2C_760/2022 18.10.2022
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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
2C_760/2022  
 
 
Sentenza del 18 ottobre 2022  
 
II Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Aubry Girardin, Presidente, 
Beusch, Ryter, 
Cancelliere Savoldelli. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
 
patrocinato dall'avv. Yasar Ravi, 
via Soldino 22, casella postale 747, 6903 Lugano, 
ricorrente, 
 
contro 
 
Sezione della popolazione, 
Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino, 
Residenza governativa, 6500 Bellinzona, 
 
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, 
Residenza governativa, 6500 Bellinzona. 
 
Oggetto 
Revoca del permesso di domicilio, 
 
ricorso in materia di diritto pubblico contro la sentenza emanata l'8 agosto 2022 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino (52.2020.552). 
 
 
Fatti:  
 
A.  
Il... 2012, A.________, cittadino del Kosovo ivi residente, e B.________, cittadina serba titolare di un permesso di domicilio in Svizzera, si sono sposati in Kosovo. Qualche giorno più tardi, hanno chiesto il rilascio di un permesso di dimora per il marito a titolo di ricongiungimento familiare. A tal fine, il 12 febbraio 2013 A.________ è stato posto a beneficio di un permesso di dimora valido fino al 1° febbraio 2014, poi regolarmente rinnovato. Il 2 febbraio 2018, egli ha quindi ottenuto un permesso di domicilio. 
Il matrimonio tra A.________ e B.________ è stato sciolto per divorzio il 13 giugno 2019. 
 
B.  
A seguito di una domanda di ricongiungimento familiare presentata dalle figlie di A.________, nate nel 2001 e 2002 dalla relazione con una connazionale e residenti in Kosovo, così come di controlli della polizia ticinese, il 1° aprile 2019 la Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino ha comunicato a A.________ di volere rivalutare la sua situazione. Con decisione del 28 maggio 2019 gli ha quindi revocato il permesso di domicilio, respingendo nel contempo anche la richiesta di ricongiungimento familiare. 
Per quanto ulteriormente impugnata, la liceità della decisione della Sezione della popolazione è stata confermata sia dal Consiglio di Stato (21 ottobre 2020) che dal Tribunale amministrativo ticinese, espressosi in merito con sentenza dell'8 agosto 2022. Dopo avere constatato che il rigetto della domanda di ricongiungimento familiare non era più oggetto di litigio, in merito alla revoca del permesso di domicilio - ancora litigiosa - anche la Corte cantonale ha infatti considerato: che un motivo di revoca era dato, in quanto A.________ aveva fornito indicazioni false (dichiarando di vivere con la moglie quando ciò non era mai avvenuto) e sottaciuto fatti essenziali alle autorità (quali l'assenza di una volontà reciproca dei coniugi di fondare un'unione coniugale reale e vissuta); inoltre, che detta misura era proporzionata. 
 
C.  
Con ricorso in materia di diritto pubblico del 15 settembre 2022, A.________ si è rivolto al Tribunale federale, chiedendo di annullare le decisioni cantonali e confermare il permesso di domicilio. In parallelo, ha domandato il conferimento dell'effetto sospensivo al gravame. 
Preso atto dei contenuti dello stesso, il Tribunale federale non ha ordinato nessun atto istruttorio. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. L'impugnativa è stata presentata nei termini (art. 46 cpv. 1 lett. b in relazione con l'art. 100 cpv. 1 LTF) contro una decisione finale di un tribunale superiore (art. 86 cpv. 1 lett. d e 2, art. 90 LTF) e da persona legittimata in tal senso (art. 89 cpv. 1 LTF). Concernendo la revoca di un permesso che continuerebbe a produrre effetti giuridici, essa sfugge anche alla clausola prevista dall'art. 83 lett. c n. 2 LTF, di modo che può essere trattata quale ricorso ordinario in materia di diritto pubblico (art. 82 segg. LTF; DTF 135 II 1 consid. 1.2.1).  
 
