8C_228/2023 06.10.2023
Avis important:
Les versions anciennes du navigateur Netscape affichent cette page sans éléments graphiques. La page conserve cependant sa fonctionnalité. Si vous utilisez fréquemment cette page, nous vous recommandons l'installation d'un navigateur plus récent.
 
 
Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
8C_228/2023  
 
 
Sentenza del 6 ottobre 2023  
 
IV Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Wirthlin, Presidente, 
Viscione, Métral, 
Cancelliere Colombi. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
patrocinata dall'avv. Fabiola Malnati, 
ricorrente, 
 
contro 
 
Cassa cantonale di assicurazione contro la disoccupazione del Cantone Ticino, Piazza Giuseppe Buffi 4, 6500 Bellinzona, 
opponente. 
 
Oggetto 
Assicurazione contro la disoccupazione (indennità per lavoro ridotto), 
 
ricorso contro la sentenza del Tribunale delle assicurazioni del Cantone Ticino del 6 marzo 2023 (38.2022.88). 
 
 
Fatti:  
 
A.  
A.________ è una società a garanzia limitata con sede a U.________ e avente tre collaboratori alle proprie dipendenze. Il suo scopo sociale prevede "La gestione di reti informatiche, la compravendita di prodotti informatici ed elettronici, tutte le attività inerenti la comunicazione dati e telefonica e la realizzazione di VPN, lo sviluppo di applicazioni e lo sviluppo web, nonché ogni altra attività di consulenza e servizio nel settore informatico; la consulenza per la compravendita hardware e software nonché per la sicurezza informatica e per le strategie di investimento del campo dell'IT, la riparazione HW, il recupero dati e la vendita di servizi hosting ed housing, l'importazione e l'esportazione di HW e SW". Con decisione del 3 giugno 2022, confermata su opposizione il 28 ottobre 2022, la Cassa cantonale di assicurazione contro la disoccupazione (di seguito: "Cassa") ha chiesto a A.________ la restituzione di fr. 43'214.05 corrispondenti alle indennità per lavoro ridotto (di seguito: "ILR") percepite a torto da marzo 2020 a febbraio 2021, non essendo il tempo di lavoro dei suoi dipendenti impiegati all'estero sufficientemente controllabile. 
 
B.  
Con sentenza del 6 marzo 2023 il Tribunale delle assicurazioni del Cantone Ticino ha respinto il ricorso di A.________. 
 
C.  
A.________ presenta un ricorso in materia di diritto pubblico al Tribunale federale chiedendo, previa concessione dell'effetto sospensivo, che la decisione impugnata sia annullata e che pertanto essa non sia tenuta a restituire le ILR percepite da marzo 2020 a febbraio 2021. 
Chiamati a pronunciarsi, l'opponente conclude al respingimento del ricorso, mentre la Segreteria di Stato dell'economia (SECO) non si esprime. Dal canto suo, la Corte cantonale rinuncia a formulare osservazioni. 
Con decreto del 2 agosto 2023 viene concesso l'effetto sospensivo al ricorso. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. Il ricorso in materia di diritto pubblico può essere presentato per violazione del diritto, conformemente a quanto stabilito dagli art. 95 e 96 LTF. Il Tribunale federale esamina d'ufficio l'applicazione del diritto federale (art. 106 cpv. 1 LTF), non essendo vincolato né dagli argomenti sollevati nel ricorso né dai motivi addotti dall'autorità precedente. Tuttavia, salvo che la violazione giuridica sia manifesta, tenuto conto dell'esigenza di motivazione posta dall'art. 42 cpv. 2 LTF, il Tribunale federale esamina solamente le censure sollevate, mentre non è tenuto a vagliare, come lo farebbe un'autorità di primo grado, tutte le questioni giuridiche che si pongono, se queste ultime non sono (più) debitamente presentate in sede federale (DTF 143 V 208 consid. 2; 141 V 234 consid. 1). La parte ricorrente deve inoltre confrontarsi almeno brevemente con i considerandi della decisione dell'autorità precedente che reputa lesivi del diritto (DTF 140 III 456 consid. 2.2.2, 140 III 115 consid. 2; FLORENCE AUBRY GIRARDIN, in Commentaire de la LTF, 3a ed. 2022, n. 38 ad art. 42 LTF con riferimenti). Infatti, la semplice ripetizione del proprio punto di vista o la mera affermazione che il giudizio impugnato sia sbagliato non è sufficiente (sull'inammissibilità di critiche appellatorie, cfr. DTF 148 IV 205 consid. 2.6; 144 V 50 consid. 4.2; 137 V 57 consid. 1.3).  
 
