2C_613/2023 16.11.2023
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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
2C_613/2023  
 
 
Sentenza del 16 novembre 2023  
 
II Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Aubry Girardin, Presidente, 
Hartmann, Ryter, 
Cancelliere Savoldelli. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
patrocinata dall'avv. Mattia Bartolo, 
ricorrente, 
 
contro 
 
Sezione della popolazione, 
Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino, 
6500 Bellinzona, 
 
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, 
Residenza governativa, 6500 Bellinzona. 
 
Oggetto 
Diniego del rinnovo del permesso per frontalieri UE/AELS, 
 
ricorso in materia di diritto pubblico contro la sentenza emanata il 2 ottobre 2023 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino (52.2023.175). 
 
 
Fatti:  
 
A.  
A.________ è una cittadina italiana nata nel... e residente in provincia di Como. Dopo avere indicato di non essere mai stata condannata e di non avere procedimenti penali pendenti, il 25 giugno 2021 ha ottenuto un'autorizzazione per frontalieri UE/AELS, valida fino al 24 giugno 2022, per svolgere un'attività presso un bar di X.________. 
 
B.  
Con decisione del 30 agosto 2022, la Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino ha respinto la domanda di rinnovo del permesso per frontalieri UE/AELS per motivi di ordine pubblico. Dopo averne acquisito il certificato del casellario giudiziale, l'autorità migratoria ha infatti constatato che il 28 novembre 2017 A.________ era stata condannata dal Tribunale di Padova (I) a una pena di due anni di reclusione e a una multa di euro 2'400 per detenzione e trasporto di sostanze stupefacenti commessi il 22 luglio 2017. 
Su ricorso, la liceità del diniego del rinnovo del permesso per frontalieri UE/AELS è stata confermata sia dal Consiglio di Stato (29 marzo 2023) che dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, espressosi in merito con sentenza del 2 ottobre 2023. 
 
C.  
Con ricorso del 3 novembre 2023, A.________ ha impugnato questo giudizio davanti al Tribunale federale chiedendo: in via principale, l'annullamento delle decisioni prese in sede cantonale e il rinnovo del permesso per frontalieri UE/AELS; in via subordinata, l'annullamento delle decisioni prese in sede cantonale, la pronuncia di un ammonimento e il rinnovo del permesso per frontalieri UE/AELS. Domanda inoltre la concessione dell'effetto sospensivo al gravame. 
Con decreto presidenziale del 7 novembre 2023, l'effetto sospensivo è stato riconosciuto. Non è stato ordinato nessun ulteriore atto istruttorio. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. L'impugnativa è diretta contro una pronuncia resa dal Tribunale amministrativo ticinese in un litigio che riguarda il diritto degli stranieri. Giusta l'art. 83 lett. c n. 2 LTF, il ricorso in materia di diritto pubblico è inammissibile contro le decisioni in materia di diritto degli stranieri concernenti permessi o autorizzazioni al cui ottenimento né il diritto federale né il diritto internazionale conferiscono un diritto.  
Siccome l'insorgente è di nazionalità italiana e può di principio richiamarsi all'accordo del 21 giugno 1999 sulla libera circolazione delle persone (ALC; RS 0.142.112.681), la causa sfugge però alla clausola d'eccezione (sentenza 2C_363/2023 del 3 agosto 2023 consid. 1.1). 
 
1.2. Il gravame è stato presentato nei termini (art. 100 cpv. 1 LTF), contro una decisione finale di un tribunale superiore (art. 86 cpv. 1 lett. d e cpv. 2; art. 90 LTF) e da una persona che ha legittimazione ad insorgere (art. 89 cpv. 1 LTF), di modo che esso va esaminato quale ricorso in materia di diritto pubblico (art. 82 segg. LTF).  
In ragione dell'effetto devolutivo dei ricorsi interposti, l'insorgente è tuttavia legittimata a formulare conclusioni riguardanti solo l'annullamento o la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo ticinese. Per quanto direttamente volto alla modifica delle decisioni del Governo cantonale e della Sezione della popolazione (precedente consid. C), il ricorso è pertanto inammissibile (DTF 146 II 335 consid. 1.2; sentenza 2C_833/2022 dell'11 novembre 2022 consid. 1.1.2). 
 