1.2. In ragione del carattere devolutivo dei ricorsi interposti, l'insorgente è però legittimato a formulare conclusioni riguardanti solo l'annullamento rispettivamente la riforma - con contestuale conferma della validità del permesso di domicilio - della sentenza del Tribunale cantonale amministrativo. Nella misura in cui siano direttamente volte anche alla modifica delle decisioni emesse dalle istanze precedenti, le sue conclusioni sono quindi inammissibili (DTF 146 II 335 consid. 1.1.2).  
 
2.  
 
2.1. Di principio, il Tribunale federale applica il diritto federale d'ufficio (art. 106 cpv. 1 LTF). Nondimeno, tenuto conto dell'onere di allegazione e motivazione imposto dall'art. 42 cpv. 1 e 2 LTF, considera di regola solo gli argomenti proposti (DTF 142 III 364 consid. 2.4). Chi ricorre deve pertanto spiegare, in maniera concisa ma confrontandosi con i considerandi della sentenza impugnata, perché quest'ultima viola il diritto (DTF 143 II 283 consid. 1.2.2). Esigenze più severe valgono poi in relazione alla lesione di diritti fondamentali, che va denunciata con precisione (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 143 II 283 consid. 1.2.2).  
 
2.2. Per quanto concerne i fatti, il Tribunale federale fonda il suo ragionamento giuridico sugli accertamenti che sono stati svolti dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF). Esso può rettificare o completare questi accertamenti se sono manifestamente inesatti o risultano da una violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF (art. 105 cpv. 2 LTF). In questo ambito, "manifestamente inesatto" significa "arbitrario" (DTF 140 III 115 consid. 2; 135 III 397 consid. 1.5). Di conseguenza, la parte che critica la fattispecie accertata nella sentenza impugnata deve sollevare la censura e motivarla in modo chiaro, come esige l'art. 106 cpv. 2 LTF (DTF 140 III 264 consid. 2.3; 140 III 16 consid. 1.3.1). L'eliminazione del vizio nell'accertamento dei fatti deve inoltre poter influire in maniera determinante sull'esito della causa (art. 97 cpv. 1 LTF).  
 
2.3. Dato che l'insorgente li critica, definendo il loro accertamento come "inesatto" (ricorso, p.to 7), ma non li mette validamente in discussione - con motivazione conforme all'art. 106 cpv. 2 LTF, che ne dimostri un accertamento arbitrario - i fatti che emergono dalla sentenza impugnata vincolano il Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF; sentenza 2C_555/2021 del 16 novembre 2021 consid. 2.2, da cui risulta che, senza specifiche censure, pure aggiunte e precisazioni non possono essere considerate).  
 
3.  
 
3.1. Il 1° gennaio 2019 è entrata in vigore la revisione della legge federale del 16 dicembre 2005 sugli stranieri (vLStr; RS 142.20), rinominata legge federale sugli stranieri e la loro integrazione (LStrI). Giusta l'art. 126 cpv. 1 LStrI, alle domande presentate prima di tale data permane però applicabile il diritto anteriore. In caso di revoca di un permesso di domicilio - che è il solo oggetto rimasto in concreto litigioso - è determinante il momento nel quale è stata avviata la procedura (sentenza 2C_805/2021 del 31 maggio 2022 consid. 2.1). Dato che la procedura di revoca ha avuto inizio il 1° aprile 2019 (precedente consid. B), la vertenza è quindi retta dal nuovo diritto.  
 
3.2. Nella fattispecie, al pari delle istanze inferiori, la Corte cantonale ha considerato che il ricorrente, cittadino del Kosovo giunto in Svizzera nel 2013, ha fornito indicazioni false e sottaciuto fatti essenziali e che le condizioni per una revoca ai sensi dell'art. 63 cpv. 1 lett. a in relazione con l'art. 62 lett. a LStrI sono adempiute. Inoltre, ha ritenuto che la revoca è conforme al principio della proporzionalità e che gli estremi per un richiamo all'art. 8 della Convenzione europea del 4 novembre 1950 per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU; RS 0.101) non sono dati.  
 
4.  
 