1.2. Per quanto attiene invece all'accertamento dei fatti operato dal giudice precedente, esso può essere censurato unicamente se è avvenuto in modo manifestamente inesatto, ovvero arbitrario, oppure in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF e se l'eliminazione del vizio può essere determinante per l'esito del procedimento (art. 97 cpv. 1 LTF; DTF 146 IV 88 consid. 1.3.1). Salvo i casi in cui tale inesattezza sia lampante, la parte ricorrente che intende contestare i fatti accertati dall'autorità inferiore deve spiegare, in maniera circostanziata, per quale motivo ritiene che le condizioni di una delle eccezioni previste dall'art. 105 cpv. 2 LTF sarebbero realizzate (cfr. DTF 142 I 135 consid. 1.6; 141 II 14 consid. 1.6 con riferimenti).  
 
2.  
Oggetto del contendere è sapere se la sentenza della Corte cantonale, che ha confermato la decisione su opposizione con cui è stata chiesta la restituzione delle ILR percepite da marzo 2020 a febbraio 2021, sia lesiva del diritto federale. 
 
3.  
 
3.1. Il Tribunale cantonale ha innanzitutto ricordato i presupposti e gli effetti di una riconsiderazione di una decisione formalmente passata in giudicato (art. 95 LADI [RS 837.0], artt. 25 cpv. 1 e 53 cpv. 2 LPGA [RS 830.1]), illustrando in seguito le disposizioni legali in materia di ILR (artt. 31-33 LADI). Esso si è quindi soffermato sul requisito della controllabilità del tempo di lavoro previsto all'art. 31 cpv. 3 lett. a LADI e precisato all'art. 46b OADI (RS 837.02), riportando i punti pertinenti della Prassi LADI ILR edita dalla SECO (punti B30 segg.) e i riferimenti giurisprudenziali sulla portata delle direttive amministrative. A tale corretta esposizione può essere fatto riferimento.  
 
3.2. Può senz'altro ancora essere sottolineato che, sebbene le direttive amministrative non siano vincolanti per il giudice delle assicurazioni sociali, egli le prende in considerazione e non se ne discosta senza una valida ragione qualora esse consentano un'interpretazione delle norme legali che sia equa ed adeguata alla fattispecie, oltre a costituirne una convincente concretizzazione dei presupposti giuridici. Così facendo, il tribunale tiene conto dello sforzo dell'amministrazione per garantire un'applicazione paritaria della legge. Mediante direttive amministrative non possono tuttavia essere introdotte limitazioni di una pretesa giuridica materiale che vadano oltre la legge e l'ordinanza. Di principio occorre prendere in considerazione la versione che era a disposizione dell'autorità decidente al momento della decisione (e che ha esplicato un effetto vincolante nei suoi confronti); ulteriori complementi possono eventualmente essere considerati, segnatamente se permettono di trarre delle conclusioni su una prassi amministrativa già applicata in precedenza (DTF 148 V 102 consid. 4.2 con riferimenti).  
 
4.  
 