2.  
Di principio, in presenza di un confronto con i contenuti del giudizio impugnato (art. 42 cpv. 2 LTF), Il Tribunale federale applica il diritto federale d'ufficio (art. 106 cpv. 1 LTF). Esigenze più severe valgono però in relazione alla violazione di diritti fondamentali, che va denunciata con precisione (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 143 II 283 consid. 1.2.2). Per quanto riguarda i fatti, esso fonda il suo ragionamento sull'accertamento svolto dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF), scostandosene solo se è stato eseguito ledendo il diritto ai sensi dell'art. 95 LTF o in modo manifestamente inesatto, cioè arbitrario (art. 105 cpv. 2 LTF; DTF 140 III 115 consid. 2), ciò che dev'essere dimostrato con una critica precisa e circostanziata (art. 106 cpv. 2 LTF). 
 
3.  
Al pari del Consiglio di Stato, il Tribunale amministrativo ticinese ha confermato la correttezza dell'agire della Sezione della popolazione. Respinta una censura relativa al diritto di essere sentiti ed esposto il quadro legale di riferimento, esso ha infatti constatato che il diniego del rinnovo del permesso per frontalieri UE/AELS rispettava: (a) l'accordo sulla libera circolazione delle persone, che ammette una limitazione dei diritti da esso riconosciuti, tra i quali quello ad un permesso per frontalieri UE/AELS (art. 3 in relazione con l'art. 7 allegato I ALC), in presenza di una minaccia effettiva e sufficientemente grave dell'ordine pubblico (art. 5 allegato I ALC); (b) il diritto interno, che permette di non rinnovare un permesso per frontalieri ai sensi dell'art. 35 della legge federale del 16 dicembre 2005 sugli stranieri e la loro integrazione (LStrI; RS 142.20) se è dato un motivo di revoca previsto dalla legge (art. 35 cpv. 4 in relazione con l'art. 62 cpv. 1 LStrI); (c) il principio di proporzionalità (giudizio impugnato, consid. 2-5). 
 
4.  
 
4.1. Sul piano del diritto interno, l'art. 35 LStrI indica che il permesso per frontalieri è rilasciato per un'attività lucrativa entro la zona di frontiera, che è di durata limitata, può essere prorogato e vincolato ad altre condizioni (cpv. 1-3). Dall'art. 35 LStrI risulta nel contempo che la proroga del permesso è subordinata all'assenza di motivi di revoca giusta l'art. 62 cpv. 1 LStrI (cpv. 4; sentenze 2C_164/2021 del 29 luglio 2021 consid. 3.1; 2C_480/2020 del 19 giugno 2020 consid. 3.1).  
Ai cittadini comunitari, l'ordinamento interno si applica però unicamente se l'accordo sulla libera circolazione delle persone non contiene disposizioni derogatorie o se la legge federale sugli stranieri e la loro integrazione prevede disposizioni più favorevoli (art. 2 cpv. 2 LStrI; sentenze 2C_810/2019 del 6 gennaio 2020 consid. 3.1; 2C_847/2019 del 18 dicembre 2019 consid. 3.1, entrambe relative al rilascio/rinnovo di un permesso per confinanti UE/AELS). 
 