4.1. Giusta l'art. 63 cpv. 1 lett. a in relazione con l'art. 62 cpv. 1 lett. a LStrI, cui si è riferita anche la Corte cantonale nel proprio giudizio, il permesso di domicilio può essere revocato se lo straniero o il suo rappresentante ha fornito, durante la procedura di autorizzazione, indicazioni false o taciuto fatti essenziali. Per giurisprudenza, la dissimulazione è data quando lo straniero espone alle autorità le ragioni della sua domanda in maniera da provocare, rispettivamente mantenere, una falsa apparenza in merito a un fatto essenziale (DTF 142 I 265 consid. 3.1; sentenze 2C_720/2021 del 26 gennaio 2022 consid. 8.1; 2C_814/2020 del 18 marzo 2021 consid. 5.1).  
In conformità al dovere di collaborazione previsto dal diritto federale (art. 90 LStrI), egli deve in particolare indicare se la comunità coniugale dalla quale deriva il suo diritto di soggiorno non è (più) effettivamente vissuta (sentenze 2C_720/2021 del 26 gennaio 2022 consid. 8.1; 2C_814/2020 del 18 marzo 2021 consid. 5.1). Un comportamento ingannevole ai sensi dell'art. 62 cpv. 1 lett. a LStrI è dato sia quando, durante la procedura di rilascio del permesso di soggiorno, il richiedente ha volutamente sottaciuto o attivamente nascosto che l'unione coniugale era compromessa, sia quando egli ha invocato un matrimonio privo di sostanza fin dal suo inizio, in ragione del fatto che i coniugi (o uno di essi) non hanno mai avuto la volontà di formare una comunità coniugale (sentenza 2C_814/2020 del 18 marzo 2021 consid. 5.1). 
 
4.2. Anche in presenza delle condizioni per procedere alla revoca di un permesso di soggiorno, occorre d'altra parte che la ponderazione dei differenti interessi - pubblici e privati - in gioco faccia apparire la misura decisa come proporzionata alle circostanze specifiche.  
Così è infatti richiesto sia dall'art. 96 LStrI che dall'art. 8 CEDU, nel caso sia possibile invocare anche questa norma (DTF 139 I 145 consid. 2.2; sentenza 2C_720/2021 del 26 gennaio 2022 consid. 11.1). 
 
5.  
 
5.1. Nella parte "in diritto" dell'impugnativa (ivi, p.to 7), il ricorrente si lamenta in primo luogo di un "accertamento inesatto dei fatti" e di una "violazione della LStrI". Ora, in merito al primo aspetto, già si è detto nel precedente considerando 2.3. Il gravame presentato in sede federale non contiene nessuna critica conforme all'art. 106 cpv. 2 LTF ragione per la quale, anche in casu, determinanti sono soltanto i fatti che risultano dalla querelata sentenza (art. 105 cpv. 1 LTF).  
 
5.2. Denunciando la lesione della LStrI, l'insorgente pare invece contestare l'esistenza di un motivo di revoca del permesso di domicilio. Pure in relazione a tale critica egli non può essere tuttavia seguito, poiché il motivo di revoca di cui all'art. 63 cpv. 1 lett. a in relazione con l'art. 62 lett. a LStrI è nella fattispecie manifestamente dato.  
 
 
5.2.1. Conformemente alla prassi esposta nel precedente considerando 4.1, un comportamento ingannevole ai sensi dell'art. 62 cpv. 1 lett. a LStrI va infatti riconosciuto sia quando, durante la procedura di rilascio del permesso di soggiorno, il richiedente ha volutamente sottaciuto o attivamente nascosto che l'unione coniugale era compromessa sia quando egli ha invocato un matrimonio privo di sostanza fin dal suo inizio, siccome da parte dei coniugi - o di uno di essi - non vi è mai stata la volontà di formare una comunità coniugale effettiva.  
In base agli accertamenti svolti dalla Corte cantonale, che vincolano anche il Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF) proprio così è però anche nella fattispecie che ci occupa. In effetti, dal giudizio impugnato (ivi, consid. 4.1 e 4.2), che riprende a sua volta le constatazioni contenute nella decisione governativa, risulta che da quando il ricorrente è arrivato in Svizzera non ha mai alloggiato insieme alla moglie, poiché la stessa viveva oramai già con un altro uomo, con il quale intratteneva una relazione. Sempre dalla querelata sentenza emerge d'altra parte che egli non solo non ha comunicato alle autorità il mancato avvio di una vita in comune con la moglie, una volta giunto nel Cantone Ticino, ma ha anche indicato alle autorità migratorie - presentando le richieste di rinnovo del permesso di dimora, nonché la domanda di rilascio del permesso di domicilio - che il proprio indirizzo coincideva con quello della coniuge, presso la quale egli non aveva però mai vissuto. 
 
