (sentenze 2C_469/2022 del 25 luglio 2022 consid. 3.2; 2C_615/2020 del 20 maggio 2021 consid. 1.3). A differenza di quanto concluso dalla Corte cantonale, l'insorgente è però dell'avviso che un diritto di soggiorno in base all'art. 4 ALC in relazione con l'art. 6 allegato I ALC sarebbe dato, perché la sua qualità di lavoratore andrebbe ancora riconosciuta. Inoltre, ritiene che il diniego di un permesso di soggiorno violi l'art. 8 CEDU, che garantisce il diritto alla vita privata.  
 
4.  
 
4.1. Giusta l'art. 6 cpv. 1 allegato I ALC, il lavoratore dipendente, cittadino di una parte contraente, che occupa un impiego di durata uguale o superiore a un anno al servizio di un datore di lavoro dello Stato ospitante riceve una carta di soggiorno della durata di almeno 5 anni a decorrere dalla data del rilascio, automaticamente rinnovabile per almeno 5 anni. In occasione del primo rinnovo, la validità della carta di soggiorno può essere limitata, per un periodo non inferiore ad un anno, qualora il possessore si trovi in una situazione di disoccupazione involontaria da oltre 12 mesi. Le ulteriori proroghe dell'autorizzazione di soggiorno sono sottoposte alla condizione che l'interessato conservi lo statuto di lavoratore (sentenze 2C_469/2022 del 25 luglio 2022 consid. 4.1; 2C_439/2018 del 7 maggio 2019 consid. 4.1).  
Il capoverso 6 dell'art. 6 allegato I ALC precisa al riguardo che la carta di soggiorno in corso di validità non può essere ritirata per il solo fatto che il lavoratore non è più occupato, quando lo stato di disoccupazione dipende da un'incapacità temporanea di lavoro dovuta a malattia o a infortunio, oppure quando si tratti di disoccupazione involontaria debitamente constatata dall'ufficio del lavoro competente. 
 
4.2. Quello di lavoratore è un concetto autonomo di diritto europeo, che non dipende da considerazioni sul piano nazionale (DTF 131 II 339 consid. 3.1; sentenze 2C_988/2020 del 29 aprile 2021 consid. 3.2; 2C_439/2018 del 7 maggio 2019 consid. 4.1). La nozione di lavoratore, che delimita il campo di applicazione del principio della libera circolazione, dev'essere interpretata in modo estensivo, mentre le eccezioni e le deroghe a questa libertà fondamentale vanno sottoposte ad un'interpretazione restrittiva. È quindi considerato lavoratore colui che svolge, per una certa durata, a favore di un'altra persona e sotto la sua direzione, delle prestazioni per le quali percepisce una controprestazione (esistenza di una prestazione lavorativa, di un legame di subordinazione e di una rimunerazione). Ciò presuppone che l'attività lavorativa sia reale ed effettiva, sia da un punto di vista quantitativo che qualitativo. Attività così ridotte da apparire meramente marginali e accessorie non vanno prese in considerazione (DTF 141 II 1 consid. 2.2.4 e 3.3.2; sentenze 2C_114/2022 del 2 agosto 2022 consid. 4.2; 2C_469/2022 del 25 luglio 2022 consid. 4.2; 2C_815/2020 dell'11 febbraio 2021 consid. 3; 2C_519/2020 del 21 agosto 2020 consid. 3.2.2).  
 
Per determinare se l'attività lavorativa svolta è reale ed effettiva, bisogna basarsi su criteri oggettivi e tenere conto - attraverso una valutazione complessiva - di tutte le circostanze relative al tipo di attività svolta rispettivamente al rapporto di lavoro in discussione. In questo contesto, va anche considerato se le prestazioni fornite sul mercato del lavoro possono essere considerate come usuali (DTF 141 II 1 consid. 2.2.4, con riferimenti alla prassi della CGUE; sentenza 2C_114/2022 del 2 agosto 2022 consid. 4.2). Se un lavoratore effettua solo un numero molto ridotto di ore o se percepisce solo redditi esigui, ciò può costituire una dimostrazione del fatto che l'attività da lui svolta è unicamente marginale ed accessoria (DTF 131 II 339 consid. 3.4; sentenze 2C_114/2022 del 2 agosto 2022 consid. 4.3, con un riassunto della giurisprudenza; 2C_988/2020 del 29 aprile 2021 consid. 3.2). 
 