4.2. Come tutti i diritti conferiti dalle disposizioni dell'accordo citato, anche il diritto per i lavoratori frontalieri dipendenti, cittadini di una parte contraente, di esercitare un'attività economica nel territorio dell'altra parte contraente (art. 4 ALC; art. 2 cpv. 1 e art. 7 allegato I ALC), può essere limitato solo da misure giustificate da motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza o pubblica sanità conformemente all'art. 5 cpv. 1 allegato I ALC (DTF 139 II 121 consid. 5.3; sentenze 2C_164/2021 del 29 luglio 2021 consid. 3.2; 2C_481/2020 del 7 luglio 2020 consid. 3.2).  
Secondo la giurisprudenza, che si orienta alla direttiva CEE 64/221 del 25 febbraio 1964 ed alla prassi della Corte di giustizia dell'Unione europea ad essa relativa (art. 5 cpv. 2 allegato I ALC), l'adozione di misure di allontanamento presuppone la sussistenza di una minaccia effettiva e sufficientemente grave dell'ordine pubblico da parte della persona che ne è toccata. Una condanna può venir presa in considerazione a giustificazione di un simile provvedimento se dalle circostanze che l'hanno determinata emerga un comportamento personale che implica una minaccia attuale per l'ordine pubblico; escluso è quindi che lo stesso possa essere preso a titolo preventivo o dissuasivo. A dipendenza delle circostanze, già la sola condotta tenuta in passato può comunque adempiere i requisiti di una simile messa in pericolo dell'ordine pubblico. Per valutare l'attualità della minaccia, non occorre prevedere quasi con certezza che lo straniero commetterà altre infrazioni; d'altro lato, per rinunciare a misure di ordine pubblico, non si deve esigere che il rischio di recidiva sia nullo. La misura dell'apprezzamento dipende dalla gravità della potenziale infrazione: tanto più questa appare importante, quanto minori sono le esigenze in merito al rischio di recidiva (DTF 139 II 121 consid. 5.3; 136 II 5 consid. 4.2; sentenza 2C_988/2020 del 29 aprile 2021 consid. 4.1). Esaminato il caso nell'ottica dell'art. 5 allegato I ALC, va infine verificato il rispetto del principio della proporzionalità (sentenze 2C_164/2021 del 29 luglio 2021 consid. 3.2; 2C_617/2020 del 3 marzo 2021 consid. 2.3). 
 
5.  
 
5.1. La ricorrente considera in primo luogo che i presupposti per il riconoscimento di un motivo di revoca giusta l'art. 62 cpv. 1 LStrI non sarebbero dati. Sostiene infatti che, se fossero stati giudicati in Svizzera, i reati da lei commessi in Italia avrebbero portato alla pronuncia di una pena detentiva inferiore a un anno e, per questa ragione, una condanna di lunga durata ai sensi dell'art. 62 cpv. 1 lett. b LStrI, necessaria per negarle il rinnovo del permesso anche sulla base del diritto interno, farebbe difetto (art. 35 cpv. 4 in relazione con l'art. 62 cpv. 1 lett. b LStrI; sentenze 2C_164/2021 del 29 luglio 2021 consid. 3.1; 2C_481/2020 del 7 luglio 2020 consid. 3.1).  
Così argomentando, si discosta tuttavia sia dal testo dell'art. 62 cpv. 1 lett. b LStrI, che prevede una condanna di lunga durata senza fare ulteriori distinzioni o ipotesi, sia dalla giurisprudenza in materia, secondo la quale una pena privativa della libertà è di lunga durata se è stata pronunciata per più di un anno, a prescindere dal fatto che sia stata sospesa o che vada o sia stata espiata (DTF 135 II 377 consid. 4.2; sentenza 2C_23/2021 del 4 novembre 2021 consid. 3.2), ciò che è manifestamente il caso anche nella fattispecie (precedente consid. B, con riferimento alla condanna subita il 28 novembre 2017 a Padova). 
 
5.2. D'altra parte, non tiene nemmeno conto del fatto che, nell'applicazione dell'art. 62 cpv. 1 lett. b LStrI, la presa in considerazione di condanne estere è di principio ammessa e viene esclusa unicamente per motivi qualificati. In base alla giurisprudenza del Tribunale federale, ciò avviene infatti solo se: (a) secondo l'ordinamento svizzero, gli atti in discussione non sono considerati un crimine o un delitto; (b) la condanna estera è stata pronunciata in uno Stato o al termine di una procedura in cui non sono stati rispettati i diritti di difesa minimi garantiti in uno Stato di diritto; (c) il giudizio penale estero appare in contrasto con l'ordine pubblico ("ordre public"), ovvero se il riconoscimento della condanna estera è in contrasto insanabile con l'ordinamento giuridico svizzero e coi valori e/o il senso di giustizia che sottendono allo stesso (DTF 138 III 332 consid. 4.1; sentenze 2C_571/2023 del 9 novembre 2023 consid. 3.2.2; 2C_851/2017 del 5 ottobre 2018 consid. 3.2; 2C_662/2016 dell'8 dicembre 2016 consid. 2.1).  
Nella fattispecie, l'adempimento di queste condizioni non è però dimostrato e nemmeno appare altrimenti evidente. In effetti, dall'accertamento dei fatti contenuto nel giudizio impugnato, che vincola il Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF), non risulta nessun elemento che possa portare a concludere che lo Stato italiano abbia leso i diritti di difesa minimi della ricorrente. Inoltre, da una lettura della sentenza cantonale non emergono conflitti con l'ordinamento giuridico svizzero, che in base alla giurisprudenza dovrebbero essere addirittura palesi ed insanabili. Infine, va osservato che l'art. 19 della legge federale del 3 ottobre 1951 sugli stupefacenti e le sostanze psicotrope (LStup; RS 812.121) - cui si riferisce anche l'insorgente, per fare un parallelismo con i reati per i quali è stata condannata in Italia - prevede pene sino a tre anni o la pronuncia di una multa per tutte le fattispecie da esso indicate (cpv. 1) e concerne quindi casi che rientrano nella categoria dei delitti, ciò che basta per tenerli in considerazione anche nel nostro Paese (art. 10 cpv. 3 del codice penale svizzero del 21 dicembre 1937 [CP; 311.0]; esattamente nello stesso senso, cfr. sempre la sentenza 2C_571/2023 del 9 novembre 2023 consid. 3.2.2). 
 