5.2.2. Contrariamente a quanto sostenuto nell'impugnativa (ivi, consid. 7.2), questa conclusione non è messa in discussione nemmeno dal fatto che "al momento del suo arrivo" egli "era completamente all'oscuro della relazione di sua moglie con il signor C.________, né aveva motivo di dubitare della fedeltà della signora B.________" rispettivamente dal fatto che egli "mai si sarebbe potuto immaginare che, dopo il matrimonio, avrebbe scoperto il rapporto tra la moglie e C.________" e che era giunto in Ticino "convinto di iniziare una nuova vita con la donna di cui era innamorato".  
Come detto, determinante ai fini del riconoscimento di un motivo di revoca giusta l'art. 63 cpv. 1 lett. a in relazione con l'art. 62 lett. a LStrI è infatti: da un lato, l'avere sottaciuto alle autorità la situazione constatata al momento dell'arrivo in Svizzera, ovvero che l'unione coniugale non era possibile, poiché la moglie conviveva già con un altro uomo; d'altro lato, l'avere - più volte e nel corso di anni - falsamente indicato quale proprio domicilio quello della moglie, nonostante all'indirizzo della stessa egli non avesse mai soggiornato. 
 
6.  
 
6.1. In secondo luogo, l'insorgente lamenta una lesione dell'art. 96 LStrI, che richiede che, benché in presenza di un motivo di revoca, il provvedimento rispetti il principio della proporzionalità (ricorso, p.to 8).  
In base ai fatti che risultano dal giudizio impugnato, che vincolano il Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF; precedenti consid. 2.2 e 2.3), anche detto principio non risulta però violato. 
 
6.2. Come indicato dalla Corte cantonale, l'insorgente è giunto in Svizzera nel 2013 dopo essersi sposato con B.________ e vi ha vissuto a beneficio di un permesso di dimora rispettivamente di domicilio per un periodo di circa sei anni. Il suo soggiorno nel nostro Paese è stato tuttavia determinato da un comportamento ingannevole, contrario all'art. 63 cpv. 1 lett. a in relazione con l'art. 62 lett. a LStrI (precedente consid. 5.2), e in seguito sanzionato anche dalle autorità penali che, con decreto d'accusa dell'11 novembre 2020, hanno condannato il ricorrente a una pena pecuniaria sospesa di 150 aliquote giornaliere da fr. 120.-- ciascuna e a una multa di fr. 1'500.-- dopo averlo riconosciuto colpevole di inganno ripetuto nei confronti delle autorità.  
A causa del comportamento ingannevole mostrato dall'insorgente, dato è di conseguenza anche un interesse pubblico notevole al suo allontanamento (sentenza 2C_889/2021 del 24 febbraio 2022 consid. 7.3; 2C_197/2021 del 6 maggio 2021 consid. 3.6). 
 
6.3. Sempre con i Giudici ticinesi va nel contempo osservato che, pur abitando in Svizzera dal 2013, il ricorrente risulta avere con il proprio Paese di origine dei legami stretti. In Kosovo egli vi è infatti nato, vi è cresciuto e vi risiedeva anche al momento di trasferirsi nel Cantone Ticino, all'età di 37 anni. Sempre in Kosovo risiedono inoltre le sue due figlie, già invano oggetto di una domanda di ricongiungimento familiare (precedente consid. B).  
Dimostrati non sono d'altra parte nemmeno impedimenti qualificati al rientro, di modo che le difficoltà di adattamento che l'insorgente dovrà affrontare non risultano eccedere quelle che toccano in genere i cittadini stranieri costretti a rimpatriare dopo un prolungato soggiorno all'estero, e ciò vale anche sul piano lavorativo (in senso conforme, cfr. anche la sentenza 2C_518/2014 del 13 giugno 2014 consid. 4.2, relativo ad un caso per molti versi analogo al presente). 
 