4.1. La Corte cantonale ha accertato che, oltre al socio e direttore della società, la ricorrente contava due ulteriori dipendenti - domiciliati in Italia in provincia di Como - che erano stati assunti l'uno in qualità di "tecnico informatico per gestione e supporto tecnico, sviluppo applicazioni web, mantenimento domini e sviluppo dell'area tecnica ed assistenza alla clientela", l'altro quale assistente informatico. Dall'incarto, sulla scorta della comunicazioni della società, emergeva che l'attività veniva svolta "in misura preponderante (ca. 90 %) su territorio estero, principalmente in Italia", la ricorrente stessa avendone precisato la localizzazione in questo modo: "80 % Lavori su imbarcazioni (90 % in Italia - 10 % in Europa) 15 % Contratti assistenza tecnica (50 % in Svizzera - 50 % Europa) 5 % lavori su abitazioni (50 % in Svizzera - 50 % in Italia). A questo punto, siccome l'attività dei tecnici informatici era svolta principalmente all'estero, il Tribunale cantonale ha ritenuto che il loro tempo di lavoro non era sufficientemente controllabile e perciò, in virtù dell'art. 31 cpv. 3 lett. a LADI, la ricorrente non aveva diritto alle ILR litigiose. Anche ammettendo - come asserito dalla società - che nei primi mesi della pandemia i due dipendenti non potessero più svolgere alcuna mansione a causa dei relativi provvedimenti adottati in Italia, i quali limitavano gli spostamenti e impedivano l'accesso ai servizi di trasporto nautico (sebbene a mente dei giudici cantonali il traffico navale delle merci riguardanti beni essenziali "non era in ogni caso completamente sospeso"), la Corte cantonale ha concluso che "il lavoro all'estero ostacolava di per sé verifiche efficaci al fine di ottenere elementi dirimenti per determinare se a ragione o meno l'impresa abbia ricevuto le ILR e quindi al fine di accertare eventuali abusi, per cui il tempo di lavoro - a prescindere dalla sussistenza o meno in concreto di una perdita di lavoro computabile ai sensi dell'art. 32 cpv. 1 LADI [...] oppure giusta gli art. 32 cpv. 3 LADI e 51 OADI [...] - va comunque considerato non sufficientemente controllabile".  
La Corte ticinese ha inoltre rilevato che la ricorrente aveva riconosciuto di non disporre "di un sistema di controllo sistematico per il calcolo delle ore perse dai propri lavoratori così come richiesto dalla prassi". Al riguardo, i giudici cantonali hanno ritenuto inapplicabile alla fattispecie l'eccezione a tale requisito concretizzata nelle sentenze 8C_681/2021 del 23 febbraio 2022 e C 59/01 del 5 novembre 2001, citate dalla ricorrente, poiché non si trattava di aziende con dipendenti attivi principalmente all'estero. La restituzione delle ILR era dunque giustificata, le condizioni dell'art. 53 LPGA (cfr. l'esposizione al consid. 2.2 della sentenza impugnata) essendo realizzate sia in caso di riconsiderazione che di revisione. 
 
4.2. I giudici cantonali hanno infine negato anche la protezione della buona fede secondo l'art. 9 Cost. In particolare, non era soddisfatto il presupposto secondo cui l'errata o la mancata informazione doveva avere indotto l'assicurato ad adottare un comportamento o un'omissione non reversibile senza pregiudizio. Risultava infatti poco verosimile che una società attiva in un ambito come quello della ricorrente, qualora fosse stata cosciente di non avere diritto alle ILR, si sarebbe privata - come preteso - di due dei suoi tre collaboratori specialisti, che avrebbe poi dovuto riassumere.  
 
5.  
La ricorrente contesta il fondamento della richiesta di restituzione delle ILR percepite. 
 
5.1.  
 