6.  
La ricorrente sostiene in secondo luogo che non sarebbero nemmeno date le condizioni per una limitazione dei diritti garantiti dall'accordo sulla libera circolazione delle persone giusta l'art. 5 allegato I ALC. Anche in questo caso, la sua opinione non può essere però seguita. 
 
6.1. Come detto, secondo tale norma una condanna può essere motivo per limitare i diritti conferiti dall'accordo se dalle circostanze che l'hanno determinata emerge un comportamento che costituisce una minaccia reale e attuale per l'ordine pubblico (DTF 139 II 121 consid. 5.3, con riferimento anche al rigore applicato in relazione a infrazioni in materia di stupefacenti; 134 II 10 consid. 4.3; sentenze 2C_164/2021 del 29 luglio 2021 consid. 3.2; 2C_481/2020 del 7 luglio 2020 consid. 3.2).  
La misura dell'apprezzamento dipende dalla gravità della potenziale infrazione: tanto più questa è importante, quanto minori sono le esigenze in merito all'ammissione di un rischio di recidiva (DTF 137 II 233 consid. 4.3.2; 136 II 5 consid. 4.2). 
 
6.2. Ora, il Tribunale amministrativo ticinese ha messo correttamente in evidenza come gli atti commessi dalla ricorrente il 22 luglio 2017 e alla base della condanna inflitta alla stessa a Padova il 28 novembre successivo devono essere qualificati come gravi.  
Dagli accertamenti contenuti nel giudizio impugnato - qui determinanti, perché di essi non è stato dimostrato nessun accertamento arbitrario (art. 105 cpv. 1 LTF; precedente consid. 2) - emerge in effetti che il 22 luglio 2017 l'insorgente è stata trovata in possesso di 6'954,8 g di marijuana, pari a 898,775 g di principio attivo, suddivisi in sette pacchetti di plastica termosaldati, che stava trasportando in automobile insieme a terze persone con degli evidenti fini di spaccio. 
 
6.3. D'altra parte, proprio il genere di reato e la quantità di sostanza stupefacente in discussione, unitamente al fatto che il compimento dello stesso non è ancora lontano nel tempo (al riguardo, cfr. ad esempio la sentenza 2C_987/2018 del 23 aprile 2019 consid. B, 4.1 e 4.5.2, con riferimento a un giudizio penale del 2014 per fatti del 2012), conduce anche a condividere un esame rigoroso della questione della recidiva, benché la condanna inflitta dalle autorità italiane sia l'unica che risulta dal giudizio impugnato (precedente consid. 6.1.1 e la giurisprudenza menzionata in quella sede).  
Nonostante la ricorrente si sia macchiata "solo" di detenzione e trasporto, è infatti chiaro che gli stupefacenti in discussione erano destinati a terze persone e che, davanti a quantitativi come quello registrato - che sfiorano i 7 kg, da cui si sarebbero potute ricavare quasi 36'000 dosi singole - non è nemmeno accettabile tentare di mettere in evidenza, come fatto nell'impugnativa, che si trattasse di marijuana e non di un altro tipo di sostanza stupefacente, più pericoloso (sentenze 2C_113/2020 del 21 aprile 2020 consid. 5.3, in relazione a un commercio di canapa di quantità imprecisata; 2C_122/2017 del 20 giugno 2017 consid. 4.2-4.4, in relazione (tra l'altro) al trasporto di 1 kg di marijuana; 2C_127/2016 del 13 settembre 2016 consid. 4.2.3, in relazione a una produzione di canapa di quantità imprecisata). 
 