 
7.  
In terzo luogo, nel gravame viene sostenuto il contrasto del giudizio impugnato con l'art. 8 CEDU (ivi, p.to 9). Sempre a torto, però. 
 
7.1. Il ricorrente non sembra richiamarsi all'art. 8 CEDU nell'ottica della salvaguardia del diritto alla vita familiare. A ragione, in quanto dal giudizio impugnato non risulta che lo stesso intrattenga una relazione stretta con un membro del suo nucleo familiare che dispone di un diritto di soggiorno duraturo in Svizzera (nazionalità svizzera o permesso di domicilio; DTF 137 I 284 consid. 1.3; sentenze 2C_469/2022 del 25 luglio 2022 consid. 6.1; 2C_1051/2021 dell'11 marzo 2022 consid. 6.1; 2C_603/2019 del 16 dicembre 2019 consid. 6.1).  
 
7.2. Contrariamente a quanto sostiene, lo stesso non può però riferirsi all'art. 8 CEDU neppure a tutela del diritto alla vita privata.  
 
7.2.1. In base alla giurisprudenza del Tribunale federale, il diritto di invocare l'art. 8 CEDU a tutela della propria vita privata presuppone infatti un soggiorno legale nel nostro Paese di almeno dieci anni o, in assenza di questa durata, un'integrazione particolarmente riuscita (DTF 144 I 266 consid. 3.9, che tiene già conto anche delle raccomandazioni del Consiglio d'Europa, alle quali si richiama l'insorgente nella sua impugnativa; sentenze 2C_469/2022 del 25 luglio 2022 consid. 6.2 e 2C_1051/2021 dell'11 marzo 2022 consid. 6.1).  
 
7.2.2. Come indicato nel querelato giudizio, la durata richiesta non è qui tuttavia data in quanto gli anni trascorsi in Svizzera grazie alla semplice tolleranza delle autorità - ad esempio, in ragione dell'effetto sospensivo concesso durante una procedura di ricorso - non sono determinanti, e il soggiorno in Svizzera in base a un'autorizzazione si è quindi esteso solo dal 12 febbraio 2013 (momento del rilascio del permesso di dimora) al 28 maggio 2019 (momento della revoca del permesso di domicilio; sentenze 2C_469/2022 del 25 luglio 2022 consid. 6.2; 2C_1051/2021 dell'11 marzo 2022 consid. 6.2; 2C_603/2019 del 16 dicembre 2019 consid. 6.2). In parallelo, dimostrata non è l'esistenza di un'integrazione particolarmente riuscita, che permette di riconoscere il diritto al richiamo all'art. 8 CEDU prima dei dieci anni richiesti in via di principio dalla giurisprudenza. Al contrario. Come indicato, il soggiorno del ricorrente nel nostro Paese è stato infatti contraddistinto da un comportamento ingannevole, lesivo dell'art. 63 cpv. 1 lett. a in relazione con l'art. 62 lett. a LStrI, e in seguito sanzionato anche sul piano penale.  
 
8.  
Per quanto precede, nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. Le spese giudiziarie seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF). Non sono dovute ripetibili (art. 68 cpv. 3 LTF). Con l'emanazione del presente giudizio, la richiesta di concessione dell'effetto sospensivo al gravame diventa senza oggetto. 
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.  
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2.  
Le spese giudiziarie di fr. 2'000.-- sono poste a carico del ricorrente. 
 
3.  
C omunicazione al patrocinatore del ricorrente, alla Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, nonché alla Segreteria di Stato della migrazione. 
 
 
Losanna, 18 ottobre 2022 
 
In nome della II Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
La Presidente: F. Aubry Girardin 
 
Il Cancelliere: Savoldelli