4.3. Con riferimento all'art. 6 cpv. 6 allegato I ALC va invece rilevato che il cittadino di una parte contraente al quale è stato riconosciuto lo statuto di lavoratore può perderlo e vedersi negare la proroga, rispettivamente revocare l'autorizzazione di soggiorno UE/AELS di cui è titolare (art. 23 cpv. 1 dell'ordinanza del 22 maggio 2002 sull'introduzione della libera circolazione delle persone [OLCP; RS 142.203]), nei seguenti casi: a) quando si trova in una situazione di disoccupazione volontaria b) quando dal comportamento dello stesso occorre dedurre che non esiste (più) nessuna prospettiva reale che egli venga di nuovo impiegato in un lasso di tempo ragionevole; c) quando ha adottato un comportamento abusivo, spostandosi ad esempio in un altro Stato contraente per esercitarvi un lavoro fittizio oppure di una durata estremamente limitata, con l'unico scopo di beneficiare di prestazioni sociali migliori di quelle che percepirebbe nel proprio Paese o in un terzo Stato contraente (DTF 141 II 1 consid. 2.2.1; 139 II 339 consid. 3.4; sentenze 2C_168/2021 del 23 novembre 2021 consid. 4.5.1; 2C_755/2019 del 6 febbraio 2020 consid. 4.4.1).  
Se il cittadino di una parte contraente si trova in uno stato di disoccupazione involontaria da 18 mesi ed ha esaurito il diritto alle prestazioni dell'assicurazione disoccupazione occorre per prassi considerare che una prospettiva reale che egli venga di nuovo impiegato non sia più data (DTF 147 II 1 consid. 2.1.3; sentenza 2C_114/2022 del 2 agosto 2022 consid. 4.4; al riguardo, cfr. anche l'art. 61a cpv. 4 LStrI). 
 
4.4. Ora, sulla base dei fatti che risultano dal giudizio impugnato, che vincolano anche il Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF; precedente consid. 2.2), il ricorrente è stato impiegato dal 2009 al 31 ottobre 2015 a tempo parziale per un'azienda di telefonia. Dal novembre 2015 ha percepito indennità di disoccupazione per poi riprendere la medesima attività fino al 31 ottobre 2017. Il suo diritto alle indennità di disoccupazione è terminato il 31 ottobre 2018 e da quel momento egli percepisce l'aiuto sociale (che il 19 gennaio 2023 ha raggiunto l'importo di fr. 85'253.40; giudizio impugnato, consid. 3.1 e 3.3).  
Nel contempo, se è vero che la percezione dell'aiuto sociale non si oppone di per sé al riconoscimento (rispettivamente al mantenimento) dello statuto di lavoratore dipendente (sentenze 2C_114/2022 del 2 agosto 2022 consid. 7.2.1; 2C_185/2019 del 4 marzo 2021 consid. 5.2.4; 2C_556/2020 del 22 gennaio 2021 consid. 4.2.2; 2C_1061/2013 del 14 luglio 2015 consid. 4.4), altrettanto vero è che le attività che risultano dal giudizio impugnato (ivi, consid. 3.2), permettono senz'altro anche di concludere che quando è stata pronunciata la sentenza impugnata lo statuto di lavoratore dipendente non fosse (più) dato. 
Basti infatti rilevare che tra l'ottobre 2020 e l'aprile 2022 non è provato lo svolgimento di nessuna attività lavorativa, mentre per il periodo successivo il ricorrente ha indicato di avere percepito entrate lorde di fr. 617.10 (maggio 2022), di fr. 1'071.40 (settembre 2022), di fr. 500.-- (ottobre 2022), quindi di avere sottoscritto (3 novembre 2022) un contratto quale disc jockey con una percentuale lavorativa dell'11.9 %, che gli ha fruttato entrate lorde di fr. 783.25 (novembre 2022) e di fr. 1'084.40 (dicembre 2022). 
Simili importi, guadagnati in maniera saltuaria o riconducibili a un contratto che è di durata indeterminata ma che garantisce al ricorrente solo una percentuale d'impiego molto bassa (11.9 %), senza prospettiva alcuna anche dal punto di vista della cessazione della dipendenza dall'aiuto sociale, non permettono infatti un richiamo all'art. 6 cpv. 1 allegato I ALC (sentenze 2C_114/2022 del 2 agosto 2022 consid. 7.2, relativa a guadagni maggiori ma che, in considerazione delle circostanze complessive, non sono stati considerati sufficienti per riconoscere lo statuto di lavoratore; 2C_469/2022 del 25 luglio 2022 consid. 5.2.3 e 5.3, relativa ad importi analoghi a quelli in discussione e al diniego dello statuto di lavoratore dopo avere constatato l'assenza di un'attività lavorativa sufficiente per circa 20 mesi). 
 