6.4. Sempre con riferimento al pericolo di recidiva, non si può del resto neppure trascurare il fatto che la ricorrente abbia sottaciuto la condanna subita in Italia e che essa sia emersa soltanto a seguito di controlli, che sono stati svolti dalle autorità migratorie ticinesi.  
Questo perché se è vero che - da sola - una simile omissione non comprova l'esistenza di un rischio concreto di recidiva dell'entità che viene qui richiesta (sentenze 2C_192/2020 del 22 febbraio 2021 consid. 5.2.3; 2C_624/2019 del 28 ottobre 2019 consid. 5.5), altrettanto vero è che essa può costituire un indizio in tale direzione, di modo che è corretto tenerne conto (sentenze 2C_164/2021 del 29 luglio 2021 consid. 5.5.1; 2C_758/2019 del 14 aprile 2020 consid. 5.2.3). 
 
6.5. Pure gli ulteriori rilievi ricorsuali in relazione all'applicazione dell'art. 5 allegato I ALC non portano infine a un diverso risultato.  
Una condotta corretta è infatti attesa da ogni cittadino. Il rigore richiesto a causa della gravità di quanto rimproverato all'insorgente - in relazione a una grande quantità di stupefacenti destinata a terzi, che trova riscontro in una pena importante, non ancora lontana nel tempo - giustifica inoltre di relativizzare e di giudicare con cautela anche l'assenza del compimento di ulteriori reati, e di riservarsi un giudizio diverso solo se la via intrapresa, senza nuove condanne, verrà mantenuta. 
 
7.  
Confermato il sussistere di una minaccia reale, attuale e di una certa gravità per l'ordine pubblico, va poi rilevato che la sentenza impugnata non lede neppure il principio della proporzionalità, come viene sostenuto - ma sempre a torto - nell'impugnativa, chiedendo al massimo la pronuncia di un ammonimento (art. 96 cpv. 2 LStrI). 
 
7.1. In effetti, il rifiuto del rilascio del rinnovo del permesso per confinanti, a seguito della condanna subita il 28 novembre 2017, non obbliga l'insorgente a spostare il centro dei suoi interessi affettivi e familiari e non pone pertanto particolari problemi di adattamento, poiché la stessa già vive nella regione italiana di confine.  
 
7.2. Sul piano professionale il pregiudizio è invece più marcato, dato che, pur non vietandole l'ingresso del territorio svizzero, il provvedimento in discussione le impedisce di continuare a lavorarvi. In base ai fatti che risultano dal giudizio impugnato (ivi, consid. 5), che vincolano il Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF), non si può però non rilevare che la ricorrente è attiva nel nostro Paese solo dal 24 giugno 2021, che è ancora giovane (...) e che potrà far valere l'esperienza acquisita rispettivamente le referenze fornitele dall'attuale datore di lavoro anche per cercare nuovi impieghi nella vicina Lombardia, dove già risiede, o altrove in Italia (in senso conforme, cfr. la sentenza 2C_847/2019 del 18 dicembre 2019 consid. 5.3.2).  
 
8.  
Per quanto precede, nella misura in cui è ammissibile, il ricorso dev'essere respinto. Le spese giudiziarie seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF). Non si assegnano ripetibili (art. 68 cpv. 3 LTF). 
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.  
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2.  
Le spese giudiziarie di fr. 2'000.-- sono poste a carico della ricorrente. 
 
3.  
C omunicazione al patrocinatore della ricorrente, alla Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni, al Consiglio di Stato, al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino e alla Segreteria di Stato della migrazione. 
 
 
Losanna, 16 novembre 2023 
 
In nome della II Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
La Presidente: F. Aubry Girardin 
 
Il Cancelliere: Savoldelli