5.1.1. Affermando innanzitutto che non vi sarebbero fatti nuovi atti a giustificare una decisione di restituzione, la ricorrente sostiene che la decisione di concessione delle ILR non sarebbe neppure manifestamente errata e che il requisito dell'importanza ai sensi dell'art. 53 cpv. 2 LPGA non sarebbe dato (la Cassa potrebbe infatti esimersi dal chiedere la restituzione, mentre con un tale esborso la società vedrebbe le proprie sorti definitivamente pregiudicate). A torto il Tribunale cantonale rileverebbe un contrasto con la prassi LADI, non vincolante per il giudice delle assicurazioni sociali. Applicabili sarebbero invece l'art. 31 cpv. 3 lett. a LADI e l'art. 15 della legge COVID-19 (RS 818.102), che non escluderebbero i dipendenti impiegati all'estero dal diritto alle ILR bensì soltanto coloro il cui tempo di lavoro non sarebbe sufficientemente controllabile. Al riguardo, la ricorrente afferma di aver sempre inviato i fogli di presenza, sottolineando ad ogni modo che nel contesto di restrizioni riscontrabili a livello mondiale fosse "pacifico che il lavoro era fermo anche in assenza di un sistema di registrazione [sic] delle ore che lo comprovasse". In appoggio alle proprie tesi, essa cita nuovamente i diversi provvedimenti italiani adottati nel contesto pandemico (sospensione di ogni attività di crociera, divieto d'ingresso alle navi con bandiera estera, divieto di contatto tra personale di bordo e utenti), ricordando le importanti ripercussioni sulle attività della società.  
 
5.1.2. La ricorrente ritiene inoltre la perdita di lavoro computabile in virtù dell'esistenza di un caso di rigore, istituto disciplinato all'art. 32 cpv. 3 LADI e non sussidiario al principio della controllabilità del tempo di lavoro dell'art. 31 cpv. 3 LADI, il quale verrebbe a meno nella fattispecie visto quanto esposto nella sentenza 8C_681/2021 del 23 febbraio 2022. Il Tribunale cantonale avrebbe dunque commesso un'applicazione errata del diritto "ritenendo predominante una prassi LADI all'applicazione del caso di rigore di cui all'art. 32 LADI". A ciò si aggiungerebbe un errato apprezzamento dei fatti, riferendosi alle attività meno limitate dai provvedimenti italiani (il trasporto delle merci) come menzionato dai giudici ticinesi, poiché la società presterebbe i propri servizi "su imbarcazioni private di lusso e non sui cargo".  
 
5.2.  
 
5.2.1. A diverse riprese il Tribunale federale ha stabilito che l'esigenza della sufficiente controllabilità del tempo di lavoro è adeguatamente garantita solo con una registrazione giornaliera continua ("fortlaufend") e in tempo reale ("echtzeitlich") del tempo di lavoro sulle ore di lavoro prestate effettivamente, senza che tali circostanze possano essere sostituite da documenti allestiti a posteriori. Al riguardo le ore di lavoro non devono necessariamente essere registrate con un sistema meccanizzato, elettronico o informatico. Determinanti sono soltanto una presentazione sufficientemente dettagliata e una rilevazione giornaliera dei dati avvenuta simultaneamente (in tempo reale) al momento in cui le ore sono svolte. A posteriori l'allestimento di piani di lavoro o la sottoscrizione di dichiarazioni scritte dei dipendenti sull'effettiva presenza sul luogo di lavoro non hanno la medesima valenza di una rilevazione simultanea del tempo di lavoro. La sufficiente controllabilità del tempo di lavoro di cui all'art. 31 cpv. 3 lett. a LADI in quest'ultima evenienza non è soddisfatta. Tale normativa vuole così assicurare che le perdite di lavoro siano effettivamente verificabili in ogni momento per gli organi di esecuzione dell'assicurazione contro la disoccupazione (sentenza 8C_681/2021 del 23 febbraio 2022 consid. 3.3 e 3.4 con riferimenti).  
In altre parole, il datore di lavoro deve costantemente tenere aggiornate giornalmente e in tempo reale le perdite di lavoro, poiché l'ufficio di compensazione potrebbe effettuare un controllo a campione in ogni momento. È vero, l'accertamento dei fatti compete all'autorità amministrativa (art. 52 LPGA), ma è anche vero che al datore di lavoro incombe l'onere della prova (cfr. art. 43 cpv. 2 e 3 LPGA e anche art. 13 lett. a PA). Logica conseguenza di tutto ciò è che il datore di lavoro deve conservare con cura tutti i documenti, allestiti in tempo reale, per cinque anni e su richiesta dell'ufficio di compensazione debba presentarli senza indugio. Nell'ipotesi in cui il datore di lavoro non riuscirà a convincere nel suo complesso, analogamente a una corretta contabilità, l'amministrazione non potrà che pretendere in restituzione la globalità dell'importo contestato, dato che la condizione legale della controllabilità non è adempiuta (sentenza 8C_681/2021 del 23 febbraio 2022 consid. 3.7 con riferimenti). 
 