Considerando la situazione nel suo complesso (DTF 141 II 1 consid. 3.4; sentenza 2C_114/2022 del 2 agosto 2022 consid. 7.2.3) va poi ribadito che l'insorgente, celibe e senza prole, dipende dall'aiuto sociale oramai dalla fine del 2018 (in ragione di importi mensili importanti, che oscillano tra fr. 1'362.- e fr. 1'998.--) e quindi precisato che la situazione di precarietà lavorativa non si limita al periodo pandemico ma è sia precedente sia successiva (giudizio impugnato, consid. 3.1-3.3), di modo che anche la conclusione dei Giudici cantonali (giudizio impugnato, consid. 3.6) secondo cui un'evoluzione positiva della situazione economica appare tutt'altro che probabile dev'essere condivisa. 
 
5.  
Come detto, l'insorgente si riferisce nel contempo all'art. 8 CEDU, rilevando come questa norma "non protegge solo le relazioni familiari, ma anche la vita privata". 
 
5.1. Celibe e senza figli, il ricorrente a ragione non si richiama all'art. 8 CEDU nell'ottica della tutela del diritto alla vita familiare, in quanto dal giudizio impugnato non risulta che lo stesso intrattenga una relazione stretta con un membro del suo nucleo familiare che dispone di un diritto di soggiorno duraturo in Svizzera (nazionalità svizzera o permesso di domicilio; DTF 137 I 284 consid. 1.3; sentenza 2C_1051/2021 dell'11 marzo 2022 consid. 6.1).  
 
5.2. Contrariamente a quanto sostiene, egli non può però riferirsi all'art. 8 CEDU nemmeno a tutela del diritto alla vita privata.  
 
5.2.1. In relazione al diritto alla vita privata garantito dall'art. 8 CEDU, la giurisprudenza del Tribunale federale ammette che dopo un soggiorno legale di circa dieci anni si può partire dal principio che i rapporti sociali intessuti in Svizzera sono diventati stretti a tal punto che per porre fine al soggiorno occorrono motivi qualificati (DTF 147 I 268 consid. 1.2.4; 144 I 266 consid. 3.9). Il mancato rinnovo di un permesso di soggiorno può tuttavia ledere l'art. 8 CEDU anche quando i dieci anni di permanenza autorizzata in Svizzera non sono raggiunti, ma una persona mostra di essersi integrata in maniera particolare (DTF 144 I 266 consid. 3.9; sentenza 2C_821/2021 del 1° novembre 2022 consid. 2.1.2, destinato alla pubblicazione).  
 
 
5.2.2. Ora, la durata di circa dieci anni richiesta dalla giurisprudenza non è qui data, perché il ricorrente è giunto in Svizzera solo nel 2015. Inoltre, dal momento della revoca del permesso (15 luglio 2019) la sua presenza è solo tollerata (sentenza 2C_469/2022 del 25 luglio 2022 consid. 6.2), di modo che il soggiorno legale è durato poco meno di quattro anni (31 agosto 2015 - 15 luglio 2019). Già alla luce dei massicci aiuti sociali sin qui percepiti (fr. 85'253.40; giudizio impugnato, consid. 3.3, con riferimento al conteggio del 19 gennaio 2023), data non è poi nemmeno un'integrazione particolarmente riuscita, che permetta di riconoscere il diritto al richiamo all'art. 8 CEDU prima dei dieci anni richiesti in via di principio dalla giurisprudenza.  
 
6.  
 
6.1. Per quanto precede e per quanto ammissibile, il ricorso è respinto. Nella misura in cui la richiesta di esenzione dal versamento di un anticipo spese sia da intendere come istanza di assistenza giudiziaria, la stessa non può essere accolta poiché il gravame doveva apparire sin dall'inizio come privo di probabilità di successo (art. 64 cpv. 1 LTF).  
 
6.2. Nell'addossare le spese giudiziarie all'insorgente, viene comunque fissato un importo ridotto (art. 65 cpv. 1 e 2, art. 66 cpv. 1 LTF). Non vengono assegnate ripetibili (art. 68 cpv. 3 LTF).  
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.  
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2.  
La domanda di assistenza giudiziaria è respinta. 
 
3.  
Le spese giudiziarie di fr. 1'000.-- sono poste a carico del ricorrente. 
 
4.  
Comunicazione al ricorrente, alla Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni, al Consiglio di Stato, al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino e alla Segreteria di Stato della migrazione. 
 
 
Losanna, 17 maggio 2023 
 
In nome della II Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
La Presidente: F. Aubry Girardin 
 
Il Cancelliere: Savoldelli