5.2.2. Nella sentenza C 59/01 del 5 novembre 2001, alla quale la ricorrente fa implicitamente riferimento in quanto citata quale eccezione ai principi appena esposti, il Tribunale federale delle assicurazioni (TFA; ora: III e IV Corte di diritto pubblico del Tribunale federale) si è confrontato con il rifiuto di concedere delle ILR ad un'azienda che, su ordine delle autorità, era stata costretta ad interrompere la propria attività dal 21 al 26 febbraio 1999 a causa di un elevato pericolo di valanghe. Nella fattispecie, la fornitura di corrente elettrica era stata ripristinata soltanto il 1° marzo 1999, e la strada riaperta al traffico il giorno seguente. La relativa perdita di lavoro, dovuta a provvedimenti delle autorità e ad altre circostanze non imputabili al datore di lavoro (art. 51 OADI) era chiaramente comprovata ("ohne weiteres ausgewiesen"). In un tale contesto, il TFA ha ritenuto eccessivamente formalista e dunque inaccettabile negare le ILR a causa dell'assenza di controllo sul lavoro aziendale quale esigenza probatoria di natura formale, sebbene il calo totale dell'attività fosse chiaramente dimostrato e quindi controllabile ai sensi dell'art. 31 cpv. 3 lett. a LADI.  
 
5.2.3. Il formalismo eccessivo - la cui esistenza è esaminata liberamente - costituisce una forma particolare del diniego di giustizia, che si realizza quando la rigorosa applicazione di regole di procedura non è giustificata da alcun interesse degno di protezione, diviene fine a sé stessa, complica in maniera insostenibile la realizzazione del diritto materiale o ostacola in maniera inammissibile l'accesso ai tribunali (DTF 142 IV 299 consid. 1.3.2; 142 I 10 consid. 2.4.2; 135 I 6 consid.2.1; 130 V 177 consid. 5.4.1; 128 II 139 consid. 2a; 127 I 31 consid. 2a/bb; sentenza 8C_683/2021 del 13 luglio 2022 consid. 3.3.1).  
 
5.3.  
 
5.3.1. Le censure della ricorrente non possono trovare accoglimento. Come visto, la ricorrente stessa ha sostanzialmente ammesso di non avere un sistema di controllo del tempo di lavoro come richiesto dalla prassi, circostanza rimasta incontestata in questa sede. Dagli accertamenti svolti dal Tribunale cantonale emerge del resto che, al riguardo, già la Cassa aveva ritenuto insufficiente la presentazione, da parte della società, di piani di lavoro generici, rispettivamente elaborati (solo) contestualmente alle richieste di ILR. A torto l'argomentazione ricorsuale converge sull'idea che un tale sistema di controllo non fosse ad ogni modo necessario, richiamando l'eccezione d'inapplicabilità delle chiare e severe esigenze sulla controllabilità del tempo di lavoro appena discusse - senza peraltro neppure censurare il formalismo eccessivo. Invero, difficilmente la presente fattispecie può essere assimilata a quella della precitata sentenza C 59/01: non è infatti plausibile considerare - e il ricorso non lo dimostra - che i provvedimenti delle autorità italiane precludessero lo svolgimento di ogni attività della ricorrente nella stessa misura dell'ordine di chiusura legato all'elevato rischio di slavine, adottato oltretutto in un contesto in cui la fornitura della corrente elettrica era interrotta e l'accesso stradale bloccato.  
In tal senso, la Corte cantonale non è caduta nell'arbitrio constatando che non ogni tipo di attività del settore delle imbarcazioni in Italia fosse interrotta, citando segnatamente il traffico navale delle merci. Al riguardo, la ricorrente neppure solleva - come avrebbe dovuto (cfr. consid. 1.2 supra) - il carattere manifestamente inesatto dell'accertamento dei fatti operato dai giudici ticinesi. Del resto, la circostanza secondo cui la società sarebbe estranea a tale tipo di commercio non traspare dai considerandi della sentenza impugnata, per cui, allegata per la prima volta in questa sede senza nemmeno tentare di dimostrare l'adempimento delle condizioni dell'art. 99 cpv. 1 LTF, la stessa non può essere considerata. Ad ogni buon conto, posto che la perdita di lavoro non risulterebbe comunque chiaramente comprovata ("ohne weiteres ausgewiesen"), una tale affermazione, a sé stante, non permetterebbe di concludere all'esistenza di un formalismo eccessivo nell'esigere un sistema di controllo del tempo di lavoro. Il ricorso si rivela pertanto infondato già sotto questo profilo, sicché la questione della controllabilità del tempo di lavoro dei dipendenti impiegati all'estero può rimanere irrisolta.  
 
5.3.2. A giusto titolo, dunque, il Tribunale cantonale ha tutelato la decisione di restituzione, entrambi i presupposti di una riconsiderazione essendo realizzati. L'assenza di un sistema di controllo del tempo di lavoro conforme alla prassi, già rilevato dall'amministrazione, fonda la manifesta erroneità della decisione e la notevole importanza della sua rettifica, per costante giurisprudenza (cfr. sentenza 8C_18/2017 del 4 maggio 2017 consid. 3.2.2, con riferimenti), si giustifica anche nel caso concreto.  
 
6.  
Da ultimo, la ricorrente invoca la protezione della propria buona fede. 
 
6.1. Essa asserisce che, se avesse saputo che il proprio diritto alle ILR fosse in dubbio, "di certo si sarebbe trovata a fare scelte più drastiche". La società sostiene che avrebbe subito un pregiudizio inferiore licenziando i propri dipendenti, anche considerando i mesi di preavviso, comunque inferiori alle indennità da restituire, le quali rappresentano "una buona fetta del fatturato". La sua buona fede andrebbe tutelata, non potendosi aspettare una decisione di restituzione "non avendo mai fatto mistero di dove e come si svolga la propria attività".  
 
6.2. Anche tale rimostranza non può che cadere nel vuoto. Oltre al fatto che con la stessa la ricorrente ripete sostanzialmente quanto già sollevato dinanzi all'autorità inferiore, il che non adempie le chiare esigenze di motivazione esposte in entrata (cfr. consid. 1.1 supra), è condivisibile ritenere che l'informazione errata non ha indotto la società ad adottare un comportamento o un'omissione pregiudizievole, condizione cumulativa per beneficiare della protezione dell'art. 9 Cost., come rettamente esposto dai giudici cantonali. Infatti, data la struttura e il ramo di attività dell'azienda, il licenziamento dei due tecnici informatici (sul totale di tre collaboratori, il terzo ricoprendo il ruolo di direttore) risulta poco verosimile. Si ribadirà inoltre quanto già rilevato dalla Corte ticinese, e cioè che per giurisprudenza l'uso di denaro non configura una disposizione rilevante (DTF 142 V 259 consid. 3.2.2 in fine; cfr. sentenze 9C_372/2022 del 22 agosto 2023 consid. 5.2 e 8C_702/2021 del 4 febbraio 2022 consid. 5.3 in fine). Di conseguenza, inammissibile poiché non sufficientemente motivata, la censura non potrebbe comunque essere accolta.  
 
7.  
Ne discende che il ricorso deve essere respinto. Le spese giudiziarie seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1). 
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.  
Il ricorso è respinto. 
 
2.  
Le spese giudiziarie di fr. 500.- sono poste a carico della ricorrente. 
 
3.  
Comunicazione alle parti, al Tribunale delle assicurazioni del Cantone Ticino e alla Segreteria di Stato dell'economia (SECO). 
 
 
Lucerna, 6 ottobre 2023 
 
In nome della IV Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Wirthlin 
 
Il Cancelliere: Colombi